Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/06/2003, n. 9680

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

Il provvedimento irrogativo di una sanzione amministrativa pecuniaria, emesso dal prefetto ex art. 18 della legge n. 689 del 1981, non deve necessariamente concludersi nel termini di trenta giorni per l'esaurimento del procedimento amministrativo, stabilito dall'art. 2 della legge n. 241 del 1990, ed applicabile in assenza di diverso termine specifico stabilito per legge o da regolamento, in quanto la particolarità del procedimento contenzioso che porta alla adozione della ordinanza ingiunzione disciplinato dalla stessa legge n. 689 del 1981 prevede il compimento di alcune attività necessarie a garanzia degli interessati, ha una durata incompatibile con il breve termine di trenta giorni; dalla lettura dell'articolo 28 della predetta legge può invece ricavarsi che il termine massimo per l'adozione della ordinanza ingiunzione è di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/06/2003, n. 9680
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9680
Data del deposito : 17 giugno 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. I G - Presidente -
Dott. M F A - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. L T M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA PAOLO EMILIO

7, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
B A;



- intimato -


e sul 2^ ricorso n^ 21656/00 proposto da:
B A, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F.

CONFALONIERI

5, presso lo studio dell'avvocato L M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato R P, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
nonché

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO;



- intimato -


avverso la sentenza n. 109/00 del Tribunale di TRENTO, depositata il 23/06/00 - R.G.N. 774/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/03 dal Consigliere Dott. M L T;

udito l'Avvocato C;

udito l'Avvocato COGLITORE per delega MANZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marcello MATERA che ha concluso previa riunione dei fascicoli, accoglimento principale ed assorbito l'incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Trento del 9 settembre 1999 Anton B proponeva opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione n. 52441 del 10 agosto 1999 emessa dal Dirigente Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di Trento, con cui gli era stato ordinato il pagamento della somma di lire 1.171.200 a titolo di sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 5 e 12 della legge 10 gennaio 1935 n. 112, dell'art. 2 comma 2 del DL 2 ottobre 1995 n.
416 ed degli artt. 1 e 5 della legge 5 gennaio 1953 n. 4;
sosteneva in primo luogo l'opponente che il provvedimento era inefficace in quanto emesso oltre il termine perentorio di 60 giorni indicato dall'art. 204 del decreto legislativo n. 285 del 1992, termine applicabile in via analogica anche per le sanzioni amministrative non contenute nel Codice della Strada. Costituitosi in giudizio il Servizio Lavoro della Provincia autonoma di Trento, il Tribunale, con sentenza del 23 giugno 2000, in accoglimento dell'opposizione, annullava l'ordinanza ingiunzione.
Affermava il Tribunale che la normativa di cui alla legge 241/90, che è espressamente qualificata dall'art. 29 come avente carattere generale, impone alla Pubblica Amministrazione, art. 2 terzo comma, l'obbligo di concludere ogni procedimento amministrativo entro il termine di 30 giorni, ove non sia previsto, con riguardo allo specifico procedimento, un apposito termine diverso;
l'osservanza del termine, affermava il Giudice di merito, integra quindi un requisito di legittimità del provvedimento amministrativo, di talché la sua inosservanza configura violazione di legge che comporta l'annullamento dell'ordinanza ingiunzione. Poiché la medesima Provincia non aveva individuato alcun termine relativo all'attività di vigilanza in materia di lavoro, doveva trovare necessariamente applicazione il termine di trenta giorni di cui al citato art. 2 della legge 241 del 1990, e poiché l'ordinanza ingiunzione era stata emessa ben oltre il termine di legge, doveva essere annullata;
il Tribunale addiveniva poi alla compensazione delle spese, ravvisando giusti motivi sul rilievo che l'opposizione era stata accolta per uno solo dei molteplici profili di illegittimità che erano stati allegati.
Avverso detta sentenza la Provincia soccombente propone ricorso affidato ad un unico motivo.
Resiste il B con controricorso e ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi. Con il ricorso principale la Provincia Autonoma di Trento censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 18 comma 2, dell'art. 28 della legge 24 novembre 1981 n. 689 e dell'art. 2 terzo comma della legge 7 agosto 1990 n. 241, nonché per difetto di
motivazione, perché avrebbe errato il Tribunale nell'individuare il termine di 30 giorni per l'emanazione dell'ordinanza ingiunzione, vigendo il diverso termine quinquennale di cui all'art. 28 della legge 689/81, il quale commina una prescrizione che non si riferisce
solo al diritto di riscuotere la sanzione pecuniaria, ma anche al potere dell'amministrazione di applicare la sanzione prevista dalla legge per la violazione accertata. Ed infatti, sostiene il ricorrente, il termine di trenta giorni di cui alla legge del 1990 si applica ove non sia previsto alcun termine per provvedere, mentre nella specie era espressamente previsto il termine di cui all'art. 28 della legge 689/81.
Con il ricorso incidentale ci si duole della compensazione delle spese, essendo incongrua la motivazione che intendeva giustificarla a causa dell'accoglimento di uno solo dei profili di illegittimità dell'ordinanza ingiunzione opposta.
Il ricorso principale è fondato.
La questione dedotta in giudizio attiene alla applicabilità del termine di trenta giorni previsto dall'art. 2 terzo comma della legge 241/90 (Nuove norma in materia di procedimento amministrativo
e diritto di accesso ai documenti amministrativi) per l'emanazione dell'ordinanza ingiunzione di cui all'art. 18 della legge 689/81, considerato che quest'ultima legge non commina al riguardo alcun termine.
L'art. 2 della legge 241/90 dispone che, ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza ovvero debba essere iniziato d'ufficio, il procedimento medesimo deve concludersi (ove non sia direttamente disposto per legge o per regolamento) entro il termine di trenta giorni, termine che decorre dall'inizio d'ufficio del procedimento, ovvero, se il procedimento è a iniziativa di parte, dal ricevimento della domanda.
Si rileva in primo luogo che le disposizioni di cui al citato art. 2 della legge 241/90 sono scarsamente adattabili al procedimento che
si conclude con l'emanazione dell'ordinanza ingiunzione. Ed infatti la legge 689/81 presenta delle particolarità rispetto all'azione della pubblica amministrazione quale considerata dalla legge 241/90, perché delinea un procedimento di carattere contenzioso anche in sede amministrativa, fissandone molto precisamente le fasi e la loro scansione temporale: se non vi è la contestazione immediata è prescritto che la notifica della violazione debba effettuarsi nel termine di novanta giorni (art. 14). Inoltre, entro trenta giorni dalla contestazione, ovvero dalla notifica della violazione, gli interessati possono far pervenire scritti difensivi (art. 18). Pertanto se il procedimento ha inizio con la contestazione della violazione, è esclusa in radice la possibilità che esso si concluda nei trenta giorni successivi, come prescrive la disposizione del 1990, giacché è la stessa legge 689/81 che pone dei termini intermedi più ampi a garanzia dell'autore della violazione.
Nè si può sostenere che i trenta giorni di cui a legge 241/90 dovrebbero farsi decorrere dal momento in cui pervengono gli scritti difensivi, ovvero dal giorno in cui l'interessato viene sentito, di talché, preso atto delle difese, l'amministrazione avrebbe il termine di trenta giorni per effettuare l'ordinanza ingiunzione. Una simile ricostruzione sarebbe indebita, in quanto il termine di trenta giorni non si può inserire a scelta in una qualsiasi fase del procedimento, giacché l'art. 2 della citata legge del 1990 prescrive che il medesimo termine decorra (non trattandosi di procedura che consegue ad una istanza) "dall'inizio d'ufficio del procedimento".
In altre parole, se la legge 689 del 1981 configura un procedimento con una precisa scansione di termini (novanta giorni per la notifica della violazione ex art. 14, sessanta giorni per il pagamento della sanzione in misura ridotta ex art. 16, trenta giorni per l'invio di scritti difensivi ex art. 18) - mentre l'unica fase non interessata al termine è quella decisoria, non essendo previsto un termine ne' per l'invio del rapporto, ne' per l'emissione dell'ordinanza ingiunzione - non si può inserire il termine di cui alla legge del 1990 solo a questa specifica fase, perché la medesima legge del 1990 lo prevede invece "dall'inizio d'ufficio del procedimento". Inoltre, se è vero che secondo l'art. 29 della citata legge del 1990 i criteri fissati dalla legge costituiscono "principi generali dell'ordinamento giuridico", tuttavia ciò non esime l'interprete dal verificare se i medesimi principi siano compatibili con la disciplina specifica della legge 689/81, la quale configura un procedimento di natura contenziosa in cui le garanzie per gli interessati sono già appositamente delineate.
Se ne trae conferma dall'art. 204 del Nuovo codice della strada, di cui al d.lgs 30 aprile 1992 n. 285, configurante anch'esso un procedimento di natura contenziosa attraverso la facoltà conferita al trasgressore di fare ricorso al prefetto ex art. 203, in cui veniva specificato che il termine per emettere l'ordinanza ingiunzione era di trenta giorni, segno quindi che l'analogo termine di cui alla disposizione del 1990 non ha carattere generale e quindi non è sempre automaticamente applicabile quando non vi siano disposizioni specifiche (detto termine è stato poi prorogato a centottanta giorni dall'art. 68 comma quarto della legge 23 dicembre 1999 n. 488). Non appaiono quindi condivisibili le argomentazioni contenute nelle sentenze di questa Corte n. 4042 del 21 marzo 2001 e n. 11390 del 2001, che, in tema di violazione del codice della strada anteriormente alla nuova disciplina introdotta dal citato art. 204, ha affermato la nullità dell'ordinanza ingiunzione emessa ai sensi della legge 689/81 oltre il termine di trenta giorni previsto dalla legge 241/90. Ed allora si deve concludere che all'emanazione dell'ordinanza ingiunzione si può procedere nel termine quinquennale di cui all'art. 28 della legge 689/81, ancorché detta norma faccia, letteralmente riferimento al termine per riscuotere le somme dovute per le violazioni (cfr. nello stesso senso Cass. n. 9211 del 3 agosto 1995, n. 12189 del 12 novembre 1992, n. 7331 del 10 luglio 1995, n. 1902 del 9 marzo 1996 e n. 6967 del 25 luglio 1997). Il ricorso principale va quindi accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altro Giudice, che si designa nel Tribunale di Rovereto, il quale esaminerà gli altri motivi di opposizione proposti dal B avverso l'ordinanza ingiunzione per cui è causa. Resta quindi assorbito il ricorso incidentale incentrato sulla compensazione delle spese operata dalla sentenza impugnata.
Il Giudice del rinvio provvederà anche per le spese del presente giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi