Cass. pen., sez. III, sentenza 07/06/2023, n. 24355
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: VANGONE ANTONIO nato a POMPEI il 29/06/1971 avverso la sentenza del 14/12/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere V D N;lette il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore DOMENICO SECCIA che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso Ricorso trattato ex art. 23 comma 8 D.L. 137/2020. RITENUTO IN FATTO 1. È impugnata la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Napoli ha confermato quale emessa dal Tribunale di Torre Annunziata che aveva condannato il ricorrente, con la concessione delle attenuanti generiche e con la diminuente del rito, alla pena di mesi sei di arresto ed euro 21.000,00 di ammenda, oltre il resto, per i reati commessi, in concorso con S S (non impugnante), di cui (capo a) agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 perché il V, in qualità di proprietario, in concorso con la S, in qualità di legale rappresentante della società G.F.A. s.r.l. (gestore della attività Bracery) committente, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, continuavano ed eseguivano, in assenza del permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo, le seguenti opere su immobile abusivo: installazione di fioriere, teli ombreggianti, opere di protezione di parapetti, integranti una modifica della destinazione urbanisticamente rilevante (da lastrico solare di mena copertura a terrazza a servizio del ristorante Bracery con aumento della superficie di somministrazione);(capo b) agli artt. 64 e 71, 65 e 72 del d.P.R. n. 380 del 2001, 81 cpv. e 110 cod. pen., perché in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, realizzavano le strutture in cemento armato e metalliche indicate al capo che precede, non in base a progetto esecutivo, senza previa denunzia dei lavori del Genio Civile e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico competente;(capo c) agli artt. 83 e 95 del d.P.R. n.380 del 2001 e 2 L. REG. 7/1/1983 n. 9, 110 cod. pen., per aver eseguito i lavori relativi alle opere di cui al capo a) in zona sismica omettendo di depositare prima dell'inizio dei lavori, gli atti progettuali presso l'Ufficio del Genio Civile competente;(capo d) agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen. e 181, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, per aver eseguito le opere di cui al capo a) su area che, ai sensi dell'art. 136, per le sue caratteristiche paesaggistiche è stata dichiarata di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento (D.M. 27.10.1961), in assenza dell'autorizzazione prescritta dagli artt. 146 e ss. D.L.vo n° 42 del 2004;Accertato in Pompei in data 28 settembre 2018. 2. Il ricorso, presentato dal difensore di fiducia, è affidato a cinque motivi di seguito riassunti ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lettera e) cod. proc. pen.) in ordine ai rilievi contenuti nell'atto di appello. Sostiene che il reato contestato al ricorrente era quello descritto nel capo di imputazione e consisteva, in sostanza, nella modificazione della destinazione d'uso del terrazzo di copertura dell'edificio sito in Pompei alla Via Mazzini n. 55, con esclusione di qualunque altra eventuale condotta edificatoria abusiva che, pur se esistente, era comunque attribuibile al dante causa del V, ovvero a soggetti non meglio individuati, ovvero ad un epoca in cui il prevenuto non era ancora diventato proprietario dello stabile. Il giudice, dunque, pronunciava la condanna del ricorrente per aver modificato la destinazione d'uso del terrazzo di copertura, motivando tale decisione sulla scorta di considerazioni afferenti a condotte ulteriori e del tutto estranee rispetto a quelle indicate nel capo di imputazione: ciò, senza neanche disporre la formulazione delle nuove contestazioni nelle forme di cui agli artt. 516, 517 e 518 cod. proc. pen. (nella misura in cui tali strumenti fossero applicabili ad un giudizio che si è svolto nelle forme del rito abbreviato) e rendendo, di conseguenza, la pronuncia gravata nulla ex art. 522 cod. proc. pen. Assume, allora, come la condanna sia stata disposta ai suoi danni in modo del tutto immotivato da parte del primo giudice, e poi da parte della Corte d'appello che si sarebbe limitata a richiamare l'orientamento giurisprudenziale che consentirebbe un mero riferimento alla motivazione della pronuncia di primo grado "per relationem", con ciò omettendo qualsivoglia argomentazione e riscontro alle questioni in fatto ed in diritto poste dall'appellante e formulate in modo preciso e puntuale nei motivi di appello. Inoltre, anche la sentenza impugnata avrebbe posto la sua attenzione su questioni relative alla legittimità urbanistica del manufatto intero, non oggetto della contestazione, la cui realizzazione non era da attribuirsi al V, il quale aveva acquistato il manufatto ín data successiva alla realizzazione dello stesso e dei suoi presunti abusi. Del resto, ben due sentenze della giustizia amministrativa avevano decretato in modo definitivo, la non abusività del manufatto, il cui lastrico di copertura era oggetto del presunto cambio di destinazione d'uso. La sentenza emessa dal Consiglio di stato in data 10 giugno 2021, n. 5056 metteva, infatti, una pietra tombale sulla questione della validità dei titoli relativi alla edificazione del manufatto e successivi lavori di manutenzione, e sulla sua non a busività. Da tutto ciò discenderebbe, ad avviso del ricorrente, la nullità della sentenza ai sensi del combinato disposto per gli articoli 546 e 125, comma 3, cod. proc. pen. nonché ai sensi dell'articolo 522 stesso codice.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi