Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/06/2004, n. 11358

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/06/2004, n. 11358
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11358
Data del deposito : 17 giugno 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M V - Presidente -
Dott. L F - rel. Consigliere -
Dott. C M F - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
Dott. D I C - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B A, elettivamente domiciliata in

ROMA PZZA MARTIRI DI BELFIORE

2, presso lo studio dell'avvocato D C, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE

CONTRO

GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA IV NOVEMBRE

144, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, G D F, E F, giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI del 20 luglio 2001 REP N. 57578;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 380/00 del Tribunale di SONDRIO, depositata il 23/11/00 - R.G.N. 40/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/03/04 dal Consigliere Dott. F L;

udito l'Avvocato CONCETTI;

Udito l'Avvocato ROMEO per delega DE FERRÀ;

udito il P.M. in persona del sostituto Procuratore Generale Dott.

NAPOLETANO

Giuseppe che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23.11.2000 il Tribunale di Sondrio, decidendo sull'appello proposto da Bonetti Angela nei confronti dell'INAIL, avverso sentenza del Pretore della medesima città, rigettava l'appello, confermando il rigetto della domanda tendente ad accertare che la morte di suo marito B Santino aveva come causa o concausa la tecnopatia silicotica riconosciuta ed indennizzata. La motivazione della sentenza è costituita dal seguente periodo: "La ctu esperita ha inequivocabilemente concluso che la silicosi polmonare di Santino B non può correlarsi causalmente alla malattia che portò a morte il medesimo. Entrambi i consulenti nominati sono stati concordi sul punto".
Propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi la Sonetti;

resiste con controricorso l'INAIL.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 145 del DPR. N. 1124 del 1965, come modificato dall'art. 4 della legge n. 780 del 1975, 2697 c.c., 113, 115, 116 e 132 c.p.c.,
la ricorrente lamenta che il Tribunale ritenuta la silicosi e la presenza di altra malattia polmonare abbia escluso rindennizzabilità della morte in violazione del predetto art. 145 c.p.c. che fa presumere il nesso di causalità, mancando la prova della esclusione del nesso causale. Con il secondo motivo, che si esamina congiuntamente al primo perché connesso, la ricorrente, deducendo il vizio di motivazione, lamenta che il Tribunale non abbia risposto alle osservazioni alla relazione dei CTU con le quali si esponevano le evidenze della letteratura scientifica in tema di rapporto di causalità diretta tra rischio da silicio e tumore, ed inoltre non aveva accertato se la malattia polmonare indennizzata avesse avuto ruolo di concausa nel decesso agevolando l'insorgere del tumore o accelerandone il decorso.
Le censure sono fondate nei limiti in seguito precisati. Con l'esame diretto della consulenza, che si deve ritenere consentito in sede di legittimità in presenza di una motivazione della sentenza per relationem che richiama il contenuto della consulenza, si rileva che la stessa, e di conseguenza la sentenza impugnata, si fondano su un duplice errore di diritto, costituito dal ritenere che il principio affermato dall'art. 145 del DPR n. 1124 del 1965, come modificato dall'art. 4 della legge n. 780 del 1975, si applichi solo alla malattia silicotica in senso stretto e non sia un principio generale, e nel ricondurre il nesso eziologico al criterio della conditio sine qua non e non a quello della equivalenza causale, principio generale dell'ordinamento fissato dall'art. 41 c.p.. Infatti la consulenza, pur avendo accertato il rischio da silicosi ed una rilevante broncopneumopatia indennizzata per silicosi sino al 47%, avendo escluso in base alle risultanze dell'autopsia che la malattia sofferta in vita fosse una silicosi tipica ed accertato che la causa immediata e diretta della morte è stata il carcinoma al tumore, hanno escluso che la malattia polmonare da silicosi, classificata come fibroantracosi polmonare, fosse causa o concausa della morte. Hanno cioè ritenuto che l'unico collegamento possibile tra la morte e la malattia da silicio fosse che questa, secondo la previsione dell'art. 145 del DPR. n. 1124 del 1965. assumesse la forma tipica nodulare della silicosi.
Esclusa la silicosi tipica ed accertato che la causa immediata della morte era il carcinoma, hanno ritenuto esaurita l'indagine, che non si è estesa a due questioni decisive costituite dalla incidenza della malattia da silicosi, dalla quale era affetto il B, comunque inquadrata clinicamente e denominata, sul sorgere della neoplasia e sulla eventuale azione sinergica di essa con la neoplasia nella determinazione e nell'accelleramento dell'exitus. È opportuno trascrivere la norma della quale si denuncia l'erronea applicazione e i principi su di essa enunciati da questa Corte con giurisprudenza costante.
L'art. 145 del DPR N. 1124 del 1965, come modificato dall'art. 4 della legge n. 780 del 197S, recita: "Le prestazioni assicurative
sono dovute: a) in tutti i casi di silicosi o di asbestosi da cui sia derivata la morte ovvero un'inabilità permanente al lavoro superiore al venti per cento;

b) in tutti i casi di silicosi o di asbestosi associate a tubercolosi polmonare in fase attiva, anche se iniziale, qualunque sia il grado di inabilità derivante dalla silicosi od asbestosi. Le prestazioni di cui alla lettera b) del comma precedente si intendono dovute anche nei casi di morte derivata da silicosi o da asbestosi associate a tubercolosi polmonare. " In ordine all'applicazione della norma questa Corte ha precisato:
"Con riguardo all'art. 4,- l. 27 dicembre 1975 n. 780 - che, nel dettare il nuovo testo dell'art. 145, comma 2^, lettera b), d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, ha stabilito il diritto alle prestazioni
assicurative a favore del lavoratore o dei superstiti, nel caso di inabilità o di morte causata da silicosi, anche se di minima gravità, associata a qualsiasi altra forma morbosa dell'apparato respiratorio o cardiocircolatorio, ampliando in tal modo l'ambito di tale tutela - ricorre il nesso di derivazione causale (o concausale) dell'inabilità o della morte da tale malattia, e quindi sussiste il diritto alla prestazione assicurativa dei superstiti, anche nell'ipotesi in cui la silicosi (o comunque una sua conseguenza diretta) abbia avuto, nel determinismo della morte dell'assicurato, il ruolo di mera concausa (pur se minimo) del decesso, anche solo accelerando il decorso della malattia verso l'esito letale. Cass. n. 4931 del 1997. La legge n. 780 del 1975, nel modificare la normativa relativa all'assicurazione obbligatoria contro la silicosi e l'asbestosi, ne ha ampliato l'ambito applicativo - in quanto ha richiesto, ai fini della relativa indennizzabilità, esclusivamente che le suddette patologie siano contratte nell'esercizio dei lavori specificati nell'apposita tabella, rientranti fra quelli per i quali ricorre la tutela antinfortunistica i e ha subordinato il riconoscimento del diritto alla rendita a condizioni di maggior favore con riguardo ai criteri di valutazione del grado di inabilità - ma non ha previsto deroghe ai principi generali in tema di nesso causale. Ne consegue che, per quel che riguarda le ipotesi di cui alla lettera a) dell'art. 145 del t.u. n. 1124 del 1965 (nel testo risultante dall'art. 4 della citata legge n. 780 del 1975), alfine di stabilire se la morte o l'inabilità siano state determinate dalla silicosi o dall'asbestosi o da una patologia che sia conseguenza diretta di dette tecnopatie, si deve fare applicazione del principio dell'equivalenza delle cause (recepito dall'art. 41 c.p.), con la specificazione che la causa sopravvenuta esclude il nesso causale qualora sia da sola sufficiente a determinare l'evento;
mentre, in riferimento alle ipotesi di cui alla lettera b) dell'art. 145 cit., dovendo escludersi che esso abbia introdotto una presunzione di causalità per i casi in cui alla silicosi o all'asbestosi si associno altre forme morbose dell'apparato respiratorio e cardiocircolatorio, occorre accertare in concreto se la morte o l'inabilità siano derivate o meno dalle indicate tecnopatie in concorso causale - sia pure in minima parte ed, eventualmente, solo in termini di un alto grado di probabilità - con la malattia associata, da intendere secondo una nozione squisitamente tecnico - scientifica. Infatti, l'unità anatomo - funzionale dell'apparato cardiaco - respiratorio, pur senza determinare una giuridica presunzione di rapporto causale, esige, tuttavia, che, in presenza di una patologia cardio - circolatoria, si accerti, sia pure attraverso una valutazione adeguatamente probabilistica, l'esistenza o l'inesistenza del contributo causale della silicosi nella determinazione dell'infermità cardiaca o del decesso". Cass. n. 12298 del 2002. Osserva il Collegio che costituisce punto non controverso che il B era affetto da una malattia da inalazione di silice nell'ambiente di lavoro con segni clinici analoghi ad una grave silicosi per la quale fu indennizzato in vita dall'INAIL con percentuali crescenti sino al 47%.
Essendo stato affetto il marito da una malattia di origine professionale all'apparato respiratorio ed essendo morto per un tumore a detto apparato, la Sonetti ha chiesto la costituzione della rendita spettante in conseguenza della morte per tecnopatia invocando la disciplina dell'art. 145 del TU n. 1124 del 1975 e succ. mod.. La giurisprudenza di questa Corte ha escluso che questa norma detti una disciplina speciale in materia per il rapporto di causalità e che, cioè, l'associazione sia mera presenza simultanea della silicosi e dell'altra malattia polmonare che comporti la presunzione del nesso di causalità, ritenendo, invece, che l'associazione debba intendersi in senso tecnico quale reciproca influenza tra le due malattie, ed in questa parte appare infondato il primo motivo di ricorso ove afferma la presunzione di nesso causale derivante della norma. Nel contempo la stessa giurisprudenza ha riaffermato i principi generali in tema di nesso di causalità basati sul principio della equivalenza causale, per il quale è causa dell'evento letale anche la concausa minima, sia nel senso che abbia solo agevolato l'insorgere della malattia letale, sia che agendo simmetricamente con essa abbia accelerato l'exitus.
L'indagine della consulenza appare manchevole in ordine al rapporto di causalità tra la grave pneumopatia di origine professionale, sia essa da qualificarsi silicosi o altrimenti, e l'insorgere di una malattia multifattoriale quale è la neoplasia polmonare;
manca ogni indagine epidemiologica sulla materia, mentre le osservazioni alla consulenza evidenziavano i nessi accertati in letteratura tra le due infermità. Inoltre l'esclusione del nesso di causalità contrasta logicamente con acquisizioni scientifiche, oggi ritenute pacifiche e recepite anche dal legislatore, come nel caso del rapporto tra broncopneumopatie da fumo e il cancro all'apparato respiratorio. L'indagine peritale è poi manchevole in ordine all'effetto di accelerazione dell'exitus, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, costituisce concausa dello stesso, cfr. tra le tante Cass. n. 1107 del 99, 1106 del 1998 e 5775 del 1995. È, infatti, difficile ipotizzare che l'azione sinergica di due malattie ai medesimi organi non abbia accellerato il verificarsi dell'evento letale. L'erronea interpretazione dell'art. 145 del DPR n. 1124 del 1965 e gli evidenziati vizi della motivazione incidono su punti decisivi della controversia e ne determinano la Cassazione. La causa è rinviata per nuovo esame ad altro giudice che nel decidere si atterrà ai principi di diritto enunciati nelle trascritte massime. Allo stesso giudice si demanda anche, ex art. 385, terzo comma, c.p.c., di provvedere sulle spese del giudizio di Cassazione.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi