Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/05/2020, n. 9339
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Testo completo
FATTI DI CAUSA
1. A seguito di un processo verbale di constatazione, l'Agenzia delle entrate notificò alla I. s.p.a. due avvisi di accertamento con i quali, rettificando le dichiarazioni dei redditi per gli anni d'imposta 2004 e 2005 presentate dalla società, disconobbe la deducibilità di costi derivanti da operazioni di acquisto di materie plastiche e di profilati in ferro (per un ammontare di euro 10.446.182,47 nell'anno 2004 e di euro 3.971.448,00) intercorse con la T.S.A. Succursale de Genève (hinc: «T.S.A.») - impresa domiciliata fiscalmente in Svizzera, Stato o territorio non appartenente all'Unione europea avente regime fiscale privilegiato (cosiddetti Paesi black-list) - liquidando le conseguenti maggiori IRES e IRAP, oltre a interessi, e irrogando le relative sanzioni.
La deducibilità era stata disconosciuta dall'Agenzia delle entrate per l'assenza delle condizioni previste dall'art. 110, comma 11, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
2. Gli avvisi di accertamento furono separatamente impugnati davanti alla Commissione tributaria provinciale di Bergamo (hínc anche: «CTP»), che, riuniti i ricorsi, li accolse.
Secondo quanto riferito dalla sentenza impugnata, la CTP «osservava che la ricorrente aveva prodotto documentazione probante l'effettivo interesse economico, mediante la produzione di listini relativi a prodotti analoghi a quelli in questione, riferentisi al più importante produttore siderurgico, cioè al gruppo R., aumentati delle spese di trasporto;
così pure riferentisi anche ai prodotti chimici e plastici, considerati i listini dei produttori del Far East, penalizzati da lunghi tempi di attesa, da dazi, costi di sdoganamento e spese di trasporto.
In entrambi i casi appare la convenienza economica delle operazioni di acquisto dalla T.S.A. [...]. La Commissione adita ha rilevato che il volume e la varietà degli acquisti erano tanto complessi da impedire la quantificazione esatta delle spese di trasporto e spedizione;
dal canto suo la ricorrente aveva adempiuto nei limiti del possibile all'onere probatorio, mentre l'Ufficio si era limitato ad affermare genericamente la non idoneità probatoria della documentazione prodotta, per cui anche l'intento elusivo non era provato».
3. Avverso tale pronuncia, l'Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia (hínc anche: «CTR»), che lo rigettò, con la motivazione che «risultava legittima la disapplicazione del disposto ex art. 110, comma 10, d.p.r. 917/1986, stante l'opzione dell'esimente, disciplinata dal comma 11, giustificata dalla dimostrazione che le operazioni poste in essere rispondevano ad un effettivo interesse economico e che le medesime erano state concretamente eseguite. Già in narrativa è stato posto l'accento sul mercato peculiare dei profilati in ferro, della chimica e della plastica, tale da giustificare il ricorso a fonti di approvvigionamento estere, per di più stimolato dalla struttura e politica commerciale del principale produttore italiano di prodotti siderurgici (gruppo R.), ostacolante la strategia imprenditoriale dell'appellata. Ciò premesso, l'esimente menzionata è stata fondata sul raffronto dei costi sostenuti con la T.S.A. e di quelli sostenibili in caso di acquisti presso altri fornitori, sulla scorta di effettivi ed esplicitati fattori quali i listini dei prezzi di acquisto, le spese di trasporto, le schede tecniche ecc. L'appellata ha compiuto ogni possibile sforzo per dimostrare la sussistenza dell'interesse economico per la realizzazione delle transazioni commerciali con la T.S.A., che applicava un prezzo per così dire "finito", anziché con controparti nazionali, le quali al prezzo base, con riferimento ai listini della Camera di commercio di Milano e di Brescia, aggiungevano costi fissi [...]. La società ha ampiamente descritto la complessità della merceologia trattata e dei mercati di sbocco praticati, per cui si reputa che abbia giustificato sia l'interesse economico, che la concreta esecuzione delle operazioni poste in essere, senza alcun intento elusivo».
La CTR aggiunse che «il Collegio [...] con la presente decisione conferma la giurisprudenza» della sezione che, con una precedente sentenza, aveva accolto l'appello della I. s.p.a. nella causa concernente l'analogo avviso di accertamento notificato per il periodo d'imposta 2003.
4. Avverso tale sentenza della CTR depositata in segreteria il 3 febbraio 2014 e notificata il 12 febbraio 2014 ricorre per cassazione l'Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato l'8/9 aprile 2014, a sette motivi.
5. La I. s.p.a. resiste con controricorso, notificato il 16/17 maggio 2014.
6. La I. s.p.a. ha depositato una memoria.
7. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 10 febbraio 2020, nella quale il Procuratore generale ha concluso come indicato in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 110 del d.P.R. n. 917 del 1986 e dell'art. 1, commi 301, 302 e 303 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per avere la CTR erroneamente ritenuto che, nei periodi d'imposta 2004 e 2005, i costi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate fiscalmente in Stati non appartenenti all'Unione europea aventi regime fiscale privilegiato potessero essere dedotti pur in mancanza della separata indicazione degli stessi nelle dichiarazioni dei redditi.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 110 del d.P.R. n. 917 del 1986 e degli artt. 2629, 2727, 2729 c.c.», per avere la CTR affermato la rispondenza delle operazioni a un effettivo interesse economico in ragione della prova, da parte del contribuente, della convenienza delle condizioni di vendita praticate dall'impresa estera (nella specie, la T.S.A.) rispetto a quelle praticate dai possibili fornitori italiani, laddove detta rispondenza potrebbe essere affermata solo in presenza della prova della convenienza delle condizioni di vendita praticate dall'impresa estera rispetto a quelle praticate non solo dai possibili fornitori italiani ma anche dai possibili fornitori di altri Paesi non black-list.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente per il caso in cui «si disattendesse quanto precede» denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa