Cass. pen., sez. VII, ordinanza 27/07/2021, n. 29361

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 27/07/2021, n. 29361
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29361
Data del deposito : 27 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sui ricorsi proposti da: C W nato a ROMA il 29/11/1975 PERNA FRANCESCA nato a ISOLA DEL LIRI il 21/12/1950 avverso la sentenza del 29/01/2021 della CORTE APPELLO di ROMAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Canzaro W e P F propongono, conm unico atto, ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Roma, il 29 gennaio 2021, ha confermato la condanna emessa a loro carico in data 7 dicembre 2018 dal Tribunale di Cassino che li aveva condannati alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all'art. 95 d.P.R. 115/2002, accertato in Sora il 16 gennaio 2016. I sunnominati - madre e figlio conviventi - ne chiedono l'annullamento in relazione a due motivi di lagnanza. Nel primo motivo gli esponenti deducono vizio di motivazione in riferimento all'elemento soggettivo del reato, non adeguatamente verificato ed argomentato dai giudici di merito - se non attraverso meri indicatori formali - a fronte del fatto che la difesa aveva fornito dimostrazione della non cumulabilità dei redditi della compagna del Canzaro, P R, nel periodo di riferimento (2013), con riferimento al quale i ricorrenti, producendo documentazione ISEE comprovante il loro stato di indigenza, assumono che la P si era allontanata dal domicilio, interrompendo così la convivenza. Nel secondo motivo i ricorrenti lamentano vizio di motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche, argomentato unicamente con il riferimento ai precedenti penali 2. I ricorsi, presentati congiuntamente, sono inammissibili, perché manifestamente infondati e proposti per motivi non consentiti in sede di legittimità. Quanto al primo motivo, deve constatarsi che la sentenza impugnata chiarisce adeguatamente che la dichiarazione redatta per l'ottenimento del beneficio descrive una situazione reddituale compatibile con l'ammissione al beneficio stesso, a fronte del fatto che il nucleo familiare, nel 2013, risultava costituito dai due ricorrenti e dalla P R, il cui allontanamento per tale periodo - oggetto di allegazione di parte - non trova conferma ed anzi è smentito sia dalle dichiarazioni rilasciate dagli odierni ricorrenti contestualmente all'istanza di ammissione, sia dalla documentazione a corredo dell'istanza stessa. Su tali basi la Corte di merito, rilevando che i redditi percepiti dalla P per il 2013 ammontavano ad oltre 19.000 euro, reputa inverosimile la sconoscenza dei dati economici familiari da parte degli imputati, il che ha consentito alla stessa Corte distrettuale di inferire la sicura presenza del dolo generico nella condotta degli odierni ricorrenti, con un percorso argomentativo esente da illogicità e contraddittorietà e, come tale, non sindacabile in questa sede. Si ricorda infatti che Il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo della decisione impugnata è circoscritto alla verifica dell'assenza, in quest'ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro, oppure inconciliabili con "atti del processo", specificamente indicati dal ricorrente, che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (ex multis Sez. 6, Sentenza n. 38698 dei 26/09/2006, M, Rv. 234989). Quanto al secondo motivo, è noto che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (es. Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, P, Rv. 271269, con riguardo ai precedenti penali dell'imputato);
più in generale, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (per tutte vds. Sez. 3, Sentenza n. 28535 del 19/03/2014, L, Rv. 259899).
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