Cass. civ., sez. I, sentenza 25/07/2018, n. 19739

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 25/07/2018, n. 19739
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19739
Data del deposito : 25 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

B.S. S.p.A. del 20 settembre 2000 e regolando le spese. Ha osservato la Corte territoriale: -) che la collocazione della società in concordato preventivo con cessione dei beni non influiva sul giudizio in atto, né sull'interesse ad agire degli appellanti, non avendo comportato il venir meno della società e quindi dell'ipotetico valore della partecipazione, specialmente in caso di esito positivo della procedura col ritorno in bonis, neppure essendo stati dedotti o dimostrati riflessi della controversia idonei ad influire sul riparto dell'attivo, tali da rendere necessaria la chiamata in causa del liquidatore;
-) che, come già affermato dal Tribunale, doveva essere disattesa l'eccezione di arbitrato, essendo stata dedotta la violazione di norme poste a tutela dell'interesse collettivo dei soci e dei terzi, quali gli articoli 2446 e 2447 c.c., ed avendo pertanto ad oggetto la controversia diritti non compromettibili;
-) che, vertendosi in materia di violazione di norme inderogabili poste a tutela degli interessi collettivi dei soci e dei terzi, la legittimazione ad agire competesse a qualunque interessato, ivi compresa la nuda proprietaria, ai sensi degli articoli 1421 c.c. e 2379 c.c. nel testo applicabile;
-) che legittimamente la B, quantunque nuda proprietaria delle azioni, avesse espresso il suo voto in assemblea, tale da non poter essere invalidato, giacché la facoltà di voto le era stata effettivamente concessa o comunque era stata ratificata dagli usufruttuari espressamente o per fatti concludenti, sia attraverso il possesso delle azioni, sia attraverso una dichiarazione in tal senso di un usufruttuario, non contrastata dall'altro, sia attraverso la mancata impugnazione da parte degli usufruttuari della delibera adottata con il voto della medesima;
-) che dai documenti prodotti emergevano le plurime violazioni delle regole stabilite nell'articolo 2446 c.c., dal momento che: a) non erano state redatte le relazioni di amministratori e sindaci, ma solo richiamate quelle dell'assemblea del 13 luglio 2000, relative al bilancio del 1999, sicché detta relazione non poteva essere stata messa a disposizione dei soci almeno otto giorni prima;
b) non era stata redatta una vera e propria regolare «situazione patrimoniale» della società, da compilarsi secondo gli stessi criteri del bilancio di esercizio, e quindi comprendente anche il conto economico, essendo stato soltanto allegato uno stato patrimoniale al 30 luglio 2000 in cui non erano presenti i ratei e accantonamenti di periodo nel conto economico;
c) vi erano notevoli discrepanze tra detto stato patrimoniale e la «situazione patrimoniale assestata» depositata in sede di omologa;
-) che le suddette violazioni formali e sostanziali configuravano vizi di nullità della delibera, sicché erano «inconferenti» le considerazioni svolte nella sentenza impugnata sulla mera annullabilità di essa per vizi procedurali, così come le deduzioni della società appellata in merito alla sanatoria di cui all'articolo 2377 c.c. in forza di successive delibere regolari. 5. — Per la cassazione della sentenza G.B.S. S.p.A. in liquidazione ed in concordato preventivo ha proposto ricorso per cinque motivi. Montanari Giuseppe e Montanari Angela hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno deposito memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. — Il ricorso contiene cinque motivi. 1.1. — Il primo motivo denuncia: «Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2377, 2379, 2446, 2447 c.c. e 816 c.p.c. ovvero carenza di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria», censurando la sentenza impugnata per aver disatteso l'eccezione di arbitrato formulata da essa società, dal momento che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la controversia tra le parti aveva ad oggetto diritti disponibili. 1.2. — Il secondo motivo denuncia: «Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2377, 2379, 2446, 2447 c.c. e 81 c.p.c. ovvero carenza di legittimazione attiva di G B (e dei suoi eredi)», censurando la sentenza impugnata per aver riconosciuto la legittimazione della originaria attrice all'impugnazione della delibera, quantunque ella fosse titolare della sola nuda proprietà delle azioni, delle quali altri erano usufruttuari, perché non si versava in ipotesi di azione di nullità in quanto i vizi dedotti dalla B «non costituiscono vizi sanzionabili con la nullità» (così a pagina 22 del ricorso). 1.3. — Il terzo motivo denuncia: «Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 81 c.p.c. ovvero carenza di legittimazione attiva di G B (e dei suoi eredi);
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360, comma primo, numero 5 c.p.c.)», censurando la sentenza impugnata per aver riconosciuto la legittimazione attiva della B avendo la stessa esercitato in assemblea il diritto di voto. 1.4. — Il quarto motivo denuncia: «Violazione/o falsa applicazione degli articoli 100 c.p.c.;
nullità della sentenza ovvero carenza di interesse ad agire di G B (e dei suoi eredi)», censurando in due distinti paragrafi (pagine 29-30 e 30-31) la sentenza impugnata nella parte in cui aveva affermato la persistenza dell'interesse degli eredi dell'originaria attrice nonostante: a) la collocazione della società in concordato preventivo;
b) la sanatoria della delibera impugnata ai sensi dell'articolo 2377 c.c.. 1.5. — Il quinto motivo denuncia: «Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2377, 2379, 2446 e 2447 c.c. ovvero la legittimità della delibera;
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360, comma primo, numero 5 c.p.c.)», censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto la nullità della delibera in contestazione sia in dipendenza del mancato deposito dello stato patrimoniale prima dell'assemblea (pagina 33 del ricorso), sia in dipendenza della falsa rappresentazione della situazione economica posta alla base alla stessa delibera (pagina 34-36), sia in dipendenza della difformità delle situazioni patrimoniali risultanti dalla documentazione resa disponibile prima e dopo l'assemblea. 2. — Il ricorso va respinto. 2.1. — Il primo motivo è inammissibile. 2.1.1. — Risulta dal ricorso ed è confermato dalla sentenza impugnata che la società originariamente convenuta in giudizio ha in primo grado formulato eccezione di arbitrato, eccezione che, come riferisce la Corte d'appello, il Tribunale ha espressamente respinto, ponendo l'accento sulla «non compromettibilità in arbitri delle impugnazioni delle delibere assembleari ... per il coinvolgimento dell'interesse della società al suo regolare funzionamento, tutelato dalla legge come tale». A fronte dell'espressa reiezione di detta eccezione, la società ha proposto — com'era onerata di fare, non essendo sufficiente la mera riproposizione ex articolo 346 c.p.c. — appello incidentale che, come si è visto in espositiva, la Corte territoriale ha respinto. Va da sé, per un verso, che è priva di senso — ed era perciò stesso inammissibile — l'impugnazione rivolta contro la sentenza impugnata «per non aver accolto l'eccezione di arbitrato», giacché il giudice d'appello non era chiamato a pronunciare su detta eccezione, ma sul motivo d'appello, e, per altro verso, che la censura è inammissibile anche se considerata quale denuncia della mancata pronuncia sul motivo d'appello, poiché, in tal caso, è necessario riportare il contenuto della censura nel ricorso per cassazione (Cass. 20 agosto 2015, n. 17049), il che nel caso di specie non è stato fatto, dal momento che il contenuto del motivo spiegato in appello non si desume né dall'espositiva del ricorso per cassazione, dal quale (a pagina 9) risultano soltanto le conclusioni prese, né dal contesto del primo motivo di ricorso per cassazione, che si prolunga da pagina 11 a pagina 21 dello stesso ricorso senza menzionare il contenuto del motivo d'appello. 2.1.2. — Ciò esime dall'osservare che il motivo è altresì inammissibile giacché essenzialmente condotto in relazione alla nozione di «disponibilità del diritto» cui si riferisce al testo attuale dell'articolo 806 c.p.c., sebbene nel caso di specie trovi applicazione ratione temporis il testo previgente, che ammetteva la compromettibilità in arbitri delle controversie che potessero formare «oggetto di transazione»: ed in relazione a tale formulazione l'inammissibilità discende dall'applicazione dell'articolo 360 bis c.p.c., giacché la soluzione adottata dalla Corte territoriale è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui non sono suscettibili di essere compromesse in arbitri le controversie che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono violazione di norme poste a tutela dell'interesse collettivo dei soci o dei terzi, quali quelle che prescrivono la precisione e la chiarezza dei bilanci e più in generale contemplano l'obbligo di consentire ai soci il controllo della gestione sociale (Cass. n. 1739/1988;
Cass. n. 3322/1998;
Cass. n. 3772/2005;
Cass. n. 11658/2007;
e v. pure Cass. n. 18671/2012, resa in sede di regolamento di competenza, peraltro in caso di applicabilità dell'articolo 819 ter c.p.c.), norme tra le quali può senz'altro annoverarsi l'art. 2446 c.c., nel testo all'epoca vigente, laddove prescriveva che all'assemblea dovesse essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale, da depositarsi nella sede della società durante gli otto giorni precedenti l'assemblea, trattandosi di atto necessario al controllo della gestione sociale. 2.2. — Il secondo motivo è infondato, giacché confonde il piano della legittimazione ad agire con quello della fondatezza della pretesa fatta valere: e, cioè, sostiene che la B, quale nuda proprietaria delle azioni, non fosse legittimata ad agire non essendo in effetti nulla la delibera assembleare adottata. Ma, la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento (Cass.30 maggio 2008, n. 14468;
Cass. 8 ottobre 2008, n. 24791;
Cass. 10 maggio 2010, n. 11284;
Cass. 27 giugno 2011, n. 14177): di guisa che, nel caso di specie, la legittimazione della B va commisurata alla domanda introdotta, con la quale ella ha dedotto la nullità della delibera con conseguente sua legittimazione a farla valere, avendovi interesse, sia ai sensi della disposizione generale sancita dall'articolo 1421 c.c., sia di quella di cui all'articolo 2379 c.c.. Altra cosa, viceversa, è se la delibera fosse effettivamente nulla, come ha ritenuto la Corte d'appello, oppure no.Sicché, nei termini indicati, la Corte territoriale ha senz'altro correttamente ritenuto la sussistenza della legittimazione attiva della B e quindi dei suoi eredi 2.3. — Il terzo motivo è assorbito. 2.4. — Il quarto motivo è inammissibile. Esso si articola in due distinti profili, volti a denunciare l'errore commesso dalla Corte d'appello nell'aver ritenuto la persistenza dell'interesse all'impugnazione in capo agli eredi della B, nonostante: a) la società fosse stata ammessa al concordato preventivo;
b) la delibera giudicata nulla fosse stata sostituita da altra successiva delibera valida. 2.4.1. — Sotto il primo profilo la doglianza è inammissibile. La Corte territoriale ha in proposito osservato che il concordato preventivo della società non incideva sull'interesse ad agire degli appellanti «non essendo venuto meno il soggetto "società" specialmente in caso di esito positivo della procedura e ritorno in bonis». A fronte di tale motivazione la società ricorrente ha replicato limitandosi ad osservare che «le pretese violazioni non possono più ripercuotersi, nemmeno potenzialmente, sul valore della partecipazione degli attori in G.B.S. S.p.A.. Necessariamente, quindi, l'interesse ad agire degli attori risulta, ad oggi, assente». Ciò detto, occorre rammentare che in tema di ricorso per cassazione, il motivo d'impugnazione è rappresentato dall'enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d'impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l'esercizio del diritto d'impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell'esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo;
che, in riferimento al ricorso per cassazione, tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l'inammissibilità ai sensi dell'art. 366 n. 4 c.p.c. (Cass. 11 gennaio 2005, n. 359;
Cass. 12 marzo 2005, n. 5454;
Cass. 29 aprile 2005, n. 8975;
Cass. 22 luglio 2005, n. 15393;
Cass. 24 gennaio 2006, n. 1315;
Cass. 14 marzo 2006, n. 5444;
Cass. 17 marzo 2006, n. 5895;
Cass. 31 marzo 2006, n. 7607;
Cass. 6 febbraio 2007, n. 2540;
Cass. 28 agosto 2007, n. 18210;
Cass. 28 agosto 2007, n. 18209;
Cass. 31 agosto 2015, n. 17330). Orbene, nel caso in esame le ipotetiche ragioni in forza delle quali la statuizione censurata sarebbe erronea non sono in alcun modo esplicitate: al contrario, la società ricorrente si è limitata a contrastare la motivazione addotta dalla Corte territoriale contrapponendovi un'affermazione del tutto priva di qualsiasi apparato argomentativo spiegato a sostegno di essa. In altri termini, dalla formulazione della doglianza non è dato comprendere per quale ragione la procedura di concordato preventivo impedirebbe alla deliberazione nulla di ripercuotersi sul valore della partecipazione della B e, per essa, dei suoi eredi. Di qui l'inammissibilità della censura. 2.4.2. — Sotto il secondo profilo la doglianza è parimenti inammissibile. La ricorrente ha lamentato che la Corte territoriale, nel definire «inconferenti», senza ulteriori chiarimenti o specificazioni, gli argomenti da essa svolti in ordine alla avvenuta «sanatoria» della delibera colpita da nullità, avrebbe in effetti totalmente omesso di motivare, dando così luogo ad un vizio di nullità della sentenza riconducibile alla previsione del numero 4 dell'articolo 360 c.p.c., non avendo d'altronde considerato, sotto il profilo della persistenza dell'interesse ad agire, che tale delibera «deve ritenersi "superata" dalla delibera del 13 luglio 2001 che ha approvato il bilancio al 31 dicembre 2000 e la relativa situazione patrimoniale (doc. nn. 11-12- 13 fascicolo di primo grado) confermando così la correttezza della delibera impugnata. Ovviamente lo stesso ragionamento si deve fare anche per i bilanci del decennio successivo». Ora, il motivo così formulato non è autosufficiente, ed è come tale anch'esso aspecifico. Questa Corte ha difatti chiarito che il principio di autosufficienza del ricorso è «da intendere come un corollario del requisito della specificità dei motivi di impugnazione, ora tradotto nelle più definite e puntuali disposizioni contenute negli artt. 366, comma 1°, n. 6, e 369, comma 2°, n. 4, c.p.c.» (Cass., Sez. Un., 22 maggio 2012, n. 8077). Perciò il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari ad integrare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso. Perché ogni motivo si reputi ritualmente formulato, occorre dunque rendere intellegibile ogni passaggio della censura proposta, ivi compreso il riferimento a documenti e atti esterni, che, pertanto, devono essere riportati per le parti rilevanti nel ricorso e dei quali vanno indicati il tempo ed il luogo di ingresso nel processo. Nel caso in esame, dunque, è agevole osservare che la formulazione del motivo non indica specificamente quale fosse il contenuto delle delibere sostitutive. 2.5. — Il quinto motivo è inammissibile. Esso è stato svolto ai sensi del numero 5 del vigente articolo 360 c.p.c., valevole per i ricorsi contro sentenze depositate dall'Il settembre 2012, norma che introduce nell'ordinamento il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Nel caso in esame, viceversa, il motivo non ha nulla a che vedere con la previsione in discorso, giacché, lungi dal puntare su un preciso fatto storico non considerato dal giudice di merito, sollecita una complessiva riconsiderazione del ragionamento svolto dalla Corte d'appello nel ritenere che la mancanza della relazione sulla situazione patrimoniale della società, prevista dall'articolo 2446 c.c., determinasse la nullità della delibera senza considerare che la norma «prescrive la necessità di sottoporre all'assemblea una relazione sulla situazione patrimoniale della società un documento alternativamente valido quale può essere l'ultimo bilancio», non dispone «alcun termine temporale in merito al grado di aggiornamento della relazione/documentazione da sottoporre all'assemblea». Considerazioni, queste, estranee, come si diceva, all'ambito delle censure spendibili in forza dell'articolo 360, numero 5, c.p.c. 3. — In definitiva, il ricorso è respinto. 4. — Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
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