Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 08/10/2013, n. 22866

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Il contratto di formazione e lavoro, pur costituendo una specie del "genus" contratto di lavoro a tempo determinato, è dotato di una propria autonomia funzionale in quanto caratterizzato - a differenza dell'ordinario contratto a termine - da una causa complessa comprensiva di una finalità di formazione per consentire al lavoratore l'acquisizione della professionalità necessaria per immettersi nel mondo del lavoro, da cui la necessaria differenziazione della disciplina, legislativa e contrattuale, applicabile ai lavoratori (nella specie, del settore autoferrotranviario) così assunti. Ne consegue che, ove il convenuto, nella memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, abbia impostato la propria difesa configurando le assunzioni dei lavoratori ricorrenti come avvenute con contratti a tempo determinato, la successiva qualificazione dei medesimi contratti come di formazione e lavoro e la produzione della pertinente documentazione, effettuate per la prima volta con le note difensive depositate prima della discussione e della pronuncia della sentenza di primo grado, sono inammissibili perché tardive in quanto dirette ad introdurre un nuovo tema di indagine in contrasto con il sistema delle preclusioni, con conseguente declaratoria ex art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., ove la questione sia riproposta in appello.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 08/10/2013, n. 22866
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22866
Data del deposito : 8 ottobre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D R A - Presidente -
Dott. B G - Consigliere -
Dott. T L - rel. Consigliere -
Dott. B D - Consigliere -
Dott. M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 23508/2010 proposto da:
PRESTIERI GIANFRANCO PRSGFR72H18G902A, GRIMALDI PASQUALE GRMPQL75L08F839T, DE VIVO RAFFAELE DVVRFL70R18F839Q, tutti domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato E G D giuste deleghe in atti;



- ricorrenti -


contro
AZIENDA NAPOLETANA MOBILITÀ S.P.A. (A.N.M.), in1 persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE MARZIO

3, presso lo studio dell'avvocato I R, rappresentata e difesa dall'avvocato C F, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 5408/2009 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/10/2009 R.G.N. 11028/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/04/2013 dal Consigliere Dott. L T;

udito l'Avvocato FERRETTI ANNAMARIA per delega C F;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO

Giulio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- La sentenza attualmente impugnata - in accoglimento dell'appello di ANM-AZIENDA MOBILITÀ NAPOLETANA s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli del 14 dicembre 2007 - respinge le domande proposte nei riuniti ricorsi introduttivi del giudizio da De Vivo Raffaele, G P e P G - assunti dall'ANM con contratti di formazione e lavoro (CFL) stipulati prima del 27 novembre 2000 e in epoca successiva convertiti in contratti a tempo indeterminato, con la qualifica di operatori di esercizio e assegnazione originaria del parametro retributivo 140, poi modificato in parametro 158 - onde ottenere: 1) l'accertamento del loro diritto alla riscossione mensile, a titolo di competenze accessorie unificate (CAU), anche dell'importo indicato nella colonna B di cui all'Accordo aziendale del 29 marzo 2001, con decorrenza dal mese di agosto 2001 oppure, in subordine, dalla data di assegnazione del nuovo parametro retributivo;
2) la conseguente condanna dell'Azienda al pagamento delle corrispondenti differenze retributive maturate, con accessori di legge.
La Corte d'appello di Napoli, per quel che qui interessa, precisa che:
a) deve premettersi che non ha fondamento l'eccezione di inammissibilità del gravame dell'ANM, nella parte in cui prospetta la novità delle censure introdotte in grado d'appello;

b) in effetti, come sostengono i lavoratori, dalle memorie di costituzione in primo grado risulta che ANM articolò le proprie difese negando che le assunzioni fossero state effettuate con contratti di formazione e lavoro e sostenendo l'inapplicabilità dei principi derivanti dalla L. n. 863 del 1984, in ordine alla maturazione dell'anzianità di servizio per gli assunti con CFL;

c) tuttavia, le difese si articolavano ancora, in punto di fatto, con l'osservazione secondo cui la retribuzione in concreto attribuita ai ricorrenti, nel periodo precedente la conversione del rapporto, non comprendeva le voci CAU;

d) al riguardo ANM, nel richiamare gli accordi collettivi succedutisi in materia, precisava che ai nuovi assunti, quali erano i ricorrenti, competeva la sola voce CAU della colonna A dell'Accordo aziendale del 29 marzo 2001 e non quella della colonna B;

e) tale ultima CAU era stata configurata come assegno ad personam in sede di contrattazione collettiva e l'Azienda si era scrupolosamente attenuta alla scelta operata dalle parti sociali;

f) data l'ampiezza del quadro difensivo svolto da ANM, non appare rilevante, ai fini dell'eccepita novità delle censure, il fatto che nelle memorie di primo grado le assunzioni siano state ricondotte alla disciplina dei contratti a termine;

g) infatti, ai fini della identificazione della materia del contendere e dell'esclusione della novità delle prospettazioni svolte in appello, si deve dare la prevalenza ai seguenti elementi;

1) identità della documentazione da cui risulta la stipulazione dei CFL nei confronti dei ricorrenti e di quella esibita da ANM;
2) identità della complessiva disciplina collettiva di riferimento (sia per i CFL sia per i contratti a termine);
3) sussistenza a carico dei lavoratori dell'onere di dimostrare la fondatezza delle proprie domande sulla base del quadro normativo da loro richiamato;

h) ne consegue che le censure di ANM fondate sulla inesattezza della lettura degli accordi collettivi in materia non possono considerarsi inammissibili a causa della novità;

i) nel merito va, in primo luogo, precisato che la conversione dei contratti CFL dei lavoratori in oggetto è avvenuta dopo il 27 novembre 2000 e dopo l'accordo del 29 marzo 2001;

l) va anche sottolineato che la questione qui dibattuta - a differenza di quella nota afferente gli scatti di anzianità - non è legata alla maggiore o minore anzianità di servizio degli assunti con CFL, ma attiene solo alla struttura e al contenuto della retribuzione nonché al rispetto, o meno, nei confronti degli assunti con CFL, del principio di intangibilità della retribuzione;

m) dalla copiosa disciplina contrattuale sulla struttura della retribuzione rilevano, in questa sede: 1) l'art. 3 dell'Accordo nazionale 27 novembre 2000 che - sulla base del punto 3 dell'Accordo preliminare sul rinnovo del CCNL autoferrotranvieri del 2 marzo 2000 - ha stabilito che si dovesse procedere a livello aziendale ad un riordino dei compensi e delle indennità previste aziendalmente al fine di realizzare la semplificazione e razionalizzazione degli stessi, precisando che il trattamento dei nuovi assunti in modo da non corrispondere loro voci non collegate a prestazioni effettivamente svolte e al premio di risultato;
2) l'art. 2, lett. F, dell'indicato Accordo di novembre 2000 che ha disciplinato il "trattamento del personale in CFL già in forza", stabilendo li che i dipendenti CFL in corso alla data della sottoscrizione del contratto "vanno considerati nuovi y( assunti" ai fini dell'attribuzione della retribuzione aziendale (la cui struttura non comprendeva le CAU, diversamente da quanto disposto per gli altri dipendenti);

n) dalle suddette disposizioni si desume, da un lato, che la contrattazione al livello nazionale ha legittimato il successivo intervento aziendale di ridimensionamento delle CAU per tutti i nuovi assunti, e, d'altra parte, che anche per i CFL in corso, come per i nuovi assunti, non poteva ipotizzarsi un problema di attribuzione di un trattamento economico deteriore rispetto a quello in atto (nè di salvaguardia di un precedente trattamento) come provato dalla peculiare struttura della retribuzione, non inclusiva delle CAU;

o) l'Accordo aziendale del 29 marzo 2001, facendo seguito alle richiamate disposizioni della contrattazione nazionale, nell'ottica di ridurre gli importi delle CAU corrisposti in precedenza, ha stabilito di attribuire a decorrere dall'1 gennaio 2001, ai dipendenti già in servizio a tempo indeterminato al 27 novembre 2000 due quote di CAU, di cui la seconda (colonna B) configurata come assegno ad per sonarti onde rispettare, nei loro confronti, il principio della irriducibilità della retribuzione, esigenza che si poneva solo per questi dipendenti, visto che essi già riscuotevano le CAU;

p) la prima quota delle CAU, nel nuovo minore importo determinato, si decise che venisse corrisposta al suindicato personale in aggiunta all'altra e in via esclusiva ai nuovi assunti;

q) nel suindicato Accordo aziendale non si è previsto nulla con riguardo specifico ai lavoratori con CFL, ai quali l'Azienda ha comunque corrisposto, in applicazione dell'art. 2, lettera F, dell'indicato Accordo nazionale 27 novembre 2000, la sola quota CAU prevista nella tabella A, parificandoli ai soggetti assunti dopo la stipula dell'accordo, ma solo a tali fini:
r) pertanto, il suddetto comportamento datoriale - non producendo effetti sul computo dell'anzianità di servizio o del valore degli scatti di anzianità - non viola la D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, comma 5, convertito con modificazioni dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863, come si desume anche dalla giurisprudenza di
legittimità;

s) nella stessa ottica va interpretata l'altra disposizione dell'Accordo del 2001 - qui richiamata - ove si prevede per il "personale attualmente in forza che assumerà successivamente al'inquadramento di prima applicazione e a qualsiasi titolo un nuovo parametro retributivo", l'attribuzione delle CAU della tabella B, in aggiunta a quelle della tabella A;

t) anche in questo caso, infatti, la previsione va intesa nel senso di riferirsi agli unici dipendenti per i quali si poneva il problema di evitare la riduzione del trattamento economico in atto e cioè ai dipendenti in servizio a tempo determinato alla data del 27 novembre 2000, cui non a caso vengono contrapposti i nuovi assunti. 2.- Il ricorso di R D V, G P e P G domanda la cassazione della sentenza per cinque motivi;
resiste, con controricorso, ANM - AZIENDA MOBILITÀ NAPOLETANA s.p.a..
Entrambe le parti depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ.. MOTIVI DELLA DECISIONE
I - Sintesi dei motivi di ricorso.
1.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del diritto di difesa degli appellati, in
riferimento agli artt. 434 e 437 c.p.c., e art. 329 c.p.c., comma 2. Si rileva che la Corte d'appello, limitandosi a esaminare il solo problema della novità dei motivi di appello, ha del tutto omesso di prendere in considerazione le censure dei lavoratori in merito a: 1) la possibilità di introdurre argomenti nuovi oltre a quelli già proposti nel giudizio di primo grado, anche con riguardo alla lesione del diritto di difesa (connessa alla introduzione, da parte dell'Azienda convenuta, soltanto nelle note difensive di questioni di diritto nuove rispetto a quelle già proposte nella memoria di costituzione, corredata dalla produzione di ulteriore documentazione);
2) le conseguenze (passaggio in giudicato) della mancata impugnazione della sentenza di primo grado nella parte in cui esclude che possa tenersi conto di motivi di diritto dedotti tardivamente.
Peraltro, anche la - come si è detto, diversa - questione della novità dei motivi d'appello è affrontata, nella sentenza impugnata, in modo inesatto e con motivazione contraddittoria, in aperto contrasto con gli artt. 434 e 437 c.p.c., considerando prevalenti, ai fini della identificazione della materia del contendere e dell'esclusione della novità delle prospettazioni svolte in appello, i seguenti elementi;
1) identità della documentazione da cui risulta la stipulazione dei CFL nei confronti dei ricorrenti e di quella esibita da ANM;
2) identità della complessiva disciplina collettiva di riferimento (per CFL e contratti a termine);
3) sussistenza a carico dei lavoratori dell'onere di dimostrare la fondatezza delle proprie domanda sulla base del quadro normativo da loro richiamato. Infatti, secondo quanto affermato anche dal primo giudice, la disciplina contrattuale esibita dalla ANM riguarda soltanto i contratti a termine e, d'altra parte, la ANM solo in appello ha affermato - per la prima volta in assoluto - che la questione relativa alla violazione della L. n. 863 del 1984, art. 3, "non ha nulla a che vedere con la fattispecie in esame" ed ha fornito la spiegazione di tale assunto.
Inoltre, anche l'affermazione della Corte partenopea secondo cui era onere dei ricorrenti dimostrare la fondatezza delle proprie domande sarebbe in contrasto con l'art. 437 c.p.c., perché i lavoratori, come risulta dalla sentenza di primo grado, la prova a loro carico l'avevano data, sicché era onere della ANM di addurre le prove contrarie.

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