Cass. civ., sez. V trib., sentenza 11/11/2022, n. 33434
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022 PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 28423/2014 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE (c.f. 06363391001), rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi n. 12;-ricorrente - contro D G, –intimato – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 2038/50/14 depositata il 15 aprile 2014. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 luglio 2022, tenuta nelle forme previste dall'art. 23, comma 8 bis, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. con legge 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere G L R;Letta la relazione scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M V, che ha chiesto il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Con distinti ricorsi presentati dinnanzi alla CTP di Milano G D, amministratore unico della società fallita Soeco s.r.l., aveva impugnato tre avvisi di accertamento emessi dalla Agenzia delle Entrate nel 2010 e recanti l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie relative a fatture per operazioni inesistenti e precisamente: per l'anno 2000, sanzione amministrativa di euro 1.181.905,07;per l'anno 2001, sanzione amministrativa di euro 2.392.524,40;per l'anno 2002, sanzione amministrativa di euro 251.090,04. Il D aveva contestato la legittimità degli avvisi di accertamento impugnati eccependo che le suddette sanzioni amministrative non dovevano essere irrogate nei suoi confronti, bensì applicate a carico della società fallita Soeco s.r.l., a norma dell'art. 7 del d.l. n. 269 del 2003. Contro la sentenza della CTP, che aveva accolto il ricorso e aveva annullato gli atti impugnati, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto appello, rigettato dalla CTR con la sentenza n. 2038/50/14. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a due motivi. E’ rimasto intimato il contribuente. L’Agenzia ha depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo, l'Agenzia deduce, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., la falsa applicazione dell'art. 7 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla l. 24 novembre 2003, n. 326 in quanto non si era tenuto conto del fatto che il D, oltre che autore materiale delle violazioni, era la persona che aveva la diretta gestione della società, utilizzata come “schermo” per la realizzazione di frodi fiscali dalle quali aveva tratto diretto vantaggio. Il D, invero, era stato rinviato a giudizio, insieme ad altri soggetti, in relazione a diverse ipotesi di reato di cui al d.lgs. n. 74 del 2000 per fatti compiuti quale amministratore della SOECO (omessa presentazione di dichiarazioni ai fini dell’imposte dirette e IVA, emissione di fatture per operazioni inesistenti, distrazione di beni sociali, occultamento o distruzione delle scritture contabili) e la sua posizione era stata definita con sentenza di patteggiamento (v. nota 1 pag. 10 del ricorso). 2. Con il secondo motivo, l'Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione dell'art. 9 del d.lgs. del 18 dicembre 1997, n. 472 nonché falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'art. 7 d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modificazioni con legge 24 novembre 2003, n. 326, in quanto sussiste una responsabilità, anche in concorso con l’ente, quando il soggetto ha agito, come in questo caso, compiendo attività illecite per finalità estranee all’oggetto sociale e al di fuori del mandato di amministratore della società. 3. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati nei termini e nei limiti di cui alla presente motivazione.
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