Cass. civ., sez. U, sentenza 16/06/2003, n. 25887

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Massime1

Risponde al disposto dell'art.2 del c.p. la regola che mantiene la punibilit\ di un fatto se questo, astrattamente considerato, rientra nell'ambito normativo di due disposizioni che si sono succedute nel tempo. Quando cio' avviene, e nei limiti in cui si verifica, di regola non opera l'effetto abolitivo retroattivo della disposizione successiva. Il nuovo articolo 262 c.c. e l'art. 223, comma 2, n.1, introducono, nella fattispecie astratta, il collegamento causale, tra reato societario e dissesto dell'Azienda, ai fini della punibilit\. Massima redatta a cura del Servizio di documentazione tributaria.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. U, sentenza 16/06/2003, n. 25887
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25887
Data del deposito : 16 giugno 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

 Fatto - 1. Il Tribunale di Benevento ha giudicato con il rito abbreviato
A.G., M.G.M. e A.O. e, con riferimento al fallimento di una societa' di
fatto, ha condannato A.G. e M.G.M. per il reato di bancarotta fraudolenta
patrimoniale (capo A), A.G. anche per i reati di omesso deposito dei bilanci
e delle altre scritture contabili (art. 220 della L. fallimentare) e di
false comunicazioni sociali (capi B e C) e A.O. per il reato di bancarotta
fraudolenta patrimoniale in concorso con i primi due, per aver acquistato
simulatamente l'impresa di A.G. (capo E);
ha inoltre condannato A.O., con
riferimento al fallimento di un'altra societa', per il reato di bancarotta
fraudolenta impropria (artt. 223, comma 2, n. 1), della legge fallimentare e
2621 del codice civile) per l'esposizione di un debito inesistente relativo
all'acquisto dell'impresa di A.G. (capo F).
La Corte di Appello di Napoli con sentenza del 7 maggio 2001 ha
confermato integralmente la decisione del Tribunale.
Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione con due atti di
impugnazione: uno relativo a tutti e tre i ricorrenti e un altro, presentato
da un diverso difensore, relativo al solo A.O.
Il ricorso comune si articola in numerosi motivi: con il primo e' stato
dedotto che, con sentenza n. 753/2001, il Tribunale di Benevento,
accogliendo l'opposizione proposta da A.G. e M.G.M., ha revocato il
fallimento della societa' di fatto e con esso il fallimento dei singoli soci
e che cio' comporta l'assoluzione per l'insussistenza del fatto dalle
imputazioni collegate con tale fallimento;
con il secondo e' stata
denunciata la mancanza di motivazione relativamente alle ipotesi di
bancarotta, perche' secondo i ricorrenti la Corte di appello non ha preso
specificamente in esame i rilievi critici mossi alla sentenza di primo
grado;
con il terzo, riguardante solo A.G., e' stato dedotto il vizio di
motivazione relativo al reato di false comunicazioni sociali, con
riferimento alla ricostruzione del fatto;
con il quarto e il quinto motivo
e' stato ulteriormente dedotto il vizio di motivazione relativo al reato di
false comunicazioni sociali, unitamente alla violazione dell'art. 2621 del
codice civile, con riferimento all'elemento psicologico. Gli altri motivi
riguardano specificatamente la posizione di A.O.;
con il sesto e' stato
dedotto il vizio di motivazione sul carattere fittizio dell'operazione
negoziale intercorsa con A.G. e con il settimo e l'ottavo e' stato dedotto
il vizio di motivazione relativo alla ritenuta inapplicabilita' delle
attenuanti generiche.
Anche il ricorso del solo A.O. si articola in numerosi motivi: con il
primo e' stato dedotto che in seguito alla revoca del fallimento il
ricorrente deve essere assolto per l'insussistenza del fatto
dall'imputazione relativa al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in
concorso con gli altri due imputati;
con il secondo e' stato dedotto il
vizio di motivazione relativamente all'accertamento della simulazione
dell'acquisto dell'impresa di A.G. da parte di A.O.;
con il terzo e' stata
dedotta l'erronea applicazione dell'art. 223 della legge fallimentare in
relazione all'art. 2621 del codice civile, affermando che i giudici di primo
grado avevano riconosciuto il vincolo della continuazione tra il reato di
bancarotta e le false comunicazioni sociali mentre avrebbero dovuto ritenere
il solo reato di bancarotta fraudolenta impropria, e che e' ingiustificato
il diniego delle attenuanti generiche, infondatamente motivato sulla base di
precedenti penali in realta' ormai depenalizzati.
A.G. ha presentato anche motivi aggiunti, con i quali, dopo avere
ribadito l'insussistenza delle contestate irregolarita' nella redazione del
bilancio, ha dedotto che, in seguito dell'entrata in vigore della nuova
disciplina dei reati societari (D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61) e alla
modificazione della normativa relativa alle false comunicazioni sociali, il
fatto a lui addebitato rientrerebbe nella nuova ipotesi contravvenzionale ma
non ha determinato un'alterazione sensibile della situazione economica,
patrimoniale e finanziaria della societa' e non ha dato luogo al superamento
delle soglie introdotte dal nuovo art. 2621 del codice civile;
il reato in
ogni caso sarebbe prescritto.
Con una successiva memoria A.G. ha ribadito che nel fatto a lui
addebitato non sono ravvisabili gli elementi previsti dalle nuove
fattispecie di false comunicazioni sociali, che percio' dovrebbe
pronunciarsi un proscioglimento perche' il fatto non e' piu' previsto dalla
legge come reato e che comunque il reato e' prescritto.


2. La V sezione penale ha rimesso il ricorso alle Sezioni unite per una
pronuncia sulle questioni sorte in seguito alla successione di leggi
relative ai reati societari e soprattutto sugli effetti della sostituzione
del n. 1) del comma 2, dell'art. 223 della legge fallimentare, che ha dato
origine a un contrasto giurisprudenziale.
L'ordinanza di rimessione e' diffusamente motivata:
- rispetto alle false comunicazioni ha preso atto che
l'interpretazione giurisprudenziale, espressa in numerose pronunce di
legittimita', e' univocamente orientata nel senso della continuita'
normativa, e non dell'abolizione del reato previsto dalla disposizione
sostituita, e ha aderito a questo orientamento, ritenendo che la nuova
formulazione normativa si ponga in rapporto di continuita' e sia
sostanzialmente omogenea rispetto alla precedente, anche se ha ridotto
l'area di punibilita' della disposizione abrogata;
- ha poi rilevato che si e' invece manifestato un contrasto
giurisprudenziale con riferimento alla bancarotta fraudolenta impropria da
reato societario prevista dall'art. 223, comma 2, n. 1), della legge
fallimentare, in quanto alcune pronunce si sono espresse in favore della
continuita' normativa, ancorche' il nuovo testo di legge abbia introdotto
nella struttura del reato un elemento totalmente nuovo, rappresentato dal
nesso causale tra reato societario e dissesto, mentre altre hanno sostenuto
la tesi diametralmente opposta dell'abolitio criminis, per la considerazione
che il collegamento causale introdotto dalla nuova disciplina si pone come
elemento di rottura della pretesa continuita', poiche' e' tale da conferire
alla nuova fattispecie un significato lesivo diverso da quello che
caratterizzava la precedente formulazione, indipendentemente dalla
valutazione del bene giuridico;
- ha ancora sottolineato che, nell'ambito delle pronunce che si sono
espresse in favore dell'abolizione, si coglie l'univoco riconoscimento che,
una volta abolito il precedente reato di bancarotta impropria, puo'
residuare il meno grave reato di false comunicazioni sociali, rispetto al
quale rimane da stabilire se ricorrono i nuovi elementi e se e' o meno
prescritto;
- infine ha osservato che nell'ambito dell'orientamento interpretativo
in favore della continuita' si riscontra una divergenza sulla questione se
alla verifica dell'esistenza in concreto dei nuovi elementi specializzanti
debba provvedere il giudice di rinvio ovvero se un siffatto accertamento sia
esperibile in sede di legittimita', sulla base del capo d'imputazione e
della sentenza di appello (integrata, per quanto di ragione, da quella di
primo grado);
- e che nella prima ipotesi si prospetta la questione se, davanti al
giudice del rinvio, possa effettuarsi la contestazione degli elementi
specializzanti, senza il rispetto del doppio grado di giurisdizione.
Cosi' individuate le questioni, la Sezione V, ai sensi dell'art. 618 del
codice di procedura penale, ha disposto la rimessione del ricorso alle
Sezioni Unite.
Diritto - 1. In seguito all'opposizione dei coniugi A.G. e M.G.M. e'
stato revocato il fallimento della societa' di fatto e dei singoli soci,
percio' occorre dichiarare che i fatti dei capi A, B ed E non sussistono.
Restano da considerare il reato di false comunicazioni sociali, per il
quale e' stato condannato A.G., e quello di bancarotta impropria, per il
quale e' stato condannato A.O.
I ricorsi, come si e' visto, sono stati rimessi alle Sezioni Unite per
le questioni relative alla successione di leggi in materia di reati
societari e soprattutto per il contrasto che si e' manifestato in
giurisprudenza sul trattamento che, in seguito alla sostituzione del n. 1)
del comma 2 dell'art. 223 della legge fallimentare, devono ricevere i fatti
commessi prima dell'entrata in vigore della nuova legge.


2. Rispetto al reato di false comunicazioni sociali nella giurisprudenza
della Corte di Cassazione si riscontra una piena convergenza interpretativa
in favore della continuita' normativa La prima sentenza pubblicata, Sez. V,
8 maggio 2002, T (in "Cass. pen.", 2002, pag. 251), si e' espressa
nel senso che, nel rapporto tra vecchia e nuova formulazione delle false
comunicazioni sociali e' ravvisabile un fenomeno di successione di norme
nell'ambito del quale la nuova disciplina si pone in rapporto di
specialita', in quanto "la fattispecie astratta originariamente delineata
risulta ricompresa in quella ora incriminata, con l'aggiunta di elementi
specializzanti;
in tal modo, mentre i fatti attualmente punibili gia' lo
erano in precedenza, non tutti quelli rilevanti penalmente in passato lo
sono ancora". Secondo questa decisione, poiche' "il novellato art. 2621 del
codice civile ha un ambito di applicazione piu' ristretto ne consegue che,
ai fini dell'affermazione di responsabilita' per fatti commessi prima
dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 61 del 2002, e' necessario che la
violazione sia stata contestata al completo dei predetti dati, in modo da
rendere possibile la difesa". Di qui la necessita' di esaminare il capo
d'imputazione per verificare se, in concreto, risultino enunciati i nuovi
elementi caratterizzanti il reato di false comunicazioni sociali;
indagine
che, nel caso di specie, ha avuto esito negativo con il conseguente
annullamento della sentenza impugnata in quanto il fatto non e' piu'
previsto dalla legge come reato.
Nel senso della continuita' si e' espressa anche Sez. V, 21 maggio 2002,
F (in "Cass. pen.", 2002, pag. 3384), considerando che "le differenze
fra le due fattispecie (la vecchia e la nuova) non sono strutturali, ma
attengono a modalita' parzialmente diverse di difesa dello stesso interesse
tutelato, che derivano da politiche criminali diverse, ed in parte frutto
dell'evoluzione nel tempo degli istituti giuridici". La sentenza ha poi
ritenuto che il fatto contestato potesse integrare la nuova fattispecie e ha
dichiarato il reato estinto per prescrizione.
Questo orientamento giurisprudenziale e' stato condiviso da numerose
altre decisioni, che da un lato hanno ritenuto la continuita' e, dall'altro,
per diverse ragioni, prendendo in considerazione il fatto accertato dal
Giudice di merito, hanno pronunciato l'annullamento della sentenza impugnata
senza rinvio: si possono ricordare Sez. 1, 15 maggio 2002, M;
Sez. V,
30 settembre 2002, Orrico;
Sez. V, 8 ottobre 2002, T;
Sez. V, 29
ottobre 2002, S. Quest'ultima decisione, dopo aver richiamato le
sentenze T e F, ha rilevato che rispetto al nuovo art. 2622 del
codice civile una conferma della continuita' e' rinvenibile nell'art. 5 del
D.Lgs. n. 61 del 2002, il quale, con una norma transitoria, stabilisce che
per i reati perseguibili a querela previsti dal decreto legislativo
"commessi prima dell'entrata in vigore dello stesso, il termine per la
proposizione della querela decorre dalla data predetta".
Altre decisioni invece, dopo aver riconosciuto la continuita' tra la
disposizione del vecchio art. 2621 del codice civile e quelle che lo hanno
sostituito, sono state dell'opinione che la Corte di Cassazione non potesse
limitarsi a riscontrare la mancanza dei nuovi elementi nel fatto che le
veniva sottoposto attraverso la sentenza oggetto del ricorso ma dovesse
procedere a un annullamento con rinvio, per consentire nel giudizio di
rinvio l'accertamento circa l'esistenza dei nuovi elementi e la loro
eventuale contestazione: in questo senso si sono pronunciate Sez. V, 9
maggio 2002, P;
Sez. V, 25 giugno 2002, S;
Sez. V, 8 luglio 2002,
B;
Sez. V, 25 settembre 2002, B.
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