Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/06/2023, n. 15748

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Il provvedimento analizzato è una sentenza della Corte di Cassazione, emessa dal Consigliere estensore F. La controversia ha visto contrapposte l'Agenzia delle Entrate e una società operante nel settore della commercializzazione di tartufi. L'Agenzia ha contestato alla società l'emissione di fatture d'acquisto da un fornitore fittizio, sostenendo che ciò fosse parte di una frode carosello, e ha richiesto il recupero dell'IVA non versata, oltre a sanzioni. La società, dal canto suo, ha eccepito l'assenza di consapevolezza riguardo alla frode e ha contestato la validità dell'accertamento per decadenza.

Il giudice ha accolto le argomentazioni della società, ritenendo che l'Agenzia non avesse fornito prove sufficienti della consapevolezza della frode da parte della contribuente. La Corte ha sottolineato che l'onere della prova gravava sull'Amministrazione, la quale non era riuscita a dimostrare la partecipazione della società al meccanismo fraudolento. Inoltre, il giudice ha evidenziato che la società non poteva essere considerata colpevole per non aver rilevato irregolarità nel fornitore, data la mancanza di elementi che potessero destare sospetti. Pertanto, la sentenza della Commissione tributaria regionale è stata confermata, rigettando il ricorso dell'Agenzia e condannandola alle spese processuali.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/06/2023, n. 15748
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15748
Data del deposito : 5 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 4782-2018, proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, cf 06363391001, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis- Ricorrente

CONTRO

ACQUALAGNA TARTUFIs.r.l., c.f. 02149640415, in persona del suo legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. F M, che dichiara di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo - Controricorrente Avverso la sentenza n. 377/01/2017della Commissione tributaria regionale delle Marche, depositata l’11.07.2017;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 13 dicembre 2022 dal Consigliere dott. F F, Accertamento –Operaz. Sogg. Inesistenti -Prova RGN 4782/2018 Consigliere est. F sentite le conclusioni della Procura Generale, nella persona del Sost. Proc. Generale A C, che ha chiesto il rigetto del r icorso ;
uditi gli avvocati, FATTI DI CAUSA A conclusione di una verifica generale condotta da militari della GdF relativamenteagli anni d’imposta 2007/2009, l’Agenzia delle entrate notificò alla Acqualagna Tartufi s.r.l. l’avviso d’accertamento con cui, per quanto qui di interesse e per l’anno 2007, furideterminato l’imponibile ai fini iva, con conseguente recupero ad imposta d ell’importo di € 69.039 , 0 0 . Furono conseguentemente comminate le relative sanzioni. L’ufficio aveva ritenuto che la società, esercente attività di commercializzazione (previa lavorazione e conservazione) di frutta e ortaggi, e più nello specifico di tartufi, avesse partecipato ad una cd. “frode carosello”, emettendo fatture d’acquisto del prodotto dalla società fittizia “Principe s.r.l.”, in realtà acquistate direttamente da altri soggetti, i cd. cavatori, nell’intento di fruire di vantaggi fiscali(sottrarsi all’applicazione dell’art. 1, comma 109 della l. 30 dicembre 2004, n. 311 - legge finanziaria 2005 - , che imponeva l’obbligo di autofatturazione per l’acquisto di tartufi da raccoglitori dilettanti privi di partita iva -cavatori-, con obbligo di versamento dell’iva autofatturata senza diritto alla detrazione). Instaurato il contenzioso dalla società, la Commissione tributaria provinciale di Pesaro con sentenza n. 144/01/2016 rigettò il ricorso. L’appello della contribuente fu invece accolto dalla Commissione tributaria regionale delle Marche con sentenza n. 377/01/2017, ora al vaglio della Corte. Il giudice regionale ha ritenuto che le emergenze documentali escludevano la partecipazione della contribuente al meccanismo della frode carosello, mancando la pro va, sotto il profilo soggettivo, della consapevolezza della frode, né potendosi addebitare un colpevole affidamento nei confronti della società cedentePrincipe s.r.l., le cui carenze organizzative e irregolarità fiscali non erano conoscibili dall’acquiren te , secondo gli obblighi su di essa gravanti,per le modalità con cui i rapporti commerciali erano stati tenuti. Il giudice regionale ha inoltre evidenziato come fosse del tutto assente la prova, di cui l’Amministrazione finanziaria era pur onerata, dell’approvvigionamento del tartufo dai cavatori e d el RGN 4782/2018 Consigliere est. F pagamento in nero di questi, venendo dunque meno il movente del mascheramento di tali rapporti con operazioni soggettivamente inesistenti. L’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza, della quale ha invocato la cassazione, affidandosi ad un unico motivo. La società ha resistito con controricorso, in subordine ribadendo “a titolo cautelativo” l ’eccezione, respinta dal giudice d’appello, di declaratoria di nullità dell’accertamento per decadenza dalla potestà impositiva. All’esito dell’udienza pubblica del 13 dicembre 2022 la causa è stata riservata e decisa. La controricorrente e l’Agenzia delle entrate hannodepositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate si duoledella violazione e falsa applicazione degli artt.19, comma 1, e 54, comma 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., 115 e 116 del cod. proc. civ., nonché della giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per l’erroneità della sentenza d’appello,laddove ha ritenuto che l’Ufficio non avesse dato prova “della piena consapevolezza del meccanismo fraudolento” da parte della società, ovvero che questa “fosse consapevole del meccanismo fraudolento”. Nello specifico la ricorrente critica l’illogica valorizzazione dei duraturi rapporti tra i soci ed i soggetti tramite i quali la società si è relazionata con la Principe s.r.l. Critica le argomentazioni da cui il giudice regionale avrebbe tratto il convincimento della incolpevole ignoranza delle irregolarità e inconsistenze organizzative della fittizia fornitrice dei tartufi. Denuncia l’inconsistenza delle circostanze relative alla regolarità dei pagamenti eseguiti mediante assegni o degli elementi che supportavano l’affidabilità del D I, soggetto con cui la contribuente si interfacciava per trattare dell’acquisto e consegna dei tartufi. Il motivo è infondato. Secondo la prospettazione difensiva dell’ufficio il quadro indiziario a carico della società, alla luce della disciplina invocata e della giurisprudenza euro-unitaria, era idoneo a supportare l’atto impositivo, in applicazione del principio secondo cui l’indetraibilità dell’iva può escludersi solo per quei RGN 4782/2018 Consigliere est. F soggetti passivi esenti da colpa per non avere o non poter avere conoscenza della partecipazione ad una frode iva. La commissione regionale avrebbe al contrario valorizzato elementi inidonei a superare tale principio, errando anche nel governo delle regole poste a presidio del riparto dell’onere probatorio. Deve premettersi che il caso di specie afferisce alla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti nell’ambito di una frode carosello attuata nel commercio di tartufi, nella quale -secondo la prospettazione dell’Amministrazione finanziaria- si riteneva coinvolta l’odierna controricorrente, per aver acquistato la merce in regime ordinario, con conseguente detrazione dell’iva pagata sul prezzo, laddove la cedente era solo una società fittizia, che in realtà mascherava l’acquisto dei tartufi da “cavatori”, privi di partita iva. Ciò per evitare l’applicazione della disciplina introdotta con l. n. 311 del 2004, il cui art. 1, comma 109,prevedeva che per tali acquisti spettasse all’acquirente, in regime di inversione contabile, autofatturareil tubero, pagando l’iva senza poterla detrarre. Ciò chiarito, in termini generalie con riguardo alle modalità di utilizzo e valorizzazione delle prove indiziarie, di cui il ricorso denuncia sostanzialmente un malgoverno, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 cod. civ. alla fattispecie concreta, poiché se è devoluto al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, nel violare i criteri giuridici in tema di formazione dellaprova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (Cass., 26 gennaio 2007, n. 1715;
5 maggio 2017, n. 10973;
15 novembre 2021, n. 34248;
cfr. anche, 13 ottobre 2005, n. 19984). Peraltro, ai fini dell’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva, che, anche sola, è sufficientenel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti accertati dalla Amministrazione (Cass., 8 aprile 2009, n. 8484;
15 gennaio 2014, n. 656;
26 settembre 2018, n. 23153;
28 aprile 2021, n.RGN 4782/2018 Consigliere est. F 11162), quando manca tale convergenza qualificante ènecessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova. La giurisprudenza di legittimità ha peraltro tracciato il corretto procedimento logico,che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (ex multis, cfr. Cass., 16 maggio 2017, n. 12002;
12 aprile 2018, n. 9059;
25 ottobre 2019, n. 27410). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria. Quanto poi alla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno in una frode carosello, questa Corte ha affermato che in tema di IVA, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a tale tipo di operazioni, incombe sulla stessa l'onere di provare la consapevolezza nel destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo,usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente;
ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., 20 aprile 2018, n. 9851;
30 ottobre 2018, n. 27566;
20 luglio 2020, n. 15369). Di recente, quanto alregime del reverse charge o inversione contabile - con principi elaborati in riferimento al commercio di materiale ferroso, ma le cui argomentazioni possono trovare applicazione generale-, si è affermato RGN 4782/2018 Consigliere est. F che secondo i principi di diritto enunciati dalla Corte di giustizia della UE,il diritto di detrazione dell'imposta relativa ad un'operazione di cessione di beni non può essere riconosciuto al cessionario che, sulla fattura emessa per tale operazione,in applicazione del suddetto regime, abbia indicato un fornitore fittizio allorquando, alternativamente, il medesimo cessionario: a) abbia egli stesso commesso un'evasione dell'IVA, ovvero sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto di detrazione s'iscriveva in una simile evasione;
b) sia semplicemente consapevole della indicazione in fattura di un fornitore fittizio e non abbia fornito la prova che il vero fornitore sia un soggetto passivo IVA (Cass., 10 febbraio 2022, n. 4250). Si tratta di interpretazione ancora più rigorosa in termini di prova richiesta al cessionario e comunque relativa alle ipotesi in cui trova applicazione il regime del reverse charge, estraneo a caso di specie, come sarà appresso chiarito. E tuttavia essa merita un cenno nella fattispecie ora al vaglio della Corte, atteso che la prospettazione accusatoria dell’Amministrazione finanziaria è quella secondo cui la frode carosello denunciata avrebbe avuto quale finalità il mascheramento dell’acquisto del tubero da “cavatori” occasionali, regolatodalla l. n. 311 del 2004 con regime di inversione contabile e senza diritto di detrazione dell’Iva. Ebbene, è stato chiarito che «[…] 2.9. la Corte di giustizia (
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