Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/11/2008, n. 28041
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La controversia avente ad oggetto un finanziamento per la realizzazione di un programma di ristrutturazione industriale, ai sensi della legge n. 64 del 1986, finanziamento riconosciuto in via provvisoria e la cui misura, a consuntivo, ai sensi del D.M. n. 233 del 1989, non era stata ancora determinata al momento dell'entrata in vigore della legge n. 488 del 1992, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una sovvenzione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi puntualmente indicati, atteso che la lettura sistematica del D.M. n. 233 del 1989 e dell'art. 69 d.P.R. n. 218 del 1978 ricollega il contributo in questione ad un provvedimento concessorio, espressione del potere discrezionale della P.A., in relazione al quale il collaudo non determina l'acquisizione di una posizione di diritto soggettivo al maggior contributo, trattandosi di mero atto endoprocedimentale di verifica tecnica ed istruttoria, finalizzato all'eventuale concessione del maggior contributo.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. V P - Presidente di sezione -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. F F M - rel. Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12608/2006 proposto da:
DIVELLA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso lo studio dell'avvocato M F, rappresentata e difesa dall'avvocato C M, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO PER LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 467/2005 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 09/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2008 dal Consigliere Dott. F F M;
uditi gli avvocati C M, R V, dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.p.a. Divella, operante nel settore della produzione delibaste alimentari, con provvedimento dell'Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno, fu ammessa, in via provvisoria, al contributo statale per investimenti industriali ex L. n. 64 del 1986. Entrata in vigore la L. 19 dicembre 1992, n. 488, che vietava l'aumento degli impegni assunti per le agevolazioni industriali in relazione ai maggiori importi dell'intervento finanziario risultanti in sede di consuntivo, con provvedimento n. 03698/01/11/2 del 10 gennaio 1995 il Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, in sede di consuntivo, negò alla Divella il contributo per i maggiori costi sostenuti rispetto a quelli considerati in sede di liquidazione provvisoria.
Ritenendo illegittimo tale diniego, la società Divella chiese al Tribunale di Bari di disapplicare il relativo provvedimento con condanna della pubblica amministrazione al risarcimento dei danni nella misura della perdita subita e del mancato guadagno, in ragione dell'ammontare del contributo non corrisposto, oltre svalutazione monetaria ed interessi.
A sostegno della domanda dedusse la inapplicabilità della L. n. 488 del 1992, ai finanziamenti giunti ad una definitiva approvazione,
stante il principio generale di irretroattività della legge, aggiungendo che, esperito il collaudo degli interventi in data 18 luglio 1992, valeva comunque la deroga, di cui ai punto d) dell'art. 1, comma 2, della legge cit., che faceva salvi gli impegni assunti col provvedimento di concessione provvisoria, di modo che, ai sensi dell'art. 3 delle c.d. condizioni generali di concessione, rimanevano consentite le variazioni del contributo in relazione alle maggiori spese accertate in sede consuntiva.
Il Tribunale di Bari, con sentenza del 27 aprile - 5 giugno 2002, dichiarò il proprio difetto di giurisdizione e la conseguente inammissibilità della domanda della s.p.a. Divella, sul rilievo che la delibazione sulla spettanza o meno di erogazioni integrative delle agevolazioni contributive per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno si colloca tutta all'interno del comparto della giustizia amministrativa, posto che solo con l'emanazione dell'atto di erogazione del contributo l'amministrazione assume concretamente l'obbligazione e attribuisce al privato un diritto di credito azionabile. Fino a quando non viene emanato il provvedimento, che costituisce l'amministrazione debitrice, non esiste ancora un diritto soggettivo al pagamento.
Con atto, notificato il 21 settembre 2002, la Divella s.p.a impugnò detta sentenza dinanzi alla Corte d'Appello di Bari, che con sentenza del 13.4 - 9.5.2005, rigettò l'impugnazione, confermando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Avverso detta sentenza la Divella s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi illustrati con memoria. Il Ministero delle Attività Produttive (ex Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato) ha resistito con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in riferimento al punto 5 dell'art. 360 c.p.c., insufficiente motivazione riguardo al difetto di giurisdizione;la natura del collaudo come presupposto diretto per la conoscenza della questione davanti al giudice ordinario. Avrebbe errato la corte d'appello nel negare l'esistenza di qualsivoglia diritto soggettivo in capo alla Divella, sul rilievo che la mera esistenza del collaudo degli impianti realizzati non era sufficiente a far sorgere il diritto al maggior contributo. Il collaudo, nei casi in cui le procedure per la concessione delle agevolazioni statali lo prevedano ai fini della liquidazione, costituirebbe elemento di perfezione della fattispecie concessoria. Con il collaudo sorgerebbe il diritto ad ottenere la concessione del maggior contributo dovuto in relazione agli incrementi degli impianti realizzati rispetto al progetto originario, che fossero risultati congrui (secondo certi criteri e parametri, di cui al D.M. n. 283 del 1989) in tale sede.
Conseguentemente la configurabilità della posizione giuridica, che viene in considerazione nella fase successiva al collaudo, come diritto soggettivo, comporterebbe la devoluzione alla giurisdizione del giudice ordinario della presente controversia, avendo il successivo pagamento soltanto la natura di atto dovuto.. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in riferimento all'art.360 c.p.c., n. 3 falsa applicazione di norme di diritto in relazione
al D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, art. 1, come modificato dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, in riferimento al Decreto 3 maggio 1989, n.
233 ed all'art. 3 del provvedimento dell'Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno di concessione in via provvisoria dell'agevolazione.
La sentenza impugnata non avrebbe motivato il rigetto della domanda di risarcimento della perdita subita e del mancato guadagno, causati dall'illecito rifiuto della pubblica amministrazione di adempiere la propria obbligazione dopo che era intervenuto il collaudo ( secondo i criteri ed i parametri del D.M. n. 233 del 1989) degli incrementi di interventi realizzati rispetto a quelli dell'originario progetto. La corte di merito avrebbe omesso di considerare che la L. n. 488 del 1992, nello stabilire, all'art. 1, comma 2, punto d), che gli impegni
assunti, per le agevolazioni industriali, con provvedimenti di concessione provvisoria non potevano essere aumentati in relazione ai maggiori importi dell'intervento finanziario risultante in sede di consuntivo, aveva disposto che restavano ferme le disposizioni della L. 1 marzo 1986, n. 64, per gli interventi di agevolazioni alle attività produttive che alla data dell'entrata in vigore del D.L. n.415 del 1992, risultavano deliberati in linea tecnica dall'agenzia
per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno. La L. n. 64 del 1986, stabilendo che la misura della sovvenzione richiesta sarebbe
stata determinata a consuntivo, avrebbe ingenerato l'affidamento sulla concessione del contributo in misura eventualmente superiore a quella ammessa in via provvisoria, affidamento che sarebbe stato rafforzato dal fatto che con D.M. n. 233 del 1989, erano stati determinati i criteri in base ai quali accertare, all'atto del collaudo, la congruità delle spese al fine di stabilire la entità della sovvenzione a consuntivo.
Di ciò avrebbe tenuto conto il legislatore del 1992 con il richiamo agli "impegni assunti con provvedimento di concessione provvisoria" sancendone la definitività.
Tale normativa confermerebbe il diritto della Divella a percepire il maggior importo dell'intervento finanziario già dovuto al momento della entrata in vigore della stessa.
Il ricorso è infondato.
Il Collegio osserva.
Questa Corte, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, ha affermato il principio che il collegio condivide, secondo cui il riparto di giurisdizione deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione sono riconosciuti direttamente dalla legge ed alla P.A. è demandato esclusivamente il controllo della effettiva esistenza di presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa, da quelle in cui la legge attribuisce invece alla P.A. il potere di riconoscere l'ausilio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario, apprezzando discrezionalmente l'"an", il "quid" ed il "quomodo" dell'erogazione (cfr. Cass. sez. un. n. 10689 del 2002). Ha precisato, altresì, che, in materia di contributi e di sovvenzioni pubbliche, il privato vanta una posizione di interesse legittimo, con la conseguente devoluzione della relativa controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, se detta controversia attiene alla fase procedimentale anteriore alla emanazione del provvedimento attributivo del beneficio, mentre vanta una posizione di diritto soggettivo, con conseguente devoluzione della controversia al giudice ordinario, se la stessa concerne la successiva fase di erogazione del contributo (cfr. Cass. sez. un. n. 11649 del 2003). La ricorrente, in base a questo orientamento giurisprudenziale, sostiene che con il collaudo degli impianti realizzati sorge il diritto alla concessione dell'agevolazione, atteso che tale atto non avrebbe soltanto la funzione di accertare la ultimazione dei lavori, ma costituirebbe elemento perfezionativo della fattispecie concessoria;conseguentemente le controversie attinenti alla fase successiva, riguardando posizioni di diritto soggettivo, dovrebbero essere devolute alla giurisdizione del giudice ordinario. Prevedendo la L. n. 64 del 1986, esplicitamente che il finanziamento ritenuto ammissibile sarebbe stato erogato a consuntivo, la relativa somma, risultata in sede di collaudo, effettuato il 23 luglio 1992, maggiore rispetto a quella inizialmente richiesta e concessa in via provvisoria, avrebbe dovuto essere erogata in tale maggiore misura, ai sensi della L. n. 64 del 1986, atteso che il successivo mandato di pagamento della somma accertata in sede di collaudo (data la natura da riconoscersi a questo) potrebbe configurarsi soltanto come un atto dovuto.
Tale tesi non può essere condivisa.
Devesi osservare che la L. n. 64 del 1986, (che dettava la disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno) non prevedeva la possibilità di aumentare l'entità del contributo ammesso con provvedimento di concessione provvisoria in relazione ai maggiori importi dell'intervento finanziato risultanti in sede di consuntivo. Tale possibilità fu prevista soltanto dal D.M. 3 maggio 1989, n. 233 (recante il regolamento concernente le procedure per la concessione e la liquidazione delle agevolazioni finanziarie per le attività previste dal testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, e dalla L. 1 marzo 1986, n. 64). Tale decreto stabiliva le modalità di presentazione della domanda di concessione della agevolazione sulla base di un programma di investimento e prevedeva che la concessione della agevolazione fosse preceduta da una istruttoria "rivolta a valutare l'ammissibilità e congruità delle spese indicate nella domanda, la validità tecnico- economica della iniziativa con particolare riferimento alla redditività, la validità del piano finanziario per la copertura dei fabbisogni derivanti dalla realizzazione della iniziativa e della sua normale gestione, nonché la consistenza patrimoniale e finanziaria dell'operatore" (art. 3 del citato D.M.), Detta istruttoria avrebbe dovuto riferirsi, altresì, "alle prospettive di mercato, agli effetti occupazionali del progetto, ai preventivi finanziari ed economici ed agli obbiettivi da realizzare in termini di capacità produttiva e di produzione conseguibili.".
La domanda doveva essere presentata ad uno degli istituti di credito a medio termine, autorizzati ad esercitare il credito a medio termine nel Mezzogiorno - che avrebbe dovuto provvedere alla istruttoria della domanda stessa - nonché all'Agenzia per la promozione dello sviluppo nel Mezzogiorno e, qualora avesse riguardato iniziative da sottoporre all'esame del C.I.P.E., anche al Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno.
All'esito di tale istruttoria, nella ipotesi di iniziative estranee alla competenza del Comitato interministeriale per la programmazione Industriale (C.I.P.I.) l'Agenzia per la promozione dello Sviluppo nel Mezzogiorno (AGENSUD) avrebbe dovuto deliberare la concessione del contributo dopo avere riscontrato: a) le condizioni di ammissibilità della domanda;b) la rispondenza della iniziativa alle direttive del C.I.P.I.;c) l'entità degli investimenti preesistenti e la disponibilità da parte dell'impresa di mezzi propri non inferiori al 30% dell'investimento fisso.
Nella ipotesi di iniziative da sottoporre all'esame del C.I.P.I. la concessione del contributo avrebbe dovuto essere deliberata dopo avere acquisito anche la deliberazione di detto organismo circa la ammissibilità delle iniziative programmate.
L'istituto di credito a medio termine, cui era stato trasmesso il provvedimento di concessione da parte dell'Agensud, era tenuto, ove non fosse stato già stipulato in precedenza, a stipulare, entro due mesi dalla data di ricezione di detto provvedimento, il contratto di finanziamento.
Il D.M. in esame prevedeva anche tra le spese ammissibili (art. 7, comma 5) quelle dovute a variazioni di spesa intervenute nel corso della realizzazione del progetto di investimenti (sia derivanti da puntualizzazioni del progetto stesso sia conseguenti a modifiche anche sostanziali del programma di investimenti).
In tal caso, l'istituto di credito che avrebbe dovuto provvedere al finanziamento, avrebbe dovuto procedere ad una istruttoria integrativa, e l'Agensud avrebbe dovuto poi disporre sulla base della relazione istruttoria, ove non fosse stata già presentata la documentazione finale di spesa, la integrazione o la sostituzione del provvedimento a suo tempo emesso.
L'erogazione delle agevolazioni doveva essere effettuata sulla base dello stato di avanzamento dei lavori (art. 9 del citato D.M.). Per tali erogazioni la Agensud si sarebbe servita degli istituti di credito, presso i quali avrebbe dovuto provvedere all'accensione di conti sui quali avrebbero dovuto essere imputati i pagamenti dell'operatore economico a cui favore era stata deliberata la concessione della agevolazione.
La procedura, prevista dal citato art. 9, commi 5 e 9, avrebbe dovuto essere adottata anche nella ipotesi di erogazione dell'anticipazione del contributo in conto capitale di cui alla L. 1 marzo 1986, n. 64, art. 9, comma 12, (cioè anche nella ipotesi, verificatasi nel caso
di specie, di ammissione al finanziamento in via provvisoria). L'erogazione del saldo del contributo in conto capitale avrebbe dovuto essere effettuata sulla base della documentazione finale di spesa, come specificata dall'art. 12 del D.M. summenzionato, che avrebbe dovuto essere vistata dall'istituto di credito che aveva provveduto alla istruttoria, il quale, nel trasmettere detta documentazione, avrebbe dovuto anche "evidenziare le sostanziali variazioni intervenute in sede esecutiva rispetto al progetto (in base al quale era stata anticipata la concessione del contributo) preso a base della istruttoria."
Ai fini della liquidazione a saldo del contributo in conto capitale l'Agensud era tenuta a disporre, dopo l'avvio a produzione dell'impianto un apposito accertamento disciplinato dall'Agenzia medesima che, ad integrazione degli eventuali controlli effettuati con la procedura prevista per la erogazione del contributo in base agli stati di avanzamento, avrebbe dovuto verificare, tra l'altro, la rispondenza della documentazione di spesa al progetto approvato (art. 13 del D.M.).
L'Agenzia, dopo avere accertato la ammissibilità e congruità delle singole spese e sulla base della verifica di cui al citato art. 13 (avente, tra l'altro, ad oggetto, come suddetto, la rispondenza della documentazione di spesa al progetto approvato), era tenuta a procedere alla determinazione del saldo o dell'eventuale recupero (nell'ipotesi di inosservanza delle disposizioni contenute nel provvedimento di concessione) totale o parziale delle agevolazioni finanziarie già erogate (art. 14 D.M.).
Entro il termine di sei mesi dalla presentazione della documentazione finale di spesa e di quella relativa all'ultimazione dell'impianto, l'Agenzia avrebbe dovuto provvedere, dopo gli accertamenti summenzionati (di cui all'art. 14), alla liquidazione del saldo. Dall'esame sistematico delle su riferite disposizioni del D.M. n. 133 del 1989, si possono enucleare i seguenti principi:
il contributo in questione non veniva concesso direttamente dalla legge, sulla base di una verifica di presupposti indicati puntualmente dalla legge stessa;esso trovava la sua fonte in un provvedimento concessorio, espressione del potere discrezionale della P.A., la quale, per concedere il contributo stesso, era tenuta a valutare la ammissibilità e congruità delle spese, nonché la validità tecnico - economica degli investimenti progettati, la validità del piano finanziario per la copertura dei fabbisogni derivanti dalla realizzazione della iniziativa e della sua normale gestione ecc, come si evince dal citato del D.M. n. 233 del 1989, art. 3, e dopo aver effettuato la relativa istruttoria, non era tenuta, ma aveva facoltà di concedere il contributo. Tale conclusione trova conferma nella formulazione del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 69, (testo unico delle leggi sugli interventi nel
Mezzogiorno, richiamato sia dalla L. n. 64 del 1986, che dal D.M. n. 233 del 1989), che disponeva: Per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, alla riattivazione ed allo ampliamento di stabilimenti industriali può essere concesso dalla Cassa per il Mezzogiorno un contributo in conto capitale nelle misure indicate successivamente dalla stessa disposizione, formulazione indicativa di un potere discrezionale e non vincolato della P.A.;
il fatto che la erogazione del saldo del contributo concesso in via provvisoria, in base ad un originario programma di investimenti, dovesse essere effettuata a consuntivo, non significa che tale erogazione dovesse avvenire automaticamente - come si potrebbe ipotizzare nell'ipotesi di realizzazione degli investimenti e del programma di spesa inizialmente considerati al fine della concessione provvisoria del contributo - anche nell'ipotesi di incrementi di spesa derivanti da variazioni, anche sostanziali, intervenute nel corso della realizzazione del programma di investimenti, tant' è vero che l'art. 7, comma 5, citato, richiedeva, ai fini della ammissione a contributo di maggiori impegni di spesa, di provvedere alla integrazione o sostituzione del provvedimento di concessione a suo tempo emanato;
nella ipotesi in cui fosse stata presentata la documentazione finale di spesa senza che fosse intervenuta l'emanazione di un provvedimento integrativo o sostitutivo dell'originario provvedimento di concessione, l'istituto di credito, tenuto ad effettuare la istruttoria ai fini della determinazione e liquidazione del saldo finale, avrebbe dovuto evidenziare, nel trasmettere la sua relazione istruttoria all'Agensud, (come su detto) le sostanziali variazioni intervenute in sede esecutiva rispetto al progetto preso a base della originaria istruttoria per la concessione del contributo in via provvisoria (art. 12, comma 7) e ciò all'evidente fine (altrimenti non se ne comprenderebbe la ragione) di consentire all'Agenzia di deliberare se ammettere o meno le ulteriori spese a contributo, non potendo la stessa, come si evince dal sistema complessivo previsto per la concessione delle agevolazioni finanziarie, procedere, senza un preventivo provvedimento di concessione, alla erogazione di contributi in relazione a documentazione di spesa non rispondente al programma di investimenti approvato.
Erogazione del contributo a consuntivo, non significa obbligo di erogazione di un maggior contributo sulla esclusiva presentazione di documentazione di spese dovute a modifiche apportate nel corso della realizzazione del programma di investimento, ma significa erogazione del contributo dopo che siano stati effettuati i dovuti controlli sulla rispondenza delle spese agli investimenti considerati e valutati ai fini dell'emanazione del provvedimento (discrezionale) di concessione del contributo stesso.
Nella ipotesi di maggiori investimenti rispetto a quelli programmati e approvati, non si può correttamente affermare che il collaudo, cioè l'accertamento della rispondenza delle spese effettuate agli investimenti realizzati, comportava la automatica emissione del mandato di pagamento;devesi correttamente ritenere invece che restava impregiudicato il potere della P.A. di ammettere o meno a contributo gli investimenti non considerati nel progetto originariamente sottoposto a valutazione ed approvato. Pertanto, in mancanza di un provvedimento concessorio di un maggior contributo per le variazioni di investimenti e spese introdotte nel corso della realizzazione del programma di investimento, non si può fondatamente sostenere che la pretesa della società ricorrente integri una posizione giuridica di diritto soggettivo, appartenendo ancora dopo il collaudo, che come giustamente ritenuto dal giudice a quo può avere soltanto, nel caso che ne occupa, il carattere di verifica tecnica e di atto endoprocedimentale, al potere discrezionale della P.A. concedere o meno il maggior contributo. Pertanto devesi escludere che, nel momento in cui è entrato in vigore il D.L. n. 415 del 1992, convertito in L. n. 488 del 1992, la ricorrente potesse vantare, in virtù del solo collaudo del 18 luglio 1992, una posizione di diritto soggettivo, ne' questa legge, invocata al fine di ritenere consolidata l'acquisizione del diritto al maggior contributo, rileva a tal fine.
Con l'art. 1, comma 2, lett. d), di detta legge fu introdotto il divieto di aumentare, in relazione ai maggiori importi dell'intervento finanziato risultanti in sede di consuntivo, gli impegni assunti per le agevolazioni industriali con provvedimento di concessione provvisoria, facendo salve le disposizioni della L. n. 64 del 1986 in materia di interventi di agevolazione alle attività
produttive, soltanto qualora si trattasse di interventi già inseriti nei contratti di programma già approvati dal C.I.P.I.o già deliberati in linea tecnica dall'Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno o inseriti in progetti di ricerca oppure deliberati dalle regioni meridionali o da istituti di credito convenzionati con le regioni stesse. Quest'ultima è l'ipotesi invocata dalla Divella, ma della sussistenza della condizione richiesta dalla legge, come osservato dal giudice a quo, la società Divella non ha fornito alcun elemento di prova.
Per tutte le su esposte considerazioni devesi escludere che il provvedimento, emesso in data 10 gennaio 1995, con il quale fu negato, in sede di consuntivo alla Divella il contributo in relazione ai maggiori costi sostenuti rispetto a quelli preventivati nell'originario programma di investimenti e di spese, abbia inciso su una situazione giuridica configurabile come diritto soggettivo. La posizione della ricorrente era soltanto di interesse legittimo (pretensivo) alla concessione di un maggior contributo, il che comporta che la presente controversia, diretta ad ottenere il risarcimento del danno derivante, secondo l'assunto della ricorrente stessa, dal diniego del maggior contributo, debba essere devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Stabilito che la posizione vantata dalla ricorrente in ordine alla concessione del maggior contributo è di interesse legittimo e che il relativo diniego ha inciso su tale interesse, devesi ritenere compresa nell'ambito della giurisdizione amministrativa anche la proposta azione di risarcimento del danno per le considerazioni che seguono. La Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004 ha affermato che il potere - riconosciuto al giudice amministrativo dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, nella parte in cui (lett. e) sostituisce il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 35, - di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto costituisce "uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione".
La Corte di Cassazione, in considerazione di quanto affermato dalla citata sentenza della Corte Costituzionale, ha affermato il principio, che il collegio condivide, secondo cui, nel sistema normativo conseguente alla L. 21 luglio 2000, n. 205, in tema di tutela giurisdizionale intesa a far valere la responsabilità della P.A. da attività provvedimentale illegittima, la giurisdizione sull'interesse legittimo spetta, in linea di principio, al giudice amministrativo, sia quando si invochi la tutela di annullamento, sia quando si insti per la tutela risarcitoria, in forma specifica o per equivalente, non potendo tali tecniche essere oggetto di separata e distinta considerazione ai fini della giurisdizione (cfr. Cass. sez. un. n. 13659 del 2006). Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto e dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, rimettendo le parti dinanzi al T.A.R. competente per territorio.
Le spese seguono la soccombenza, per cui la ricorrente deve essere condannata a rimborsare al Ministero resistente le spese del giudizio di legittimità, che, tenuto conto del valore della lite, appare giusto liquidare in Euro 7.000,00, (settemila) per onorari oltre le spese prenotate a debito.