Cass. pen., sez. I, sentenza 12/04/2023, n. 15397
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: L A nato a POZZUOLI il 20/12/1978 DI R A nato a POZZUOLI il 13/02/1975 avverso la sentenza del 15/01/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di NIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere D F;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore E CA ehe h-a eemelms,p eh.iedenclo Il PG conclude chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi. udito il difensore E' presente l'avvocato DE V L del foro di NI per la Parte Civile COMUNE DI POZZUOLI (NI). Sono presenti gli avvocati V A V del foro di ROMA e M M del foro di NI, in sostituzione, come da nomina depositata in udienza, dell'avvocato A A del foro di NI in difesa di L A. L'avvocato DE V conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata. Deposita le conclusioni e la nota spese. L'avvocato M conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. L'avvocato V A conclude insistendo per l'accoglimento dei motivi del ricorso.RITENUTO IN FATTO 1. L A e D R A ricorrono avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Napoli del 15 gennaio 2021 che, per quello che qui interessa, ha confermato la sentenza resa dal G.u.p. del Tribunale di Napoli il 13 febbraio 2020 all'esito di giudizio abbreviato, con la quale L era stato condannato all'ergastolo e D R alla pena di anni diciotto e mesi otto di reclusione, in ordine ai seguenti reati: - L: a) omicidio aggravato dalla premeditazione e dall'agevolazione dell'associazione per delinquere di tipo camorristica facente capo a Longobardi Gennaro, ai sensi degli artt. 575, 576, primo comma, n. 1, 577, primo comma, n. 3, e 416-bis.1 cod. pen., perché, in concorso con ter2:e persone e quale esecutore materiale del reato, il 26 giugno 2008 aveva esploso numerosi colpi di arma da fuoco all'indirizzo di Iacuaniello Michele e D B Gennaro, cagionandone la morte;b) detenzione e porto illegale di armi aggravato dall'agevolazione mafiosa, ai sensi degli artt. 10, 12 e 14 legge 14 ottobre 1974, n. 497 e 416-bis.1 cod. pen., perché il 26 giugno 2008, allo scopo di commettere il reato di cui al capo a, aveva detenuto e portato in luogo pubblico una pistola mitragliatrice Uzi SMG (arma da guerra), e relativo munizionamento;- L e D R: c) omicidio aggravato dalla premeditazione e dall'agevolazione dell'associazione per delinquere di tipo camorristica facente capo a Longobardi Gennaro, ai sensi degli artt. 575, 577, primo comma, n. 3, e 416-bis.1 cod. pen., perché il 5 febbraio 2008 in Pozzuoli, in concorso tra loro e con altre persone (L con il ruolo di esecutore materiale del reato e D R con il ruolo di fornitore delle armi), avevano esploso numerosi colpi di arma da fuoco all'indirizzo di P Gennaro, cagionandone la morte. 2. Con ricorso a firma dell'avv. Antonio A, Luongc n denuncia erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 62 bis cod. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché il giudice di appello avrebbe motivato il diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche solo in forza dei precedenti penali dell'imputato. Il giudice di merito, per di più, non avrebbe considerato che il reato associativo per il quale l'imputato era stato già condannato era strettamente collegato con i reati oggetto del presente procedimento, tanto che la difesa, con uno dei motivi dell'atto di appello, aveva chiesto l'applicazione della disciplina della continuazione tra i reati. La Corte di assise di appello, poi, non avrebbe correttamente valorizzato la collaborazione processuale dell'imputato, il quale, dopo aver scelto il rito abbreviato, aveva fugato ogni dubbio in ordine alla propria partecipazione ai fatti con la sua ammissione processuale (fornendo dichiarazioni confessorie perfettamente coincidenti con quelle poi rese da P), quando la prova a suo carico era contraddittoria. L'imputato, infine, aveva rinunciato in appello a ulteriori e diversi motivi di gravame, così ulteriormente agevolando il compito del giudice di secondo grado. In sintesi, secondo il ricorrente, il giudice di merito avrebbe in maniera errata omesso di concedere le circostanze attenuanti generiche, senza considerare la condotta successiva al reato, indicativa di una positiva evoluzione in atto della personalità del condannato. 3. Con ricorso a firma dell'avv. V V A, L articola tre motivi. 3.1. Con il primo motivo, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 62 bis e 133 cod. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di assise di appello, ignorando quanto evidenziato dalla difesa nella memoria ex art. 121 cod. proc. pen., avrebbe omesso di valutare le discrasie emerse nel confronto tra le varie dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Nel ricorso, infatti, si evidenzia che il giudice di secondo grado avrebbe apprezzato diversamente l'utilità della confessione dell'imputato se solo avesse accertato che le dichiarazioni rilasciate da M, P e D F non avevano trovato riscontri tra di loro e che queste dichiarazioni erano generiche e, in alcuni casi, in evidente contrasto con dati probatori. Nel ricorso, infine, si evidenzia che il giudice di merito non avrebbe correttamente valorizzato la scelta dell'imputato di dissociarsi pubblicamente dal contesto criminale dì appartenenza, elemento sintomatico del suo allontanamento dalle dinamiche associative di tipo mafioso. Il ricorrente, pertanto, ritiene che la Corte di assise di appello, senza fornire sul punto alcuna valida motivazione, avrebbe in maniera ingiustificata mancato di concedere le circostanze attenuanti generiche. 3.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 577, primo comma, n. 3, e 133 cod. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché il giudice di secondo grado avrebbe omesso di rispondere al motivo di appello relativo alla circostanza aggravante della premeditazione di cui al duplice omicidio di Iacuaniello e D B. Sempre con riferimento alla predetta circostanza aggravante, il giudice di secondo grado avrebbe fornito una motivazione illogica e carente rispetto all'omicidio di P, considerando che, dalla lettura degli atti, non si rinveniva alcuna concreta programmazione dell'omicidio. Secondo il ricorrente, infatti, la ricostruzione probatoria sulla sussistenza della circostanza aggravante in esame non poteva esaurirsi nel mero accertamento della preventiva acquisizione dei mezzi, dei luoghi e degli strumenti materiali con i quali tradurre in pratica il proposito illecito, anche considerando che l'agguato - da solo - non era sufficiente a dimostrare la sussistenza del processo psicologico di intensa riflessione di fredda determinazione che deve caratterizzare il premeditato proposito di uccidere.
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