Cass. civ., sez. I, sentenza 02/12/2005, n. 26257

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La clausola con cui, in una convenzione tra un ente pubblico territoriale e un ingegnere al quale il primo abbia affidato la progettazione di un'opera pubblica, il pagamento del compenso per la prestazione resa è condizionato alla concessione di un finanziamento per la realizzazione dell'opera è valida, in quanto non si pone in contrasto col principio di inderogabilità dei minimi tariffari, previsto dalla legge 5 maggio 1976, n. 340, come interpretata autenticamente dall'art.6, primo comma, della legge 1° luglio 1977, n. 404, normativa cui ha fatto seguito l'art. 4, comma 12-bis, del d.l. 2 marzo 1989, n. 65, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1989, n. 155, il quale prevede limiti alla riducibilità dei minimi tariffari professionali in favore della P.A., ma non ha natura di norma imperativa (la cui violazione, quindi, comporti la nullità del contratto - ancorché, come nel caso, non espressamente prevista - ai sensi dell'art. 1418, primo comma, cod. civ.), essendo posta a tutela di un interesse di categoria e non di un interesse generale della collettività.

Il termine di venti giorni, previsto dall'art. 810, primo comma, cod. proc. civ. per la nomina del proprio arbitro ad opera della parte che ha ricevuto il relativo invito, non ha carattere perentorio (non essendo ciò previsto esplicitamente dalla legge, né essendo ricavabile dalla funzione del termine stesso), sicché la medesima parte può provvedere alla nomina anche successivamente alla scadenza di tale termine, sino a quando non sia intervenuta la nomina ad opera del presidente del tribunale su richiesta della controparte, ai sensi del secondo comma del richiamato art. 810 cod. proc. civ.; dal che consegue la irregolare costituzione del collegio arbitrale (e con essa la nullità del lodo pronunciato) composto da arbitro nominato in via sostitutiva dal presidente del tribunale pur in presenza di precedente - ancorché tardiva - nomina notificata dalla parte interessata alla controparte, la quale ha l'onere di informare della nomina sopraggiunta il presidente del tribunale da essa adito, e salva la responsabilità della parte tardivamente adempiente al dovere di nominare il proprio arbitro per gli eventuali danni.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 02/12/2005, n. 26257
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26257
Data del deposito : 2 dicembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P V - Presidente -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. C W - Consigliere -
Dott. P S - rel. Consigliere -
Dott. D C C - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B C C LGI C, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA FABIO MASSIMO

88, presso l'avvocato L G che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato F P, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
COMUNE DI N, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA E. Q.

VISCONTI

20, presso l'avvocato G D G, rappresentato e difeso dall'avvocato M A giusta procura a margine del controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 71/2001 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di SASSARI, depositata il 23/02/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/05/2005 dal Consigliere Dott. S P;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C D che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 23 febbraio 2001, la Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, dichiarava la nullità del lodo arbitrale emesso il 6 dicembre 1999, con il quale il collegio arbitrale, risolvendo la controversia insorta fra l'Ing. B C e l'Arch. C L C, da un lato, e il Comune di Nuoro, dall'altro, in ordine all'adempimento degli obblighi nascenti dalla convenzione stipulata in data 23 marzo 1982, aveva condannato il Comune al pagamento, in favore di detti professionisti, della somma di lire 115.540.000 a titolo di corrispettivo per i lavori di progettazione del Parco Urbano in località Biscollai di Nuoro. La Corte accoglieva la domanda del Comune con la quale veniva dedotta la nullità del lodo per irrituale costituzione del Collegio arbitrale, in violazione del disposto degli artt. 810 e 829, n. 2, cod. proc. civ., per essere stati chiamati a fame parte, in luogo dell'arbitro di elezione e del terzo arbitro, che avrebbe dovuto essere scelto dai due arbitri nominati dalle parti (e solo in caso di disaccordo fra le parti dal Presidente del Tribunale), quelli nominati, in via sostitutiva, dal Presidente del Tribunale di Nuoro, nonostante il Comune avesse già provveduto alla nomina, ancorché oltre il termine di cui all'art. 810 cod. proc. civ., del proprio arbitro e non ricorresse il caso (disaccordo fra le parti) per il quale era prevista la nomina presidenziale del terzo arbitro. In proposito, la Corte osservava che la mancata nomina dell'arbitro nel termine di venti giorni dalla notifica della avvenuta nomina dell'arbitro di parte avversa non determinava la decadenza della parte dalla facoltà di nominare il proprio arbitro, non avendo il Presidente del Tribunale, adito dalla controparte, ancora provveduto alla nomina in sostituzione. Trattandosi, infatti, di un termine incontestabilmente processuale, in quanto concernente l'attività preordinata alla costituzione del collegio giudicante al quale è demandata la risoluzione della controversia riservata al giudizio di arbitri rituali, vige il principio generale sancito dall'art. 152, comma secondo, cod. proc. civ., secondo cui "i termini stabiliti
dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori", mentre, nel caso, nessun espresso carattere di perentorietà è attribuito al termine in questione dalla norma che lo prevede. La Corte riteneva quindi che il termine sia un termine di adempimento - piuttosto che di decadenza - alla scadenza del quale la parte che non abbia ancora provveduto alla designazione del proprio arbitro, deve considerarsi inadempiente e che, a fronte di tale inadempienza, l'altra parte può intraprendere la speciale procedura volta a conseguire l'esecuzione in forma specifica (mediante designazione giudiziale dell'arbitro) dell'obbligo (di fare) rimasto inadempiuto. Un adempimento tardivo è quindi sempre ammissibile e ciò non solo, come è ovvio, fino a quando l'altra parte non si sia ancora attivata per ottenere l'esecuzione dell'obbligo nei modi stabiliti dall'art. 810,, cod. proc. civ., comma 2, ma anche quando tale procedura sia stata avviata con ricorso
al Presidente del Tribunale e questi non abbia ancora provveduto alla designazione in luogo della parte inadempiente.
Passando alla fase rescissoria, la Corte rigettava le domande proposte dai due professionisti sulla base del rilievo che i medesimi non avevano contestato che il pagamento degli onorari e rimborsi per la redazione del progetto di realizzazione del parco di Biscollai fosse, in forza dell'art. 7 della convenzione stipulata in data 23 marzo 1982, sottoposto alla condizione sospensiva dell'ottenimento del finanziamento dell'opera progettata. E, d'altro canto, che di condizione sospensiva si trattasse, risultava dal tenore letterale della clausola, nella quale era previsto che "gli onorari e rimborsi....verranno corrisposti al professionista dopo che verrà approvato dalla Amministrazione Comunale e dopo aver ottenuto il relativo finanziamento", che, dipendendo dalla volontà dell'ente (pubblico) finanziatore, non poteva considerarsi un evento futuro e certo, ma un accadimento futuro ed incerto, al cui avveramento era subordinata l'efficacia dell'assunzione, da parte del Comune committente, dell'obbligo di pagare il corrispettivo per le prestazioni professionali via richieste.
La Corte escludeva poi che nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione operasse il vincolo dell'osservanza dei minimi tariffali ed altresì che fosse applicabile, nella specie, l'art. 1359 c.c, secondo cui la condizione del contratto si considera
avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, giacché doveva ritenersi che anche il Comune fosse interessato alla realizzazione del progetto. Inoltre, ai professionisti spettava, secondo i principi generali in materia di ripartizione dell'onere probatorio, dimostrare che il finanziamento non era stato concesso per causa imputabile al Comune e, segnatamente, quale fosse stato il comportamento commissivo od omissivo che aveva indotto l'ente finanziatore a rifiutarne od ometterne l'erogazione e senza il quale, viceversa, lo stesso sarebbe stato erogato.
La Corte riteneva infine infondata anche la pretesa subordinata d'indennizzo a norma dell'art. 2041 cod. civ., rilevando che il dedotto depauperamento non era privo di causa, in quanto la mancata corresponsione di un compenso per la prestazione professionale trovava la sua ragione nello stesso contratto d'opera, che ne aveva subordinato la remunerabilità all'avveramento di una condizione che, di fatto, non si era verificata.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono B C e C L C sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria;
resiste con controricorso il Comune di Nuoro. MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell'art. 810, cod. proc. civ., comma 2. La Corte d'appello, nel ritenere sussistente la dedotta nullità del lodo arbitrale per illegittimità della nomina compiuta dal Presidente del Tribunale di Nuoro, in via sostitutiva, sul reputato presupposto della carenza di nomina effettuata dal Comune nel termine di venti giorni stabilito dalla citata disposizione, sarebbe incorsa in palese violazione di legge, giacché l'art. 810, comma 2, postula con certezza la natura perentoria del termine ivi previsto per la risposta della parte inerte. Innanzitutto, osservano i ricorrenti, la mancata qualificazione legislativa di un termine come perentorio non esclude che, in relazione alla funzione alla quale esso è preordinato, possa riconoscersi la sua natura perentoria, sulla base di elementi letterali (la parte deve) e della ratto della disposizione in esame, chiaramente finalizzata a garantire la rapidità e la concentrazione del giudizio arbitrale, che verrebbe irrimediabilmente compromesso ove, negata al termine indole perentoria, si fornisse alla parte sulla quale incombe l'onere di nominare il secondo arbitro un comodo espediente - quello della nomina tardiva eppur valida - idoneo a porre in essere manovre dilatorie. Inoltre, tenuto conto della esperienza giurisprudenziale, secondo cui, in caso di mancata costituzione del collegio arbitrale dovuto ad inerzia o rifiuto di una delle parti, l'altra parte può ricorrere al giudice ordinario per ottenere la nomina autoritativa dell'arbitro ovvero in alternativa per ottenere la risoluzione per inadempimento della clausola compromissoria, con relativa richiesta di risarcimento dei danni, non può negarsi al termine in questione carattere perentorio.


1.2. Il motivo è infondato, dovendosi escludere che la Corte d'appello di Cagliari sia incorsa nel denunciato vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 810, cod. proc. civ., comma 2. Il primo comma dell'art. 810 citato prevede che "quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria gli arbitri debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato a mezzo d'ufficiale giudiziario, può rendere noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati". Il secondo comma, a sua volta, dispone che "in mancanza, la parte che ha fatto l'invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato tale sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria oppure, se tale luogo è all'estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente, sentita, quando occorre, l'altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile".
Orbene, il motivo di ricorso in esame pone la questione di valutare, in primo luogo, se il termine di venti giorni, entro il quale la parte cui sia stata notificata la nomina dell'arbitro deve provvedere alla nomina del proprio arbitro, abbia o meno natura perentoria, e, quindi, se, una volta decorso il termine di venti giorni e una volta che la parte che per prima abbia proceduto alla nomina del proprio arbitro abbia attivato il procedimento di nomina dell'arbitro con ricorso al presidente del tribunale, residui la possibilità per la parte inadempiente di provvedere, prima che sulla richiesta si sia pronunciato l'adito presidente del tribunale, alla nomina del proprio arbitro.
Il Collegio ritiene condivisibile la soluzione cui su entrambe le questioni è pervenuta la Corte territoriale. Deve infatti escludersi che, alla luce del tenore letterale della disposizione di cui all'art. 810, comma 1, ultimo periodo ("La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati") e della natura e struttura del giudizio arbitrale, il termine di venti giorni debba essere qualificato come perentorio. Innanzitutto, una simile qualificazione non è contenuta nella disposizione citata, la quale non prevede neanche alcuna decadenza per il caso della mancata tempestiva nomina dell'arbitro;
sicché, ai sensi dell'art. 152, comma 2 ("I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori"), deve linearmente affermarsi che il termine stesso debba, in linea di prima approssimazione, essere ritenuto ordinatorio.
È ben vero che "il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente risultare esplicitamente dalla norma, potendosi desumere dalla funzione, ricavatole con chiarezza dal testo della legge, che il termine è chiamato a svolgere" (Corte cost., ord. n. 107 del 2003;
Cass., SU., 3 febbraio 1994, n. 1111;
Cass., 6 giugno 1997, n. 5074);
e tuttavia, ove si ponga mente alla natura del giudizio arbitrale, cui la nomina dell'arbitro è finalizzata, non si rinvengono ragioni per le quali a detto termine debba necessariamente essere riconosciuta natura perentoria in ragione della funzione che esso è destinato a svolgere. Il suindicato principio trova infatti applicazione in tutte quelle ipotesi in cui, pur non essendo il termine per il compimento di un atto espressamente definito come perentorio dal legislatore, dalla sua decorrenza senza che Tatto sia stato compiuto discenda un effetto preclusivo per la parte che quell'atto non abbia compiuto. Così, ad esempio, è indiscutibile che ove un termine si previsto per il compimento di un atto volto alla rimozione di un provvedimento giurisdizionale, dal suo mancato compimento non possa discendere altro effetto che quello della decadenza e della irrevocabilità del provvedimento. Ma non è certamente questo il caso che ricorre nella specie. Ed invero, nella scansione procedimentale finalizzata alla nomina degli arbitri, l'unica conseguenza prevista è quella dell'abilitazione della parte adempiente ad adire il presidente del tribunale per la nomina dell'arbitro in sostituzione della parte inadempiente. Nessun effetto automatico discende quindi dall'inutile decorso del termine di venti giorni senza che la parte destinataria della notificazione della nomina di arbitro abbia provveduto alla nomina del proprio. Ne consegue che, ove si consideri che la nomina dell'arbitro partecipa della stessa natura del compromesso o della clausola compromissoria, essendo destinata ad integrare detta clausola contrattuale (Cass., 19 aprile 1971, n. 1114;
Cass., 23 novembre 2000, n. 15134), e che l'ordinanza di nomina degli arbitri ha carattere sostitutivo di un'attività negoziale delle parti (Cass., 6 giugno 2003, n. 9143) ovvero carattere suppletivo della manchevole attività della parte (Cass., S marzo 2002, n. 3129), non vi è ostacolo a ritenere che, sin quando un tale potere non venga esercitato, in mancanza di una esplicita previsione di decadenza a carico della parte inadempiente ovvero in mancanza di un effetto automatico che si verifichi alla scadenza del termine, la parte non possa essere privata del potere di nomina ad essa spettante in forza della clausola compromissoria o del compromesso. In linea generale, infatti, deve escludersi che la previsione di un potere sostitutivo e la stessa attivazione del procedimento previsto per il suo esercizio valgano a privare il soggetto titolare della facoltà oggetto di sostituzione della possibilità del relativo esercizio. Depone, in tal senso, la già rilevata riconducibilità all'arbitrato all'autonomia negoziale delle parti, autonomia che deve potersi esprimere fin tanto che non si verifichi un evento che non ne consenta più l'esplicazione. Un effetto preclusivo può quindi discendere, e con effetti irreversibili, soltanto allorquando il procedimento finalizzato alla sostituzione, iniziato dalla parte non inadempiente con il ricorso al presidente del tribunale, si sia perfezionato con l'adozione dell'atto previsto dall'ordinamento. Del resto, non può ritenersi priva di rilievo la circostanza che la disciplina dettata dall'art. 810 cod. proc. civ. non impone la notificazione ne' la comunicazione alla parte, che non ha provveduto alla nomina nel termine di venti giorni, del ricorso al presidente del tribunale per la nomina dell'arbitro in sostituzione. Tale parte, quindi, non è posta in grado di sapere se, a seguito della propria inadempienza, l'altra parte abbia proposto il ricorso, se non nel caso in cui il presidente del tribunale ravvisi la necessità d sentirla. E se, come questa Corte ha già affermato (Cass., 24 gennaio 2003, n. 1112), la mancanza della nomina non rende inoperante il compromesso, non ne determina cioè ne' l'inefficacia ne' l'invalidità, non vi è ostacolo a ritenere che quale effetto della perdurante validità ed efficacia del compromesso permanga in capo alla parte il potere, integrativo del compromesso (o della clausola compromissoria), di nominare il proprio arbitro pur dopo la scadenza del termine di venti giorni previsto dall'art. 810,, cod. proc. civ., comma 1. Una diversa soluzione, invero, ove la parte adempiente non si attivasse per la nomina dell'arbitro da parte del presidente del tribunale, non potrebbe avere altro effetto che privare di efficacia il compromesso o la clausola compromissoria, attribuendo alla facoltà concessa a detta parte di fare ricorso al presidente del tribunale il potere di rendere impossibile lo svolgimento dell'arbitrato.
Nè può ritenersi che il procedimento di nomina previsto dall'art. 810,, cod. proc. civ., comma 2, una volta introdotto, sia insensibile
alle vicende sopravvenute alla sua instaurazione, e in particolare alla nomina dell'arbitro tardivamente effettuata dall'altra parte. Anzi, proprio dalla natura di procedimento di volontaria giurisdizione di carattere non contenzioso del procedimento in esame, destinato a concludersi con un provvedimento di carattere non decisorio (Cass., 5 marzo 2002, n. 3129, cit.), discende che l'attivazione di tale procedimento non può produrre, sin quando questo non si sia concluso con la nomina dell'arbitro, la inefficacia della nomina medio tempore effettuata, ancorché tardivamente. Altro discorso è quello della eventuale responsabilità della parte per il suo inadempimento, ma deve ritenersi che questa non possa essere limitata altro che ai maggiori oneri cui sia andata incontro la parte che, dopo aver notificato la nomina del proprio arbitro, non sia stata raggiunta dalla notificazione della nomina dell'arbitro della controparte e abbia quindi legittimamente fatto ricorso al procedimento di cui all'art. 810, cod. proc. civ., comma 2;
ma risulta evidente come tale profilo non possa influire sulla validità della nomina effettuata oltre il termine di venti giorni ma prima dell'adozione del provvedimento sostitutivo. Che se poi la nomina da parte del presidente del tribunale intervenga pur avendo la parte notificato, tardivamente rispetto al termine di venti giorni, ma anteriormente alla conclusione del procedimento, la nomina del proprio arbitro, tale evenienza appare riconducibile ad un comportamento della parte adempiente non ispirato a buona fede, dovendo ritenersi sussistente, a carico di quest'ultima, come correttamente osservato dalla Corte d'appello - di Cagliari, un onere di informazione nei confronti dell'adito presidente del tribunale dell'intervenuta nomina dell'arbitro da parte del soggetto titolare, sino al momento della nomina in sostituzione, del relativo potere. Nella specie, poiché è incontroverso che il Comune di Nuoto, pur non avendo provveduto alla nomina del proprio arbitro nei venti giorni successivi alla notificazione della nomina dell'arbitro da parte dei ricorrenti, vi ha tuttavia provveduto prima che il presidente del tribunale di Nuoro, adito da questi ultimi, ai sensi dell'art. 810 cod. proc. civ., comma 2, provvedesse alla nomina in sostituzione, la sentenza impugnata, che ha ritenuto legittimato a costituire il collegio arbitrale l'arbitro nominato dal Comune di Nuoro e non anche quello nominato successivamente dal Presidente del Tribunale e che ha conseguentemente accolto l'eccezione di nullità del lodo arbitrale per illegittima costituzione del collegio arbitrale (al quale hanno partecipato oltre all'arbitro nominato dai ricorrenti l'arbitro nominato in sostituzione dal Presidente del tribunale e il presidente del collegio, del pari nominato dal Presidente del Tribunale), risulta conforme a diritto. Il primo motivo di ricorso è dunque infondato.

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