Cass. pen., sez. II, sentenza 08/06/2023, n. 24728
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la seguente SENTENZA Sul ricorso proposto da P T nato in Montenegro il 28 novembre 1979 avverso la sentenza resa il 2 Febbraio 2022 dalla CORTE di APPELLO di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere M D B;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M G che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso e dell'avv. P C C che ha insistito nei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Roma 111 giugno 2015, con cui l'imputato è stato dichiarato responsabile dei reati di usura aggravata dall'attività imprenditoriale esercitata dalle vittime, meglio contestati ai capi 1, 2 e 3 della rubrica, determinando la pena in anni uno, mesi sei di reclusione e 1.000 C di multa quale aumento in continuazione sulla pena già inflitta per analogo reato. 2.Avverso la detta sentenza propone ricorso l'imputato, deducendo: 2.1Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni rese dalle persone offese, poiché l'imputato è stato condannato per il reato di usura aggravata, ritenendo apoditticamente attendibili e credibili le dichiarazioni delle persone offese, mentre il thema probandum non è la dazione di un prestito e l'esistenza di un rapporto tra le persone offese e l'imputato, quanto piuttosto se l'entità degli interessi pattuiti fosse tale da rendere usurario il prestito. Al riguardo il ricorrente sottolinea la genesi delle dichiarazioni accusatorie formulate dalla signora D, moglie di E S, subito dopo l'arresto del marito per il reato di usura in concorso con il Pavlivic, e censura l'affermazione dei giudici di merito secondo cui la donna non avrebbe avuto interesse a formulare accuse calunniose, osservando, di contro, che era evidente il suo intento di scagionare i propri congiunti. Non va peraltro trascurato che anche il tribunale del riesame ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni dei due coniugi Soscia, annullando l'ordinanza pronunziata in danno del Pavlivic. Il ricorrente sottolinea inoltre l'assenza di riscontri esterni, che la sentenza di merito ritiene sussistenti in forza di un vizio di motivazione e di un travisamento della prova.
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