Cass. pen., sez. I, sentenza 18/05/2023, n. 21377

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 18/05/2023, n. 21377
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21377
Data del deposito : 18 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DI ROCCO ERMANNO nato a ROMA il 23/06/1970 avverso l'ordinanza del 29/09/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO S'ANI;
lette le conclusioni del PG, FRANCESCA COSTANTINI, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con il provvedimento in epigrafe, reso il 29 settembre 2022, ha rigettato il reclamo proposto da E D R - detenuto nel carcere di Viterbo, con termine della pena fissato al 6 settembre 2025 - avverso il diniego di permesso premio espresso dal Magistrato di sorveglianza di Viterbo con l'ordinanza del 7 aprile 2022. Il Tribunale - valutate le doglianze articolate da D R con il reclamo, in cui si era evidenziato che erano già stati espiati oltre cinque anni di pena e che l'istanza era con evidenza ammissibile dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 253 del 2019, la quale aveva rivisitato i requisiti di ammissione al permesso premio anche per i condannati per reati contemplati nell'art.

4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354
, e succ. modd. (Ord. pen.), nonché si erano segnalati l'epoca risalente dei reati per cui era stata emessa condanna, il carattere circoscritto della sua partecipazione agli stessi e l'avvenuta elisione di ogni legame con lo scompaginato gruppo criminale di riferimento - ha considerato che era vero che il Giudice delle leggi con la citata decisione aveva rimosso la natura assoluta della preclusione, nel caso di mancata collaborazione, per gli autori di reati ricompresi nel catalogo desumibile dall'art.

4-bis cit., ma era del pari vero che operava comunque la presunzione relativa, suscettibile di essere superata solo con l'acquisizione di elementi concreti idonei a escludere sia l'attualità dei collegamenti, sia il pericolo di una loro ricostituzione: presunzione ritenuta, conclusivamente, non superata nel caso in esame.

2. Avverso la suddetta ordinanza il difensore di Ermano D R ha proposto ricorso per cassazione chiedendone l'annullamento e affidando l'impugnazione a un unico motivo con cui lamenta l'erronea applicazione della legge penale e il vizio della motivazione nell'individuazione e nell'accertamento delle condizioni per la concessione del chiesto permesso premio, nel quadro normativo inciso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2019. La difesa evidenzia che, dopo aver richiamato la portata della pronuncia ora indicata, il Tribunale avrebbe dovuto prendere atto che D R rientrava pacificamente fra i soggetti aventi titolo all'ottenimento del permesso premio: risulta provato che questi aveva fatto parte di un'unica associazione criminale e dal 10.11.2016 era entrato nell'ambito detentivo, in custodia cautelare, al pari degli altri partecipi, e poi, sempre in ambito detentivo, aveva iniziato a espiare la pena irrogatagli;
essendo interdette le comunicazioni fra detenuti, era da escludere che potesse persistere un collegamento attuale con il sodalizio, attesi i cinque anni nelle more decorsi e considerato che il ruolo secondario da lui <911 i rivestito nell'associazione escludeva la possibilità che, nel 2025, quando sarebbe terminata l'espiazione, egli potesse ricostituirne la struttura;
per il resto, la regolarità della sua condotta inframuraria e la sua proficua partecipazione al percorso rieducativo erano state confermate dal riconoscimento della liberazione anticipata e dalla proposta di ammissione al lavoro all'esterno. A fronte di questi elementi - lamenta la difesa - il Tribunale di sorveglianza ha opposto in modo illogico l'argomento secondo cui il condannato non aveva fornito una spiegazione ragionevole del motivo per il quale non riteneva di assolvere l'onere di collaborare, nonostante il detenuto avesse spiegato la sua impossibilità di collaborare perché nel processo era stato già accertato tutto quanto egli aveva la possibilità di chiarire e, in tal senso, il suo ruolo di mero partecipe all'associazione non gli aveva consentito l'apprendimento di ulteriori dati da riferire in sede collaborativa. Per il resto, in ordine all'ulteriore sodalizio oggetto di processo, si sottolinea che D R, essendo restato estraneo allo stesso, nulla aveva saputo e, quindi, nulla poteva riferire: d'altro canto, risultava contraddittorio l'addebito al condannato di non avere spiegato la ragione della mancata collaborazione, dal momento che l'intervento della Corte costituzionale si era reso necessario proprio perché era stato ritenuto irragionevole impedire che la presunzione di pericolosità potesse essere superata da elementi diversi dalla collaborazione.

3. Il Procuratore generale si è espresso nel senso del rigetto del ricorso, dal momento che, gravando sul condannato l'onere di indicare gli elementi da cui si desumesse la ricorrenza di una situazione inerente all'impossibilità o all'inesigibilità della collaborazione, o comunque l'allegazione di quegli ulteriori elementi idonei a legittimare la concessione del permesso premio, alla luce della pronuncia del Giudice delle leggi, il mancato assolvimento del relativo onere ha coerentemente condotto alla reiezione dell'istanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso appare fondato e merita, pertanto, di essere accolto negli specifici sensi che seguono.

2. Giova constatare, così integrando gli elementi esposti in parte narrativa, che il Tribunale, nel provvedimento impugnato, affrontando la questione afferente alla verifica dell'avvenuto - o meno - superamento della presunzione relativa suindicata, ha considerato che era, da un lato, operante a carico del condannato un onere di allegazione o comunque di spiegazione circa le ragioni 5k1 che avevano indotto l'istante a non praticare la strada della collaborazione, nel caso di specie da
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