Cass. pen., sez. VII, ordinanza 07/01/2019, n. 00295
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Testo completo
a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: IA IC nato a [...] il [...] avverso l'ordinanza del 03/07/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLIdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ESPOSITO;
RILEVATO IN FATTO
Con l'ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza proposta da VO LA ai sensi dell'art. 673 cod. pen., diretta alla rideterminazione della data di cessazione della permanenza del reato associativo (art. 416 bis cod. pen.) per il quale era stato condannato con sentenza del medesimo ufficio del 17 febbraio 2014, irrevocabile il 26 marzo 2015. La Corte territoriale ha osservato che, contrariamente a quanto dedotto dal richiedente, la data di cessazione della permanenza non poteva essere individuata in quella di inizio della detenzione. Ha evidenziato che tale data si desumeva dal ruolo svolto dal medesimo di affiancamento dell'omonimo VO LA cl. 1979 (figlio di VO AN), quando durante la detenzione del padre ne gestiva le attività, assumendo la veste manageriale, rispetto alla quale il prevenuto svolgeva il ruolo di regista nel settore degli appalti pubblici (cura delle pratiche nel settore degli appalti, orientamento delle gare per l'aggiudicazione degli stessi, instaurazione dei contatti con funzionari della pubblica amministrazione per la falsificazione degli atti e per la determinazione delle loro scelte). VO LA è risultato intestatario di numerosi beni del clan, tanto da essere stato condannato per il reato di cui all'art. 12 quinquies L. n. 356 del 1992, aggravato ex art. 7 D.L. n. 152 del 1991, convertito in L. n. 203 del 1991, condotta che denotava la totale partecipazione alle vicende del gruppo criminale. VO LA, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso tale ordinanza per violazione di legge e