Cass. pen., sez. V, sentenza 23/06/2020, n. 19091
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Testo completo
la seguente: SENTENZA sui ricorsi presentati da: B P, nato a Bologna il 23/5/1964;
L G, nato a Bologna il 29/12/1938;
C G, nato a Roma il 13/4/1946;
avverso l'ordinanza del 18/11/2019 del Tribunale di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. O M, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi per gli indagati gli avv.ti N M, G T e M M, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi proposti nell'interesse dei rispettivi assistiti.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Bologna ha confermato il decreto di convalida del sequestro preventivo per equivalente disposto in via d'urgenza dal pubblico ministero nei confronti, tra gli altri, di B P, L G e C G, per come indagati per i reati di manipolazione del mercato e false comunicazioni sociali delle società quotate, commessi nelle loro rispettive qualità di direttore finanziario, consigliere di amministrazione e presidente e componente del collegio sindacale di BIO-ON s.p.a. Più specificamente, la misura è stata applicata nei loro confronti in relazione ai soli fatti di false comunicazioni sociali, in via subordinata al mancato rinvenimento del profitto diretto di tutti i reati contestati in capo ad A M e C G, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione, il primo, e vicepresidente del medesimo organo e consigliere delegato, il secondo, nonché entrambi soci di BIO-ON s.p.a.
1.1. In particolare, la manipolazione del mercato sarebbe stata perpetrata mediante la diffusione di false informazioni sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società e sul movimento degli affari, in modo concretamente idoneo a provocare un sensibile aumento del prezzo delle relative azioni, con la conseguente acquisizione di un ingente profitto per gli agenti e per l'ente, anche attraverso la negoziazione di warrant collegati all'andamento borsistico del titolo. Quanto ai fatti di false comunicazioni sociali, gli addebiti provvisori hanno ad oggetto l'esposizione nei bilanci di esercizio e consolidati, dal 2015 al 2018, di ricavi derivanti dalla cessione di licenze ritenute fittizie, nonché l'iscrizione dei proventi derivanti dal trasferimento di licenze ad altre società secondo modalità non coerenti con la natura di enti a controllo congiunto o a partecipazione prevalente di BI-ON s.p.a.
2. Avverso il provvedimento suindicato ricorrono il B, il L ed il C, con atti autonomi a firma dei rispettivi difensori.
2.1 I ricorsi nell'interesse di B P e L G articolano motivi in larga parte sovrapponibili, e che è quindi possibile trattare congiuntamente.
2.1.1 Entrambi i ricorrenti, con il primo motivo, lamentano violazione di legge, con riferimento alla mancata declaratoria di inefficacia dell'ordinanza del G.i.p. in conseguenza della mancata trasmissione degli atti, da parte dell'autorità procedente, nei termini stabiliti dal codice di rito. Invero, pur avendo il pubblico ministero effettuato tale trasmissione oltre i cinque giorni dall'avviso, il Tribunale ha negato l'operatività in materia di cautele reali dell'art. 309, comma 10, c.p.p., richiamandosi alla sentenza Cavalli delle Sezioni Unite. Nondimeno, il riferimento operato dal Supremo Collegio alla distinzione tra rinvio statico e dinamico non si reputa condivisibile, a fronte della chiarezza del richiamo operato dall'art. 2 I 324, comma 7, anche alla norma appena citata, ed in considerazione delle incertezze sul piano interpretativo che un simile approccio potrebbe comportare, nonché dell'inaccettabile conseguenza dell'ultrattività di una norma processuale non più vigente.
2..1.2 Con il secondo motivo nell'interesse del L, e con il terzo nell'interesse del B, si censura violazione di legge in ordine alla concreta determinazione del profitto confiscabile, nonché all'accertamento della derivazione del medesimo dalle false comunicazioni sociali di cui al capo 2) degli addebiti provvisori. Tale profilo assume rilevanza in ragione dell'adozione della misura, nei confronti dei ricorrenti, esclusivamente per i reati di falso in bilancio. Si lamenta, specificamente, il difetto di pertinenza delle false comunicazioni sociali oggetto di addebito rispetto al profitto realizzato mediante la cessione degli strumenti finanziari, e la mancata individuazione puntuale dell'importo derivante dai diversi illeciti contestati. In particolare, le contestate falsità dei bilanci a partire da quelli del 2015 sarebbero prive di alcuna pertinenza cronologica con il profitto derivante dalle cessioni avvenute in occasione della quotazione in borsa del 2014, e dal collocamento di warrant nel primo semestre del 2015. Ancora, le false esposizioni nel bilancio del 31 dicembre 2015 difetterebbero di qualsivoglia correlazione, tanto contenutisticamente quanto temporalmente, con il profitto conseguente alla cessione di azioni e di warrant intervenuta nel corso del 2017 e legata a notizie asseritamente mendaci prive di riscontro in bilancio. Così come le pretese falsità dei bilanci al 31 dicembre 2017 ed al 31 dicembre 2018 sarebbero estranee alla realizzazione del profitto che si colloca temporalmente tra il 2015 ed il 2017. Meramente apparente, in quanto apodittica ed illogica, sarebbe quindi la motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui considera il profitto originato "sinergicamente" tanto dai fatti di cui al capo 1) degli addebiti, quanto dai falsi in bilancio, in violazione peraltro del principio del necessario vincolo di stretta derivazione e pertinenzialità tra il profitto e il reato.
2.1.3 Venendo infine alle doglianze sviluppate nell'interesse del solo B, il secondo motivo di ricorso deduce ancora violazione di legge, rispetto all'applicazione del principio solidaristico in materia di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Il provvedimento impugnato avrebbe erroneamente confermato la legittimità dell'applicazione del vincolo, sino a concorrenza dell'intero importo del profitto dei reati, nei confronti di ciascuno dei coindagati, pur essendosi individuati nell'Astorri e nel Cicognani gli unici correi i quali avrebbero percepito le somme in considerazione, peraltro esattamente determinate nel loro ammontare. Dovrebbe al contrario ritenersi - come sostenuto dalla stessa giurisprudenza di legittimità - che il profitto sia sequestrabile e confiscabile solo presso il soggetto che lo abbia effettivamente percepito, e nei limiti della quota di sua spettanza, penalizzandosi altrimenti in materia iniqua il ritenuto concorrente il quale - come il B - sia ad esso estraneo, per la sola incapienza patrimoniale di chi ne abbia realmente beneficiato. Si eccepisce quindi il contrasto del contrario indirizzo ermeneutico con i principi di rango costituzionale e sovranazionale di proporzione e di personalità della responsabilità penale, in conseguenza della qualificazione in termini sanzionatori della confisca di valore. Con riguardo all'applicazione del principio solidaristico in sede di sequestro e confisca per equivalente, inoltre, l'ordinanza impugnata avrebbe reso una motivazione meramente apparente, a fronte del richiamo operato dalla difesa alla massima di questa Corte che ne limita l'operatività ai casi in cui, al momento dell'applicazione della cautela, non sia possibile accertare l'esatto ammontare del prezzo o del profitto riferibile al singolo concorrente. Ipotesi, questa, all'evidenza diversa da quanto occorso nel presente procedimento.
2.2 Il ricorso nell'interesse di C G articola tre motivi.
2.2.1 Con il primo si lamenta difetto assoluto di motivazione rispetto a plurime deduzioni difensive formulate in sede di riesame. Ed invero, in primo luogo il provvedimento impugnato non avrebbe fornito alcuna risposta alla doglianza relativa all'assenza del fumus della commissione dei fatti contravvenzionali di cui all'art. 185 t.u.f. ad opera del C, il quale, in quanto membro del collegio sindacale, non avrebbe potuto concorrere nelle condotte comunicative contestate ai coindagati. Profilo, questo, di centrale rilevanza, attesa la ritenuta derivazione del profitto oggetto della misura reale dai reati di cui al capo 1) degli addebiti provvisori, e non anche al delitto di falso in bilancio di cui al capo 2). Sul punto, del tutto erroneamente il giudice del riesame avrebbe riferito il profitto di cui si tratta ai soli fatti di false comunicazioni sociali, posto che i provvedimenti sia del pubblico ministero che del G.i.p. farebbero chiaro riferimento non esclusivamente all'art.2641 c.c., bensì anche all'art. 187 t.u.f., e comunque richiamando contraddittoriamente la medesima ordinanza, in altra parte, la norma da ultimo citata. Si osserva, inoltre, come né i provvedimenti genetici, né l'ordinanza del Tribunale, seppure a seguito di apposita censura difensiva, abbiano adeguatamente illustrato il collegamento tra le false comunicazioni integranti manipolazione del mercato e le falsità in bilancio, di modo tale che l'oggetto del sequestro possa ritenersi conseguenza immediata e diretta delle condotte di cui al capo 2). Tanto più che tutti i provvedimenti succedutisi nella vicenda avrebbero identificato il profitto con i guadagni conseguiti prevalentemente dall'Astorri e dal Cicognani per effetto della vendita di warrant e azioni di BI-ON s.p.a. Si sviluppano quindi considerazioni analoghe a quelle degli altri ricorrenti sul difetto di pertinenza delle falsità in bilancio oggetto di addebito al profitto realizzato mediante la cessione degli strumenti finanziari, nonchè sulla mancata individuazione, ad opera dell'organo dell'accusa, del profitto derivante dai singoli fatti contestati. Rispetto al bilancio di esercizio al 31 dicembre 2018, si richiama a sostegno delle argomentazioni difensive il dato dell'intervenuta revoca del sequestro nei confronti di Rosa Alberto, il quale avrebbe rivestito la carica di revisore solo a far
L G, nato a Bologna il 29/12/1938;
C G, nato a Roma il 13/4/1946;
avverso l'ordinanza del 18/11/2019 del Tribunale di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. O M, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi per gli indagati gli avv.ti N M, G T e M M, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi proposti nell'interesse dei rispettivi assistiti.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Bologna ha confermato il decreto di convalida del sequestro preventivo per equivalente disposto in via d'urgenza dal pubblico ministero nei confronti, tra gli altri, di B P, L G e C G, per come indagati per i reati di manipolazione del mercato e false comunicazioni sociali delle società quotate, commessi nelle loro rispettive qualità di direttore finanziario, consigliere di amministrazione e presidente e componente del collegio sindacale di BIO-ON s.p.a. Più specificamente, la misura è stata applicata nei loro confronti in relazione ai soli fatti di false comunicazioni sociali, in via subordinata al mancato rinvenimento del profitto diretto di tutti i reati contestati in capo ad A M e C G, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione, il primo, e vicepresidente del medesimo organo e consigliere delegato, il secondo, nonché entrambi soci di BIO-ON s.p.a.
1.1. In particolare, la manipolazione del mercato sarebbe stata perpetrata mediante la diffusione di false informazioni sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società e sul movimento degli affari, in modo concretamente idoneo a provocare un sensibile aumento del prezzo delle relative azioni, con la conseguente acquisizione di un ingente profitto per gli agenti e per l'ente, anche attraverso la negoziazione di warrant collegati all'andamento borsistico del titolo. Quanto ai fatti di false comunicazioni sociali, gli addebiti provvisori hanno ad oggetto l'esposizione nei bilanci di esercizio e consolidati, dal 2015 al 2018, di ricavi derivanti dalla cessione di licenze ritenute fittizie, nonché l'iscrizione dei proventi derivanti dal trasferimento di licenze ad altre società secondo modalità non coerenti con la natura di enti a controllo congiunto o a partecipazione prevalente di BI-ON s.p.a.
2. Avverso il provvedimento suindicato ricorrono il B, il L ed il C, con atti autonomi a firma dei rispettivi difensori.
2.1 I ricorsi nell'interesse di B P e L G articolano motivi in larga parte sovrapponibili, e che è quindi possibile trattare congiuntamente.
2.1.1 Entrambi i ricorrenti, con il primo motivo, lamentano violazione di legge, con riferimento alla mancata declaratoria di inefficacia dell'ordinanza del G.i.p. in conseguenza della mancata trasmissione degli atti, da parte dell'autorità procedente, nei termini stabiliti dal codice di rito. Invero, pur avendo il pubblico ministero effettuato tale trasmissione oltre i cinque giorni dall'avviso, il Tribunale ha negato l'operatività in materia di cautele reali dell'art. 309, comma 10, c.p.p., richiamandosi alla sentenza Cavalli delle Sezioni Unite. Nondimeno, il riferimento operato dal Supremo Collegio alla distinzione tra rinvio statico e dinamico non si reputa condivisibile, a fronte della chiarezza del richiamo operato dall'art. 2 I 324, comma 7, anche alla norma appena citata, ed in considerazione delle incertezze sul piano interpretativo che un simile approccio potrebbe comportare, nonché dell'inaccettabile conseguenza dell'ultrattività di una norma processuale non più vigente.
2..1.2 Con il secondo motivo nell'interesse del L, e con il terzo nell'interesse del B, si censura violazione di legge in ordine alla concreta determinazione del profitto confiscabile, nonché all'accertamento della derivazione del medesimo dalle false comunicazioni sociali di cui al capo 2) degli addebiti provvisori. Tale profilo assume rilevanza in ragione dell'adozione della misura, nei confronti dei ricorrenti, esclusivamente per i reati di falso in bilancio. Si lamenta, specificamente, il difetto di pertinenza delle false comunicazioni sociali oggetto di addebito rispetto al profitto realizzato mediante la cessione degli strumenti finanziari, e la mancata individuazione puntuale dell'importo derivante dai diversi illeciti contestati. In particolare, le contestate falsità dei bilanci a partire da quelli del 2015 sarebbero prive di alcuna pertinenza cronologica con il profitto derivante dalle cessioni avvenute in occasione della quotazione in borsa del 2014, e dal collocamento di warrant nel primo semestre del 2015. Ancora, le false esposizioni nel bilancio del 31 dicembre 2015 difetterebbero di qualsivoglia correlazione, tanto contenutisticamente quanto temporalmente, con il profitto conseguente alla cessione di azioni e di warrant intervenuta nel corso del 2017 e legata a notizie asseritamente mendaci prive di riscontro in bilancio. Così come le pretese falsità dei bilanci al 31 dicembre 2017 ed al 31 dicembre 2018 sarebbero estranee alla realizzazione del profitto che si colloca temporalmente tra il 2015 ed il 2017. Meramente apparente, in quanto apodittica ed illogica, sarebbe quindi la motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui considera il profitto originato "sinergicamente" tanto dai fatti di cui al capo 1) degli addebiti, quanto dai falsi in bilancio, in violazione peraltro del principio del necessario vincolo di stretta derivazione e pertinenzialità tra il profitto e il reato.
2.1.3 Venendo infine alle doglianze sviluppate nell'interesse del solo B, il secondo motivo di ricorso deduce ancora violazione di legge, rispetto all'applicazione del principio solidaristico in materia di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Il provvedimento impugnato avrebbe erroneamente confermato la legittimità dell'applicazione del vincolo, sino a concorrenza dell'intero importo del profitto dei reati, nei confronti di ciascuno dei coindagati, pur essendosi individuati nell'Astorri e nel Cicognani gli unici correi i quali avrebbero percepito le somme in considerazione, peraltro esattamente determinate nel loro ammontare. Dovrebbe al contrario ritenersi - come sostenuto dalla stessa giurisprudenza di legittimità - che il profitto sia sequestrabile e confiscabile solo presso il soggetto che lo abbia effettivamente percepito, e nei limiti della quota di sua spettanza, penalizzandosi altrimenti in materia iniqua il ritenuto concorrente il quale - come il B - sia ad esso estraneo, per la sola incapienza patrimoniale di chi ne abbia realmente beneficiato. Si eccepisce quindi il contrasto del contrario indirizzo ermeneutico con i principi di rango costituzionale e sovranazionale di proporzione e di personalità della responsabilità penale, in conseguenza della qualificazione in termini sanzionatori della confisca di valore. Con riguardo all'applicazione del principio solidaristico in sede di sequestro e confisca per equivalente, inoltre, l'ordinanza impugnata avrebbe reso una motivazione meramente apparente, a fronte del richiamo operato dalla difesa alla massima di questa Corte che ne limita l'operatività ai casi in cui, al momento dell'applicazione della cautela, non sia possibile accertare l'esatto ammontare del prezzo o del profitto riferibile al singolo concorrente. Ipotesi, questa, all'evidenza diversa da quanto occorso nel presente procedimento.
2.2 Il ricorso nell'interesse di C G articola tre motivi.
2.2.1 Con il primo si lamenta difetto assoluto di motivazione rispetto a plurime deduzioni difensive formulate in sede di riesame. Ed invero, in primo luogo il provvedimento impugnato non avrebbe fornito alcuna risposta alla doglianza relativa all'assenza del fumus della commissione dei fatti contravvenzionali di cui all'art. 185 t.u.f. ad opera del C, il quale, in quanto membro del collegio sindacale, non avrebbe potuto concorrere nelle condotte comunicative contestate ai coindagati. Profilo, questo, di centrale rilevanza, attesa la ritenuta derivazione del profitto oggetto della misura reale dai reati di cui al capo 1) degli addebiti provvisori, e non anche al delitto di falso in bilancio di cui al capo 2). Sul punto, del tutto erroneamente il giudice del riesame avrebbe riferito il profitto di cui si tratta ai soli fatti di false comunicazioni sociali, posto che i provvedimenti sia del pubblico ministero che del G.i.p. farebbero chiaro riferimento non esclusivamente all'art.2641 c.c., bensì anche all'art. 187 t.u.f., e comunque richiamando contraddittoriamente la medesima ordinanza, in altra parte, la norma da ultimo citata. Si osserva, inoltre, come né i provvedimenti genetici, né l'ordinanza del Tribunale, seppure a seguito di apposita censura difensiva, abbiano adeguatamente illustrato il collegamento tra le false comunicazioni integranti manipolazione del mercato e le falsità in bilancio, di modo tale che l'oggetto del sequestro possa ritenersi conseguenza immediata e diretta delle condotte di cui al capo 2). Tanto più che tutti i provvedimenti succedutisi nella vicenda avrebbero identificato il profitto con i guadagni conseguiti prevalentemente dall'Astorri e dal Cicognani per effetto della vendita di warrant e azioni di BI-ON s.p.a. Si sviluppano quindi considerazioni analoghe a quelle degli altri ricorrenti sul difetto di pertinenza delle falsità in bilancio oggetto di addebito al profitto realizzato mediante la cessione degli strumenti finanziari, nonchè sulla mancata individuazione, ad opera dell'organo dell'accusa, del profitto derivante dai singoli fatti contestati. Rispetto al bilancio di esercizio al 31 dicembre 2018, si richiama a sostegno delle argomentazioni difensive il dato dell'intervenuta revoca del sequestro nei confronti di Rosa Alberto, il quale avrebbe rivestito la carica di revisore solo a far
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