Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/10/2018, n. 26016
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In tema di compatibilità tra la professione di avvocato e l'impiego pubblico, per effetto della mancata disapplicazione del comma 58 bis dell'art. 1 del d.lgs. n.662 del 1996, introdotto dal d.l. n. 79 del 1997, conv. con modif. in l. n.140 del 1997, da parte dell'art. 1, comma 1, della l. n.339 del 2003, all'amministrazione scolastica compete la valutazione in concreto della legittimità dell'assunzione del patrocinio legale da parte dell'insegnante che ivi presti servizio, nonché l'individuazione delle attività che, in ragione dell'interferenza con i compiti istituzionali, non sono consentite ai dipendenti, con particolare riferimento all'assunzione della difesa in controversie di cui è parte la stessa amministrazione scolastica.
Sul provvedimento
Testo completo
AULA 'B' 26016/ 18 17 OTT, 2018 T T I R I D Oggetto E REPUBBLICA ITALIANA T N E S E - L IN NOME DEL POPOLO ITALIANO U O B E T I LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE C R. G. N. 761/2013 S E E N O SEZIONE LAVORO I Cron. 26016 Z A R T S I G Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: E Rep. R E T N E S Dott. VINCENZO DI CERBO Presidente Ud. 05/04/201 E Consigliere PU Dott. AMELIA TORRICE Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO Consigliere - Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO Rel. Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE I ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 761-2013 proposto da: MINISTERO DELL'ISTRUZIONE DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA C.F. 80185250588, in persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
ricorrente 2018 contro 1497 COLAGRANDE MARIA, domiciliata in ROMA, elettivamente VIALE DEI PARIOLI 76, presso lo studio dell'avvocato SEVERINO D'AMORE, rappresentata e difesa dall'avvocato ROSARIO PANEBIANCO, giusta delega in atti;
controricorrente avverso la sentenza n. 1084/2012 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 22/10/2012 R.G.N. 1134/11;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato ROSARIO PANEBIANCO. R.G.00761/2013 FATTI DI CAUSA La Corte d'Appello di L'Aquila, in riforma della pronuncia di prime cure, ha accolto la domanda di MA RA, docente di discipline giuridiche ed economiche presso l'Istituto di istruzione superiore Ottavio Colecchi di L'Aquila, volta a sentir dichiarare il suo pieno diritto ad esercitare la professione di avvocato. L'appellante aveva chiesto al Giudice di disapplicare il provvedimento del 3 novembre 2009, con cui il Dirigente scolastico aveva vincolato la concessione dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attività libero-professionale per l'anno scolastico 2009-2010 al divieto di patrocinare cause a favore o contro l'amministrazione di appartenenza. Aveva sostenuto l'illegittimità di un siffatto limite, per l'esistenza di una normativa speciale (art. 3 R.d.l. n.1578/1933), il cui contenuto era stato preservato dai provvedimenti successivi (I. n.662/1996 e sue modifiche ed integrazioni e l. n.339/2003) la quale, trattando il regime dell'incompatibilità dell'esercizio delle libere professioni e di quella forense in modo specifico - con il rapporto di pubblico impiego, aveva escluso dal divieto la categoria dei professori delle scuole superiori. Nell'accogliere la domanda, la Corte territoriale ha statuito che la normativa speciale sulla scuola (e la peculiare natura dell'attività d'insegnamento) ha lasciato inalterata la possibilità in capo al docente di scuola superiore di svolgere la professione forense, senza altri limiti e condizioni, se non quelli espressamente previsti dall'art. 508, co.15, del d.lgs. 16 aprile 1994, n.297 (cd. Testo Unico in materia d'istruzione). Ha, pertanto, concluso, che il diniego di autorizzazione imposto a MA RA, limitatamente al patrocinio in giudizi in cui fosse parte l'Amministrazione scolastica, si poneva in contrasto con la lex specialis che conferisce ai docenti di materie giuridiche ed economiche delle scuole la facoltà di svolgere la professione forense, previa autorizzazione, non ravvisando in ciò un contrasto con lo status giuridico della dipendente. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Miur affidandosi a una censura. MA RA resiste con tempestivo controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE Nell'unica censura, formulata ai sensi dell'art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., il Ministero ricorrente contesta "Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 della Costituzione;
della I. 339/2003;
dell'art. 58 bis L. 23/12/1996 n.662;
del R.D.L. 27/11/1933 n.1578, convertito, con modificazioni, dalla L. 22/1/1934 n.36 e successive modificazioni;
del Codice deontologico forense;
degli artt. 2 e 6 del codice di comportamento dei pubblici dipendenti allegato 2 al vigente CCNL scuola del 29/11/2007;
dell'art. 508 del d.lgs. 297/94". Afferma che la motivazione della Corte d'Appello contrasta con la normativa richiamata in epigrafe. Si richiama alla necessità di evitare potenziali conflitti d'interesse nell'esplicazione dell'attività professionale, in quanto: "Nel caso di specie il conflitto e l'interferenza sono quanto mai