Cass. civ., sez. III, ordinanza 18/05/2022, n. 15914

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, ordinanza 18/05/2022, n. 15914
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15914
Data del deposito : 18 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

LSITÀ DI FIRMA BANCARIA. ORDINANZA sul ricorso n. 4955 del 2019 proposto da: C V, elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Roiti 45, presso lo studio dell'avvocato G M, rappresentata e difesa dall'avvocato F C

- ricorrente -

contro

G V, elettivamente domiciliata in Roma, Via Luigi Settembrini 30, presso lo studio dell'avvocato P D M che la rappresenta e difende

- controricorrente -

:3022 66T nonché

contro

Unicredit S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di San Valentino 21, presso lo studio dell'avvocato F C, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F C

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 7568/2018 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 28/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/03/2022 dal Consigliere FRANCESCO M C.

FATTI DI CAUSA

1. C V convenne in giudizio sua madre I L F e la Banca di Roma, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che fossero condannate al risarcimento dei danni da lei patiti a seguito della illegittimità di una serie di operazioni compiute dalla madre sul conto corrente acceso presso la Banca convenuta dal defunto padre L V. A sostegno della domanda espose, tra l'altro, che in data 25 settembre 2001 era stata effettuata su quel conto corrente, da parte della madre e del padre, la sottoscrizione di quote Romagest per il controvalore di euro 723.039,66;
che il successivo 29 settembre 2001 erano state sottoscritte, sul medesimo conto corrente, due polizze assicurative vita, per la somma di un miliardo di lire ciascuna, i cui beneficiari erano per una la madre e l'altra figlia G V e per l'altra la madre e sé stessa;
e sostenne che entrambe tali operazioni erano state compiute falsificando la firma del padre L V, venuto poi a mancare il successivo 29 novembre 2001. Aggiunse che, dopo la morte del padre, la madre aveva effettuato tre prelievi, per le somme di euro 9.300, 3.682,64 e 7.750, in forza di una delega del defunto, da ritenere pertanto inefficace. Concluse osservando che tutte quelle operazioni avevano leso i suoi interessi di erede, così integrando responsabilità ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. a carico di entrambe le parti convenute. Si costituì in giudizio I L F, rilevando che la firma apposta da L V per lo svolgimento delle suindicate operazioni era autentica, che entrambe le figlie erano presenti all'atto del compimento delle stesse e che, comunque, ella aveva diviso la somma portata dalle due polizze vita attribuendole per intero alle figlie, anziché soltanto per la misura della metà. Si costituì in giudizio anche la Banca, rilevando la regolarità delle sottoscrizioni, aggiungendo che la L F aveva compiuto le altre operazioni in base ad un atto di delega e che, comunque, essa era stata informata del decesso di L V soltanto in data 11 dicembre 2001. Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda e, in caso di suo accoglimento, che I L F fosse condannata a tenerla indenne da ogni pretesa avanzata nei suoi confronti. Acquisiti documenti e svolta prova per interpello, il Tribunale rigettò la domanda e condannò l'attrice al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata in via principale da C V e in via incidentale condizionata da Unicredit s.p.a. (subentrata alla Banca di Roma) in relazione al suo diritto ad essere tenuta indenne dalla L F in caso di condanna;
nel corso del giudizio è venuta a mancare I L F e la causa è stata riassunta nei confronti dell'altra figlia G V. La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 28 novembre 2018, ha rigettato l'appello principale, ha dichiarato assorbito l'appello incidentale condizionato e ha condannato l'appellante principale alla rifusione delle ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che il primo motivo di appello era infondato, dato che le memorie istruttorie di C V, inviate a mezzo posta, erano pervenute in cancelleria oltre il termine di cui all'art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., non potendo quindi essere tenute in considerazione. In relazione al secondo motivo, avente ad oggetto la verificazione delle scritture private, la Corte d'appello ne ha dichiarato l'infondatezza, rilevando che entrambe le parti convenute in primo grado avevano proposto istanza di verificazione e che l'appellante principale si era limitata a disconoscere la firma di L V, senza fornire alcuna prova del nesso di causalità tra il fatto e il danno lamentato. È stato poi dichiarato infondato anche il terzo motivo di appello, relativo alla valutazione delle dichiarazioni rese da C V in sede di interrogatorio formale. Ha rilevato la sentenza che l'attrice aveva ammesso di avere incassato l'intera somma di lire un miliardo in relazione alla polizza vita della quale ella era beneficiaria soltanto per la metà;
per cui, considerata l'erroneità dei conteggi, non vi era alcuna prova del nesso di causalità tra le presunte falsificazioni e il danno. La Corte di merito, in particolare, ha stabilito che C V aveva ottenuto, grazie all'incasso integrale della polizza suindicata (pari ad euro 516.456,57), una somma maggiore rispetto a quella che le sarebbe toccata sommando la metà di quella polizza con un terzo del residuo asse ereditario. In relazione, infine, al quarto motivo di appello, avente ad oggetto le operazioni compiute da I L F dopo la morte del marito, la sentenza ha rilevato che, tenendo conto della somma ricevuta grazie all'incasso integrale della polizza suindicata, non vi era alcuna prova di un danno subito da C V, per cui la domanda avanzata ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. doveva essere rigettata. Tanto più che dall'interrogatorio formale era emerso che ella era presente in banca con la sorella e la madre dopo la morte del padre e che aveva ricevuto delega per operare sul conto corrente della madre.
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