Cass. pen., sez. VI, sentenza 09/05/2023, n. 19462
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Testo completo
eguente SENTENZA sul ricorso proposto da M M G, nato a Cosenza il 23/12/1988 avverso l'ordinanza del 4-5/10/2022 emessa dal Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera P D N T;
sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale N L, che ha concluso chiedendo di accogliere e annullare cn rinvio il provvedimento impugnato;
sentiti gli avvocati G G e V B, nell'interesse di M G M, che hanno insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza di cui in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, decidendo sulla richiesta di riesame, ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata a M G M dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, per il reato di lesioni ai danni di A M, colpito al capo con un casco da motociclista, presso il suo negozio di frutta e verdura, per essersi permesso di avanzare rimostranze nei confronti di M così mancando di rispetto sia a lui che al suo riferimento criminale M P, fatto aggravato dall'art. 416-bis cod. pen. per avere agito con modalità mafiose e per agevolare l'associazione di ndrangheta.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M G M, tramite i suoi difensori di fiducia, articolando diversi motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. coord. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 110,115, 582 e 585, 576 n.1, cod pen. e 273 cod. proc. pen. Il provvedimento impugnato è fondato sulle conversazioni intercettate in ambientale riportate non solo parzialmente, ma in modo parcellizzato, limitato alle parti di interesse accusatorio, senza inserirle nel contesto tanto da alterarne sostanzialmente il contenuto. Con specifico riferimento alle intercettazioni del 13 settembre 2019 (prog 2686 e 2689 riportate nel ricorso integralmente), sebbene emerga che M cerchi di risolvere il problema prospettatogli dalla persona offesa in modo pacifico, il provvedimento impugnato qualifica apoditticamente detto atteggiamento come intimidatorio, nella consapevolezza del ricorrente di potersi rivolgere a P, quale boss indiscusso della criminalità organizzata. Si tratta di un argomento non fondato su elementi di fatto e che contrasta con la circostanza che M non è indagato neanche quale concorrente esterno dell'associazione mafiosa, non ha precedenti di criminalità organizzata, invita più volte M P, capo clan, a desistere. Il Tribunale non opera con argomenti logici quando attribuisce a M la responsabilità di sapere
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera P D N T;
sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale N L, che ha concluso chiedendo di accogliere e annullare cn rinvio il provvedimento impugnato;
sentiti gli avvocati G G e V B, nell'interesse di M G M, che hanno insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza di cui in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, decidendo sulla richiesta di riesame, ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata a M G M dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, per il reato di lesioni ai danni di A M, colpito al capo con un casco da motociclista, presso il suo negozio di frutta e verdura, per essersi permesso di avanzare rimostranze nei confronti di M così mancando di rispetto sia a lui che al suo riferimento criminale M P, fatto aggravato dall'art. 416-bis cod. pen. per avere agito con modalità mafiose e per agevolare l'associazione di ndrangheta.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M G M, tramite i suoi difensori di fiducia, articolando diversi motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. coord. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 110,115, 582 e 585, 576 n.1, cod pen. e 273 cod. proc. pen. Il provvedimento impugnato è fondato sulle conversazioni intercettate in ambientale riportate non solo parzialmente, ma in modo parcellizzato, limitato alle parti di interesse accusatorio, senza inserirle nel contesto tanto da alterarne sostanzialmente il contenuto. Con specifico riferimento alle intercettazioni del 13 settembre 2019 (prog 2686 e 2689 riportate nel ricorso integralmente), sebbene emerga che M cerchi di risolvere il problema prospettatogli dalla persona offesa in modo pacifico, il provvedimento impugnato qualifica apoditticamente detto atteggiamento come intimidatorio, nella consapevolezza del ricorrente di potersi rivolgere a P, quale boss indiscusso della criminalità organizzata. Si tratta di un argomento non fondato su elementi di fatto e che contrasta con la circostanza che M non è indagato neanche quale concorrente esterno dell'associazione mafiosa, non ha precedenti di criminalità organizzata, invita più volte M P, capo clan, a desistere. Il Tribunale non opera con argomenti logici quando attribuisce a M la responsabilità di sapere
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