Cass. civ., sez. II, sentenza 27/02/1958, n. 663
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A) è valida, e non può ritenersi in contrasto con gli articoli 2065, 2071 e 2077 codice civile, e 7 delle preleggi, la clausola, contenuta nell'art. 1 del contratto collettivo 31 dicembre 1948 per i dirigenti di aziende industriali, che subordina l'applicabilità del contratto stesso al concorso del duplice requisito della iscrizione del prestatore di lavoro all'associazione dei dirigenti e del formale riconoscimento della qualifica da parte del datore di lavoro. In tal caso, il concreto atteggiamento del datore di lavoro costituisce non un elemento sostanziale che incide sulla intrinseca natura e qualificazione del rapporto di lavoro, bensì un elemento estrinseco che, al pari della iscrizione all'associazione dei dirigenti, attiene alla concreta identificazione della categoria dei destinatari della regolamentazione collettiva, ossia di coloro che possano di essa beneficiare; e quindi, ove manchi il formale riconoscimento del datore di lavoro, la questione relativa alla sussistenza del diritto alla qualifica di dirigente resta impregiudicata rispetto a tutti gli altri effetti che a tale qualifica eventualmente si ricolleghino in base alle norme legislative o a quelle corporative tuttora in vigore. B) per stabilire ai sensi del combinato disposto degli articoli 36 della Costituzione, e 2099 codice civile, la giusta misura della retribuzione spettante al lavoratore, il giudice può e deve fare riferimento, tra l'altro, alla retribuzione stabilita dai contratti di lavoro post-corporativi, giacché essi - ancorché non applicabili - rispecchiano, in generale, la situazione economica del momento e le esigenze ad essa connesse, e costituiscono il risultato di un equo contemperamento dei contrapposti interessi delle categorie interessate. Al trattamento economico contemplato da tali contratti deve però attribuirsi un valore puramente orientativo e non vincolante.