Cass. civ., SS.UU., sentenza 30/03/2018, n. 8038
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L'art. 3, comma 2, l. n. 247 del 31 dicembre 2012 costituisce norma di chiusura intesa ad individuare le condotte che hanno rilevanza disciplinare fra quelle, contenute nel nuovo codice deontologico forense ed attinenti ai doveri di probità, dignità, decoro, indipendenza, fedeltà, diligenza, segretezza e riservatezza, che rispondono alla tutela del pubblico interesse al corretto esercizio della professione. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il Consiglio Nazionale Forense aveva ravvisato la sussistenza dell'illiceità della condotta posta in essere da un avvocato, consistita nell'avere minacciato un collega di denuncia penale, ove non gli avesse rivelato delle informazioni coperte da segreto professionale).
Il "comportamento complessivo dell'incolpato" contenuto nell'art. 21, comma 2, del nuovo codice deontologico forense, in riferimento alla congruità, nel merito, della sanzione, assume una valenza autonoma tale da prescindere dall'ipotesi relativa ad una pluralità di violazioni poiché, al fine di determinare la sanzione in concreto, non possono non venire in considerazione la gravità dell'infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell'incolpato e il suo comportamento successivo al fatto.
Sul provvedimento
Testo completo
N° 80 38-18 Disciplinare avvocati ITALIANAREPUBBLICA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Signori magistrati : - Primo Presidente f.f. Dott. R RRF е.м. Dott. G AO Presidente Sezione - Presidente Sezione Dott. R VI Dott. P C - Rel. Consigliere Reg.G. 771/2017 Dott. Enrica D'ANTONIO - Consigliere Cron. 8032 Dott. D C - Consigliere Dott. C D C - Consigliere UP 6.6.2017 Dott. F D S - Consigliere Dott. A G - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 771/2017 R.G. proposto da: 407 B GE no, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via rappresentato e difeso dagli avv.ti P V e G C- Cattaro, n. 28;
- ricorrente -
contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VENEZIA PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSZIONE
- intimati -
avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense, n. 291, deposi- tata in data 28 settembre 2016;
sentita la relazione svolta all'udienza pubblica del 6 giugno 2017 dal consigliere dott. P C;
sentito per il ricorrente l'avv. V;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Ge- nerale dott. L S, il quale ha concluso per il rigetto del ri- corso.
FATTI DI CAUSA
1. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Venezia, con provvedimen- to depositato in data 7 ottobre 2010, irrogava la sanzione della cen- sura all'avv. G B, incolpato delle violazioni di cui agli artt. 5, 6, 22, 48 e 60 del codice deontologico forense, per aver richiesto al collega avv. Alessandro D, nell'ambito di un procedimento di separazione personale dei coniugi, da essi rispettivamente assistiti, "di fornire l'identità delle persone che avevano riferito alla moglie 2 sull'infedeltà del marito, prospettandogli, in alternativa, la proposizio- ne di una querela da parte del cliente, querela poi dallo stesso redatta e presentata dal cliente che presso il di lui studio eleggeva domicilio".
2. Con sentenza depositata in data 28 settembre 2016 il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato l'impugnazione proposta dall'avv. Ba- scelli, disattendendo le doglianze fondate sulla violazione degli artt. 42 e 43 del R.D. n. 37 del 1934, perché il COA non era stato presie- duto, in assenza del Presidente, dal consigliere più anziano e perché il collegio giudicante aveva deliberato con il concorso di soli nove consi- glieri rispetto ai dodici presenti, nonché per difformità tra contesta- zione e decisione ed, infine, per travisamento dei fatti.
3. Quanto ai motivi di impugnazione concernenti il merito, il Consiglio Nazionale Forense, dopo aver proceduto a una complessiva ricostru- zione della vicenda, ha posto in evidenza, in relazione alla specifica incolpazione, che l'avv. B, con la propria iniziativa (richiesta all'avv. D di fornire l'identità delle persone che avevano infor- mato la moglie del proprio cliente circa l'infedeltà dello stesso, onde evitare di essere da detto cliente querelato) aveva in sostanza posto il proprio collega "di fronte a due alternative entrambe da rifiutare: vio- lare il segreto professionale o vedersi attinto da una denuncia pena- le". E' stato quindi rilevato che la sollecitazione nei confronti del col- lega alla commissione di un illecito non poteva essere giustificata dal dovere di fedeltà nei confronti del cliente, che non può "sconfinare nell'illecito o addirittura, come nello specifico, nella minaccia di un male ingiusto".
4. Per la cassazione di tale decisione l'avv B propone ricorso, affidato a cinque motivi. La parte intimata non svolge attività difensiva. 3 RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo si deduce la violazione del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, art. in quanto il collegio giudicante, in assenza del pre- sidente, era stato presieduto dall'avv. S G, che non era il più anziano dei presenti.
1.1. La censura è infondata, giacché, come rilevato nella sentenza impugnata, le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli territoriali dell' Ordine degli avvocati e il relativo procedimento, rive- stono natura amministrativa e non giurisdizionale (Cass., Sez. U, 6 maggio 2016, n. 9138;
id., 18 novembre 2015, n. 23540;
id., 22 di- cembre 2011, n. 28339), con le conseguenze che ne ha tratto il CNF in merito alla disciplina procedimentale. Viene in particolare in rilievo il principio, già affermato da queste Sezioni unite, secondo cui, do- vendosi applicare al procedimento disciplinare che si svolge innanzi al Consiglio dell'ordine locale, ancorché in via analogica - trattandosi pur sempre di un procedimento «amministrativo» e non «giurisdizionale»> - le norme del processo civile, viene in considerazione anche la rego- la generale, posta dall'art. 157, comma 2, cod. proc. civ., secondo cui soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può oppor- re la nullità dell'atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza, o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso» (in termini generali, per l'affermazione che l'art. 157, comma 2, cod. proc. civ. è applicabile, in difetto di norme speciali, anche al procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati, Cass., Sez. U, 12 novembre 2003, n. 17013).
1.2. Correttamente il Consiglio Nazionale Forense, preso atto che l'avv. B non aveva denunziato, innanzi al Consiglio locale, il vi- zio in esame, ha escluso che la censura potesse essere prospettata per la prima volta in sede di impugnazione del provvedimento conclu- 4 sivo del procedimento (v. anche Cass., Sez. U, 28 ottobre 2005, n. 20997).
2. Del pari infondato è il secondo motivo, con cui si denuncia la viola- zione del r.d. n. 37 del 1934, art. 34, per aver concorso a formare il Collegio giudicante del COA di Venezia soltanto nove