Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/11/2022, n. 34206

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/11/2022, n. 34206
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 34206
Data del deposito : 21 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

nciato la seguente SENTENZA sul ricorso 15407-2022 proposto da: A A, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SABOTINO

2, presso lo studio dell'avvocato L C, che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA e PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

- intimati -

avverso la sentenza n. 56/2022 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 13/05/2022. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2022 dal Consigliere C G;
lette le conclusioni scritte dell'Avvocato Generale F S, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte vogliano rigettare il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 13 maggio 2022 il Collegio Nazionale Forense, a seguito di ricorso presentato dall'avv. A A avverso la decisione n. 70/2018 del Consiglio Distrettuale di Disciplina (d'ora in poi, CDD) del Distretto della Corte d'appello di Roma - che lo aveva condannato per violazione degli articoli 5 CDF (ora 9 NCDF) e 56, primo comma, CDF (ora 63 NCDF) alla sospensione dall'esercizio della professione forense per un anno e sei mesi per avere, quale collaboratore a progetto, tenuto una condotta diretta a distrarre beni e somme alla parte offesa ITALFONDIARIO così da procurarle grave danno, non rispettando i doveri di probità, lealtà e correttezza, fedeltà, diligenza, violando il rapporto di fiducia, non difendendo gli interessi della parte assistita e compiendo azioni tendenti a ledere gli interessi di quest'ultima -, in parziale riforma, riduceva la sanzione irrogata ad un anno di sospensione, confermando per il resto.

2. Ha presentato ricorso l'avv. Avitabile sulla base di quattro motivi, illustrati anche con memoria. L'intimato Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma non si è difeso. Il Procuratore Generale, mediante requisitoria scritta del 21 settembre 2022, ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 116 c.p.c., 444, 445, comma 1 bis, e 653, comma 1 bis, c.p.p., e dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., all'articolo 1, comma 10, lettera a), punto 2, I. 27 settembre 2021 n.134 e agli articoli 10, 22 e 23 Reg. CNF 21 febbraio 2014 n.2, per avere ritenuto provate ai fini disciplinari "le circostanze contenute nei capi di imputazione" sulla scorta di sentenza ex articolo 444 c.p.p., e per avere erroneamente e falsamente considerato che tale sentenza derivasse da accertamenti assunti in sede penale mai effettuati ovvero avesse essa stessa rilevanza di accertamento penale.

3.1 Il motivo si impernia sulla legge 27 settembre 2021 n. 134, Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, la quale, all'articolo 1, comma 10, recita: "Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di procedimenti speciali, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti principi: a) in materia di applicazione della pena su richiesta: ... 2) ridurre gli effetti extra-penali della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti prevedendo che questa non abbia efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare e in altri casi ...". Assume il ricorrente che, come aveva già evidenziato nei motivi aggiunti avverso la pronuncia del CDD proposti dinanzi al CNF in seguito all'entrata in vigore della suddetta legge delega, la legge delega stessa avrebbe immediatamente e direttamente privato la sentenza di patteggiamento dell'efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare, attribuito sino ad allora dall'articolo 653, comma 1 bis, c.p.p. Sarebbe dunque erronea la sentenza impugnata laddove (a pagina 9), in ordine all'accertamento del fatto, dichiara che "la decisione impugnata considera in modo completo e nel dettaglio le condotte poste in essere dall'incolpato e si sofferma sulla valutazione della rilevanza della sentenza penale di patteggiamento ai fini del procedimento disciplinare, precisando che i fatti come contestati e accertati dalla sentenza penale devono ritenersi consumati". Non sarebbe, infatti, condivisibile l'inapplicabilità della legge delega che la sentenza impugnata ha affermato osservando (a pagina 11) che essa "in quanto tale non è una norma precettiva e il Governo potrebbe anche non dare attuazione alla delega" ed escludendo "che i criteri direttivi contenuti nella legge delega possano trovare applicazione a prescindere dall'attuazione della delega stessa".

3.2 Rileva il ricorrente che la questione dell'efficacia precettiva di specifiche norme contenute in una legge delega è stata dibattuta in dottrina - ove si rinviene anche chi l'ha riconosciuta - ma non è stata mai affrontata da queste Sezioni Unite. Evocata giurisprudenza penale di legittimità secondo la quale dalla legge delega deriverebbe solo una facoltà, e non un obbligo del governo (Cass. pen. sez. 3, 13 ottobre-12 novembre 2015 n. 45265, non massimata), il ricorrente sostiene che nel settore disciplinare la situazione è differente rispetto a quello penale, in quanto in quest'ultimo sussiste, in linea con i principi costituzionali, un correttivo rappresentato dall'articolo 673 c.p.p. (che al primo comma invero statuisce: "Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti"), mentre nel settore disciplinare non vi è alcuno strumento di riabilitazione né di mera interruzione della sanzione inflitta nel caso di sospensione dall'esercizio della professione. Sussisterebbe pertanto una "ingiustificata disparità di trattamento ex art. 3 Cost. tra il caso di specie ed il condannato in sede penale", che investirebbe "i più basilari principi costituzionali che legano (ex art. 111 Cost.) la formazione della prova in contraddittorio e lo svolgimento di una valida ed insindacabile istruttoria, in funzione dell'emanazione di un provvedimento amministrativo e/o giurisdizionale afflittivo". Queste Sezioni Unite sarebbero dunque chiamate "a dirimere, in termini di immediata applicazione di un precetto abrogativo contenuto in una legge delega", una questione dotata di "un evidente carattere di rilevanza costituzionale, soprattutto in carenza ... di norme 'di correzione' " come l'articolo 673 c.p.p. rispetto a una posteriore depenalizzazione. E qui non si tratterebbe di una "semplice 'depenalizzazione' di un reato", bensì dell'intera struttura procedimentale del processo disciplinare", il quale consentirebbe di evitare, come nel caso de quo, "ogni forma di istruttoria sul fatto", ritenendo provata la contestazione in forza dell'articolo 653, comma 1 bis, c.p.p.

3.3 Il ricorrente mira poi a corroborare tale prospettazione richiamando la sentenza n. 224/1990 della Corte Costituzionale - per cui la legge delega costituisce "un vero e proprio atto normativo" e possiede, nonostante il suo contenuto direttivo, "tutte le valenze tipiche delle norme legislative" - e una giurisprudenza penale di merito che vi avrebbe fondato la depenalizzazione di alcuni reati, e argomenta pure sulla posizione della legge delega nella gerarchia delle fonti come riconosciuta dalla Consulta - "quella di ogni altra legge" - e sull'applicabilità per interpretarla degli ordinari criteri ermeneutici.

3.4 Il motivo si conclude insistendo nel senso che la invocata norma della legge delega non costituisce un "mero indirizzo reso al governo delegato", bensì "deve nel caso di specie trovare piena ed immediata attuazione", sottolineando altresì che per giurisprudenza della Corte di Strasburgo (B c. Austria, 5 aprile 2016, K c. Germania, 28 giugno 1978, WR c. Austria, 21 dicembre 1999, M c. Austria, 12 giugno 2003, e G c. Austria, 10 dicembre 2009) "la garanzia di cui all'art. 6 CEDU opera con riferimento all'inquadramento del procedimento disciplinare nei confronti di un avvocato in cui è in contestazione, come nel caso di specie, il diritto di continuare ad esercitare una professione, in virtù della non irrilevante durata della comminata sospensione ... vertendo la fattispecie in tema di diritti civili", per precisare peraltro che non si denuncia nel caso in esame la violazione del suddetto articolo 6, ma si evidenzia come la norma invocata presente nella legge delega "ben possa avere diretta efficacia nell'ordinamento, anche in virtù della lettura comparata operata con la Convenzione EDU".

4. Il secondo motivo è rubricato come il primo, in quanto denuncia anch'esso violazione e falsa applicazione degli articoli 116 c.p.c., 444, 445, comma 1 bis, e 653, comma 1 bis, c.p.p., e dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., all'articolo 1, comma 10, lettera a), punto 2, I. 134/2021 e agli articoli 10, 22 e 23 Reg. CNF 21 febbraio 2014 n.2, per avere ritenuto provate ai fini disciplinari "le circostanze contenute nei capi di imputazione" sulla scorta di sentenza ex articolo 444 c.p.p., e per avere erroneamente e falsamente considerato che tale sentenza derivasse da accertamenti assunti in sede penale mai effettuati ovvero avesse essa stessa rilevanza di accertamento penale.

4.1 Si rimarca in primis che "il presente motivo trova ragione e rilevanza poiché, come sviluppato nel capo che precede, si ritiene direttamente applicabile" l'articolo 1, comma 10, lett.a), punto 2, della legge delega 134/2021, "disposto direttamente precettivo tale per cui non possa più applicarsi la presunzione iuris et de iure contenuta nell'art. 653, comma 1-bis, c.p.p.".

4.2 Riportato un ampio stralcio della memoria depositata dopo l'entrata in vigore della legge delega nel giudizio dinanzi al CNF ampliando i motivi di impugnazione per i principi del favor rei e
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