Cass. pen., sez. V, sentenza 23/02/2023, n. 08154
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BURGIO FILIPPO nato a PALERMO il 14/01/1972 avverso l'ordinanza del 15/03/2022 della CORTE APPELLO di PALERMOudita la relazione svolta dal Consigliere E P;Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, A C, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con sentenza dell' 11 novembre 2021 la Prima sezione di questa Corte di cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza del 9 marzo 2021 con la quale la Corte d'appello di Palermo, in funzione di giudice dell'esecuzione, aveva rigettato l'istanza presentata da F B per il riconoscimento della fungibilità della pena espiata dal condannato dal 20 aprile 2010 al 22 luglio 2011 e quella, subordinata, di considerare già espiata la pena per la quale il predetto aveva riportato condanna con sentenza della Corte di appello di Palermo del 10 ottobre 2015. 1.1. Il titolo esecutivo sul quale si era pronunciata la Corte territoriale era costituito dalla sentenza emessa dalla Corte d'appello di Palermo in data 9 giugno 2020 che aveva riconosciuto il vincolo della continuazione tra il reato oggetto della decisione e quelli di cui alle sentenze della Corte d'appello di Palermo del 28 ottobre 2011 e del 10 ottobre 2015.Per tali reati il condannato era stato detenuto dal 21 aprile 2009 al 18 agosto 2017. Tuttavia, nel provvedimento di esecuzione il Procuratore Generale aveva omesso di considerare che la pena di cui alla sentenza del 28 ottobre 2011 era stata ridotta, in sede di riconoscimento della continuazione, ad anni uno di reclusione e che quindi doveva essere detratta dalla pena da eseguire il cd. presofferto dal 20 aprile 2010 (data in cui avrebbe terminato di espiare la pena di un anno di reclusione, come ridotta) al 22 luglio 2011 (data in cui aveva avuto esecuzione l'ordinanza per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen.). Le condotte integranti il reato associativo erano state poste in essere prima dell'applicazione della misura per il reato di estorsione in data 21 aprile 2009. 1.2. Il giudice dell'esecuzione aveva rilevato come B fosse stato condannato con sentenza della Corte d'appello di Palermo del 9 giugno 2020 per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen. commesso fino al 22 luglio 2011;reato unificato in continuazione con quelli di estorsione aggravata commessi fino ad aprile 2009 di cui alle sentenze della Corte palermitana del 28 ottobre 2011 e del 10 ottobre 2015 con rideterminazione della pena, per ciascuno di tali reati, in anni uno di reclusione e 220,00 euro di multa. La tesi secondo cui, a seguito di tale rideterminazione, la pena avrebbe dovuto ritenersi espiata alla data del 20 aprile 2010 era stata disattesa dalla Corte di appello in quanto, a norma dell'art. 657, comma quarto cod. proc. pen., nella determinazione della pena da eseguire va computata solo la custodia sofferta o la pena espiata senza titolo dopo la commissione del reato;avrebbe dovuto pertanto, potersi scomputare la sola pena che va dal 22 luglio 2011 all' 11 marzo 2014 (periodo nel quale il ricorrente si trovava in custodia cautelare per altro titolo);periodo, peraltro, detratto dalla pena da eseguire. In tal senso depone, secondo la Corte territoriale, anche il fatto che la contestazione per il reato associativo si era protratta oltre il termine del 21 aprile 2009, ossia fino al 22 luglio 2011, non potendosi applicare ai reati permanenti l'istituto della fungibilità delle pene espiate senza titolo se la permanenza cessa dopo l'espiazione della pena senza titolo. 1.3. Avverso l'ordinanza, B aveva proposto ricorso per cassazione, attraverso il difensore di fiducia, avv. G F, formulando due motivi di impugnazione. Con il primo aveva dedotto violazione di legge in quanto la Corte non aveva preso in considerazione la circostanza che la contestazione associativa era stata formulata nei confronti del ricorrente in forma c.d. «aperta» e che la regola per cui la permanenza si considera cessata alla pronuncia della sentenza di primo grado non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data.Sarebbe stato onere del giudice dell'esecuzione verificare se la condotta di reato era proseguita, effettivamente, fino alla data di esecuzione della misura cautelare. Qualora avesse compiuto tale verifica, la Corte si sarebbe resa conto che, essendo stato il ricorrente detenuto ininterrottamente dal 21 aprile 2009 al 18 agosto 2017, la condotta associativa non poteva ritenersi proseguita oltre la prima data. Seguendo tale ricostruzione, la detenzione della quale era chiesto lo scomputo sarebbe stata patita dopo la commissione del reato associativo con conseguente piena applicabilità dell'art. 657, comma quarto, cod. proc. pen. Con il secondo motivo è stata eccepita violazione di legge e vizio di motivazione per avere omesso la Corte di prendere in considerazione la richiesta subordinata di riconoscere l'intervenuta espiazione della pena di un anno comminata per il reato di cui all'art. 629 cod. pen. con sentenza della Corte di appello di Palermo del 1° ottobre 2015. Essendo stato commesso il reato estorsivo fino all'aprile 2009, la richiesta subordinata avrebbe potuto trovare accoglimento.
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