Cass. civ., sez. II, sentenza 30/05/2013, n. 13614

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La cointestazione di una cassetta di sicurezza o di un conto corrente bancario autorizza ciascuno degli intestatari, rispettivamente, all'apertura della cassetta e al relativo prelievo, ovvero al compimento di tutte le operazioni consentite sul conto, ma non attribuisce al medesimo cointestatario, che sia consapevole dell'appartenenza ad altri degli oggetti custoditi o delle somme risultanti a credito, il potere di disporne come proprietario.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 30/05/2013, n. 13614
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13614
Data del deposito : 30 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P L - Presidente -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. B L - Consigliere -
Dott. P C A - rel. Consigliere -
Dott. M F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 13042/2007 proposto da:
T G C.F. TNBNGDU29E05H501G, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO

69, presso lo studio dell'avvocato F A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato G G;



- ricorrente -


contro
TONON LUCIO C.F. TNNLCU56E16G224T, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX

SETTEMBRE

15, presso lo studio dell'avvocato C F, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato B F;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 970/2006 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. C A P;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R L A, che ha concluso per l'inammissibilità o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 30/1/1998 T G conveniva il giudizio il proprio figlio T L chiedendo, in principalità, che fosse dichiarata la simulazione degli acquisti di 13 unità immobiliari, apparentemente acquistate dal figlio e che dissimulavano l'acquisto diretto da parte di esso attore;
in subordine chiedeva che fossero revocate per ingratitudine del donatario le donazioni, da qualificarsi come donazioni indirette, relative alle 13 proprietà immobiliari acquistate con denaro da lui elargito.
L'attore esponeva che il figlio si era appropriato dell'intero contenuto di due cassette di sicurezza costituito da titoli di credito e gioielli per un valore di 5/6 miliardi di lire. T L si costituiva replicando che gli acquisti immobiliari erano stati realizzati dopo il 1977, anno in cui il padre aveva cessato ogni attività e che i valori mobiliari erano custoditi in due cassette che non erano intestate al padre, ma esclusivamente a lui. Nel giudizio interveniva la moglie separata dell'attore la quale chiedeva che le fosse attribuito il 50% delle proprietà immobiliari in caso di accoglimento della domanda attorea;
il terzo intervenuto (la cui domanda era contestata in quanto i due coniugi erano in regime di separazione del beni) non risulta avere partecipato al giudizio di appello.
Con sentenza del 17/5/2001 il Tribunale di Padova rigettava entrambe le domande di T G: rigettava la domanda di simulazione per insussistenza dell'accordo simulatorio e rigettava la domanda di revocazione delle donazioni non sussistendo la prova di comportamenti ingiuriosi del figlio o di atti gravemente pregiudizievoli al patrimonio stante la mancanza di prova sulla titolarità dei beni (neppure identificati) contenuti nelle cassette di sicurezza delle quali era unico intestatario il convenuto.
T G proponeva appello lamentando, tra l'altro, la mancata ammissione delle prove per interpello e testi che riproponeva con l'atto di appello, deferendo, inoltre, giuramento decisorio. La Corte di Appello di Venezia con sentenza del 16/6/2006 rigettava l'appello rilevando:
- che non sussisteva la dedotta simulazione in quanto non sussisteva un accordo simulatorio, che avrebbe dovuto essere provato in contraddittorio con i venditori delle unità immobiliari;

- che le donazioni (che il giudice di primo grado aveva ritenute provate perché il convenuto non aveva negato che il denaro necessario per gli acquisti era stato erogato dal padre) non potevano essere revocate perché gli atti descritti dal padre donante non integravano gli estremi dell'ingratitudine perché il figlio aveva operato su conti e cassette di sicurezza delle quali aveva disponibilità così che se anche ne avesse disposto, come l'appellante pretendeva di provare, l'atto di disposizione sarebbe stato lecito perché la cointestazione consentiva a T L di disporre del patrimonio;
per lo stesso motivo (da intendersi per mancanza del requisito della decisorietà) riteneva inammissibile il giuramento decisorio che l'appellante aveva deferito al proprio figlio.
T G propone ricorso affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso T L.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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