Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/12/2022, n. 36439
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Testo completo
La ricorrente propone otto motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento notificati dalla Regione Lazio, per il pagamento per l'anno 2013 dell'Imposta Regionale sulle Emissioni Sonore degli Aeromobili (IRESA) in fase di decollo ed atterraggio;
tributo già istituito dallo Stato L. n. 342 del 2000, ex artt. 90 segg., e poi trasferito alle Regioni L. n. 68 del 2011, ex art.
8. La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che l'imposta in questione non può ritenersi in contrasto con gli artt. 3, 53, 199 e 117 Cost., nè con la L. n. 324 del 2000, artt. 90 e ss. che non sussistono i presupposti per sollevare la questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE, e che non vi è contrasto con la Direttiva 30/2002/CE che gli avvisi di accertamento in esame devono ritenersi validi e sufficientemente motivati e che non può essere invocata per l'anno di imposta in questione la nuova tariffa prevista dalla L.R. n. 11 del 2015, stante la irretroattività della norma tributaria. Si è costituita con controricorso la Regione Lazio II Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso. La Regione Lazio, depositando note di trattazione scritta, si è associata alle conclusioni del Procuratore generale.
La causa è stata trattata alla udienza pubblica del 19 ottobre 2022, in camera di consiglio, in base alla disciplina (successivamente prorogata) dettata dal sopravvenuto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, senza l'intervento in presenza fisica del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione e falsa applicazione della L.R. n. 11 del 2015 e del D.L. n. 145 del 2013, art. 13, comma 15 bis (convertito nella L. n. 9 del 2014) e della sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 2015. La ricorrente deduce che ha errato il giudice d'appello a non applicare le tariffe previste dalla Legge Regionale n. 11 del 2015 posto che i nuovi importi più favorevoli alla contribuente, sostituiscono quelli previgenti e ciò per adeguarsi alla legge nazionale, che ha fissato un tetto tariffario;
che la modifica è efficace a partire dal 22 febbraio 2014 ed è stata preceduta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 9 febbraio 2015, da applicarsi a tutti rapporti pendenti, sentenza che ha rigettato il ricorso della Regione Lazio volto a contestare la legittimità del tetto tariffario imposto dal legislatore nazionale. Osserva che la Legge Regionale n. 11 del 2015, in definitiva non si limita a modificare gli importi previgenti, ma li sostituisce con portata retroattiva.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.L n. 145 del 2013, art. 13, comma 15 bis (convertito nella L. n. 9 del 2014), e della sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 2015, e ciò in relazione alla competenza esclusiva allo Stato in materia ambientale e alla tutela della concorrenza, nonchè al principio di non contraddizione all'interno dell'ordinamento nazionale, da cui l'incompatibilità della legge regionale con quella statale. La ricorrente deduce che applicando una aliquota superiore ad Euro 0,50/ton. per tonnellate si determinerebbe per insindacabile scelta del legislatore nazionale l'emersione di effetti distorsivi della concorrenza della norma mira ad evitare.
3.- Con il terzo motivo la ricorrente ha dedotto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione del D.L n. 145 del 2013, art. 13, comma 15 bis e della sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 2015;
ciò sulla base delle stesse censure di cui al terzo motivo, si deduce che la legge regionale in quanto un contrasto con la legge nazionale è da considerarsi incompatibile e quindi abrogata.
4.- Con il quarto e quinto motivo del ricorso si lamenta i sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione e falsa applicazione della direttiva n. 30/2002/CE, e dell'art. 267 TFUE, con richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in ragione della incompatibilità tra la Legge Regionale n. 2 del 2013 e la suddetta Direttiva, in quanto la Direttiva non consentirebbe l'applicazione dell'imposta in questione senza la previa determinazione, da parte della Regione, di un piano complessivo di misure volte a contenere le emissioni sonore aeree negli scali aeroportuali e nelle zone limitrofe, secondo quanto stabilito dall'allegato II alla Direttiva;
e ciò previa adozione di tutta una serie di adempimenti strumentali (monitoraggio dell'inquinamento acustico specifico, obiettivi di contenimento del medesimo, analisi costi-benefici e conformazione dell'imposizione al minor costo possibile per il vettore, termine di applicazione dell'imposta). Deduce che pertanto la normativa regionale andrebbe disapplicata, ovvero sollevata la questione pregiudiziale innanzi alla CGUE o in alternativa il giudice nazionale dovrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale, poichè la Regione ha istituito il tributo ignorando tutti gli adempimenti previsti dalla Direttiva.
5.- Con il sesto motivo e settimo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione della L. n. 342 del 2000, artt. 90 e 92 e della sentenza della Corte Costituzionale n. 13/2015 nonchè degli artt. 117 e 119 Cost. con richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte Costituzionale. La ricorrente deduce che la L. n. 342 del 2000, artt. 90 e 92 stabiliscono la destinazione del tributo prioritariamente alle finalità ambientali e di contro la normativa regionale prevede che il gettito del tributo in questione sia assegnato soltanto per il 10% ad un fondo vincolato ad indennizzare le popolazioni residenti nei luoghi degli scali aerei, dunque consentendo che il residuo 90% venga attratto, come voce "tributo indiretto", alla fiscalità regionale generale. La Regione ha quindi disatteso il vincolo esplicitamente previsto dalla L. n. 342 del 2000, artt. 90 e ss. così violando l'art. 117 Cost., poichè la competenza legislativa regionale deve esercitarsi nel rispetto dei principi fondamentali posti dalla legislazione statale;
e sul punto il legislatore nazionale ha assunto il criterio della priorità come specifica regola di diritto che vede essere rispettata dalla Regioni nella destinazione del gettito.
6.- Con l'ottavo motivo di ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 e 4 la violazione degli artt. 3 e 53 Cost. e art. 119 Cost., comma 2, per avere il legislatore regionale fatto gravare l'imposta in questione sui soli vettori aerei, e non sulla collettività di coloro che operano e risiedono nel territorio in cui la Regione Lazio svolge le sue attività istituzionali al cui finanziamento nella misura del 90% è diretto il tributo pagato;
con ciò si realizza una violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), la violazione del principio della universalità della imposta diretta al finanziamento delle spese pubbliche (53 Cost.) e la violazione del principio di razionalità e ragionevolezza nell'esercizio della attività legislativa (art. 119 Cost) 7.- Preliminarmente si osserva che la Regione Lazio eccepisce la inammissibilità del ricorso per cassazione per violazione dell'art. 366 c.p.c., n. 3), stante la mancata, seppur concisa, ricostruzione dei fatti di causa (modalità e motivi del ricorso originario in opposizione agli avvisi;
costituzione in giudizio ed eccezioni della Regione;
ricostruzione dell'esito e delle motivazioni della sentenza di primo grado;
illustrazione dei motivi di appello e sintesi della sentenza impugnata).
L'eccezione è infondata.
Soltanto ove il ricorso per cassazione manchi completamente dell'esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile (Cass. n. 6611/22;
Cass. sez. un. 11308/14), mentre di contro deve ritenersi ammissibile quando come nella specie- pur connotato da una rievocazione dei fatti di causa estremamente succinta ed essenziale non precluda in alcun modo l'esatta comprensione degli elementi fondamentali della controversia e del nucleo argomentativo sotteso alle varie doglianze.
E tanto più ciò va affermato in ragione della natura prettamente tecnico-giuridica che, fin dal ricorso introduttivo, la controversia ha assunto, con riguardo ai vari profili di (asserita) illegittimità dell'imposta pretesa che si ritrovano, nel ricorso per cassazione, tutti puntualmente ed efficacemente ripercorsi secondo i suddetti caratteri legali.
8.- I motivi, strettamente connessi, sono da esaminare congiuntamente.
Per evidenti ragioni di chiarezza espositiva e di economia processuale, risulta utile ricostruire, sia pure nelle sue linee essenziali, il quadro normativo di riferimento.
9.- Il tema del bilanciamento degli interessi dei cittadini, cui garantire un adeguato livello della qualità della vita e di quelli economici sono stati alla base della disciplina elaborata dal legislatore in ambito internazionale il quale, tenendo conto degli indirizzi affermati a partire dagli anni sessanta dall'Organizzazione Internazionale dell'Aviazione civile (ICAO - International Civili Avation Organization) ha considerato sia la necessità di soddisfare la crescente domanda del trasporto aereo, sia la essenziale salvaguardia dell'ambiente.
I principi elaborati in sede ICAO sono stati recepiti dal legislatore comunitario solo in epoca recente.
Al fine di soddisfare le evidenziate esigenze tra loro confliggenti (garantire la competitività del trasporto aereo, da un lato, ed assicurare la salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini, dall'altro), l'Unione Europea, sulla base delle indicazioni fomite dall'ICAO, ha emanato due importanti direttive, la n. 2002/30/CE