Cass. civ., sez. II, sentenza 08/10/2019, n. 25148
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ato la seguente SENTENZA sul ricorso 20435-2017 proposto da: MONTIBELLER LUCA, GASPERIN CARMELA, V D, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio dell'avvocato U C, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato S C;- ricorrenti -controMINISTERO ECONOMIA FINANZE 80415740580;- intimato - avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 24/11/2016;4É759/13 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2019 dal Consigliere Dott. A S. udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C M, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;uditi l'Avvocato S per delega dell'Avvocato S C. FATTI DI CAUSA D V, L M e C G hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso il decreto n. 637/2016 del 14 aprile 2016 della Corte di Appello di Perugia, giudice di rinvio investito dalla sentenza della Corte di Cassazione Sez. 6 - 2, n. 9423 dell'8 maggio 2015. L'intimato Ministero dell'Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva. L'impugnato decreto ha accolto la domanda di equa riparazione per l'eccessiva durata del processo instaurato davanti al Tar Lazio il 24 luglio 1996 e definito con sentenza del 26 gennaio 2012, proposta da tutti i restanti ricorrenti, escludendo soltanto D V, L M e C G, in quanto ha ritenuto la loro qualità di eredi (i primi due di B M e l'ultima di G M) non provata neanche attraverso dichiarazioni sostitutive di notorietà. RAGIONI DELLA DECISIONE Con il primo motivo i ricorrenti censurano la violazione degli artt. 115, comma 1 e 167 c.p.c., 2909 c.c., 2 e ss. legge 24 marzo 2001, n. 89, nonché la violazione "dei consolidati principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dalla S.C. di Cassazione in tema di danno da violazione del diritto alla ragionevole durata del processo presupposto". La Corte di Appello di Perugia avrebbe omesso di valutare la Ric. 2017 n. 20435 sez. 52 - ud. 19-06-2019 -2- documentazione prodotta dagli odierni ricorrenti nella fase del giudizio svoltasi dinanzi alla Corte di Appello di Roma e attestante la loro qualità di eredi legittimi delle parti originarie;inoltre, la pronuncia risulterebbe illegittima in quanto il vizio di legittimazione processuale non sarebbe stato dedotto dalla difesa del Ministero convenuto, ma sollevato d'ufficio dai giudici del merito. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 182 e 183, comma 4, c.p.c., 2 e ss. legge 24 marzo 2001, n. 89, nonché "dei consolidati principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dalla S.C. di Cassazione in tema di danno da violazione del diritto alla ragionevole durata del processo", per non avere la Corte di Appello di Perugia richiesto alle parti interessate di fornire ulteriori chiarimenti atti a comprovare la loro qualità di eredi nel procedimento presupposto, ovvero di depositare la documentazione integrativa di quella già presente agli atti di causa. I ricorrenti hanno allegato altresì di aver presentato autonomo ricorso per la cassazione del provvedimento n. 520/2017 della stessa Corte di Appello di Perugia, con il quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto avverso il decreto n. 637/2016 del 14 aprile 2016 della Corte di Appello di Perugia. Tale ultimo ricorso è stato deciso da questa Corte con ordinanza n. 11481 del 30/04/2019, che, accogliendo l'impugnazione, ha cassato il decreto n. 520/2017 e rinviato la causa alla Corte d'Appello di Perugia, ritenendo sussistente l'errore di fatto revocatorio di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. in cui era incorso il decreto n. 637/2016 del 14 aprile 2016. In via pregiudiziale, va osservato il collegio che deve decidere sul ricorso per cassazione avverso il decreto n. 637/2016 della Ric. 2017 n. 20435 sez. 52 - ud. 19-06-2019 -3- Corte di Appello di Perugia può essere composto anche con magistrati che hanno partecipato alla decisione del ricorso per cassazione contro la pronuncia resa . dalla stessa Corte d'Appello sulla revocazione, ciò non determinando alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice (cfr. Cass. Sez. 2, 12/01/2017, n. 656). L'accoglimento del ricorso avverso il provvedimento che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto contro il decreto di equa riparazione, impugnato altresì con il ricorso per cassazione in esame, sul presupposto della configurabilità dell'errore di fatto revocatorio, determina la cessazione della materia del contendere, con sopravvenuto difetto di interesse al ricorso, a nulla rilevando che la pronuncia da rendere in sede di rinvio nel procedimento di revocazione possa essere a sua volta impugnata per cassazione (cfr. Cass. Sez. U, 28/04/2017, n. 10553;Cass. Sez. U, 29/11/2006, n. 25278). In ragione delle peculiarità della vicenda processuale e della correlazione col giudizio di revocazione, sussistono ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al comma 1-quater all'art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. D'altro canto, l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato neppure trova applicazione per la sopravvenuta carenza di interesse all'impugnazione.
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