Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 07/10/2022, n. 29272

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 07/10/2022, n. 29272
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29272
Data del deposito : 7 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 3933-2020 proposto da: CERQUA FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE

21/23, presso lo studio dell'avvocato L G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato M P G;

- ricorrente -

2022 contro 740 I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA

29, presso l'Avvocatura Centrale t dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati A S, E D R, ANIETTA CORETTI, C D'AIO, L M;
- contrari corrente - avverso la sentenza n. 2548/2019 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 15/07/2019 R.G.N. 1756/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/03/2022 dal Consigliere Dott. R M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M F, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso e assorbimento dei rimanenti;
udito l'Avvocato M P G;
udito l'Avvocato A S. Rg 393312020 C F cl

INPS

Udien.;:a del 2 mar-,o 2022

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2548 del 2019, la Corte d'appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato l'ingegnere C F tenuto all'iscrizione alla gestione separata INPS e al pagamento dei relativi contributi, in riferimento all'anno 2005, in ragione della non occasionalità dell'attività svolta, ritenuta validamente interrotta la prescrizione e dovute le sanzioni per omessa iscrizione e denuncia dei redditi, a fini contributivi.

2. Per la Corte di merito gli ingegneri iscritti all'Albo professionale ma non all'INARCASSA, in quanto iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti in ragione dell'attività lavorativa subordinata contestualmente svolta (nella specie, l'INPDAP, in riferimento all'attività di dipendente pubblico svolta dal professionista), erano tenuti all'iscrizione anche alla gestione separata per lo svolgimento dell'attività libero professionale a garanzia della copertura previdenziale per detta attività di cui altrimenti non avrebbe'íoduto, ritenuto irrilevante l'avvenuto pagamento del contributo di solidarietà (recte integrativo) all'INARCASSA. 3 La Corte di merito riteneva tenuti all'iscrizione anche i lavoratori autonomi occasionali purché produttori di un reddito superiore a 5.000 euro annui rimanendo condizionato l'obbligo di iscrizione dal limite oggettivo del reddito prodotto e, nella specie, l'occasionalità dell'attività lavorativa autonoma era risultata smentita dal consistente reddito prodotto (euro quarantacinquemila) non adeguatamente giustificato, in giudizio, ove erano state prodotte dal professionista due sole fatture di importo minimo (euro 1.400,00) a fronte del detto reddito.

4. Riteneva, ancora, la Corte territoriale, la prescrizione dei contributi pretesi tempestivamente interrotta con il primo atto interruttivo intervenuto in data 20 giugno 2011. 5. Infine, la Corte di merito riteneva concretizzata la fattispecie di evasione contributiva sul presupposto che l'omessa iscrizione ad una gestione previdenziale obbligatoria configurasse occultamento del rapporto e dei relativi redditi e facesse presumere l'esistenza di una volontà di realizzare Rg 3933/2020 Rossana Mancino estensore tale occultamento, allo specifico fine di non versare contributi o premi dovuti;
in definitiva, la mancata compilazione del quadro relativo al reddito da attività professionale e l'omessa iscrizione alla gestione separata integravano le ipotesi di denuncia obbligatoria e di registrazioni obbligatorie omesse che non consentivano all'INPS una immediata individuazione dei contributi omessi versando';
pertanto, nella fattispecie di evasione contributiva.

6. Avverso tale sentenza ricorre C F, con ricorso affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso, l'INPS.

7. Con ordinanza n. 33387 del 2021 la sesta sezione della Corte ha richiesto un intervento nomofilattico sulle questioni sollevata dal quarto motivo

MOTIVI DELLA DECISIONE

8. Con il primo motivo si deduce violazione dell'art. 2935 cod.civ. e dell'art. 3, co.9 legge n. 335 del 1995, contraddittorietà e insufficienza della motivazione ai sensi dell'art. 132 cod.proc.civ., per avere la Corte di merito infondatamente respinto l'eccezione di prescrizione.

9. Con il secondo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 26, legge n. 335 del 1995 in combinato disposto con l'art. 18, co. 12, d.l.n.87 del 2011 conv. in legge n. 111 del 2011, dell'art. 2697 cod.civ. e 115 cod.proc.civ., per non avere la Corte di merito accertato che il ricorrente, nell'anno 2005, non avesse svolto alcuna attività di lavoro in via abituale tale da legittimare l'obbligo d'iscrizione alla gestione separata. 10. Con il terzo, deducendo plurime violazioni di legge, si prospetta la questione dell'inesistenza dell'obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli iscritti in appositi albi professionali, disattendendo la legislazione di riforma del sistema pensionistico e la giurisprudenza di legittimità per cui l'attività professionale per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione ad appositi albi o elenchi è estranea alla gestione separata INPS, e tenuto conto che l'avvenuto pagamento del contributo integrativo a INARCASSA, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, comporta l'esenzione dall'iscrizione alla gestione separata, spettando solo all'autonomia della cassa la scelta sulla qualificazione giuridica da dare ai Rg 3933/2020 R M estensore contributi obbligatoriamente richiesti agli iscritti;
si assume, inoltre, la violazione del principio di unicità ed esclusività del regime previdenziale vigente sulla medesima attività in considerazione della circostanza che i contributi dovuti sui redditi professionali non possono essere soggetti a più gestioni contemporaneamente;
violazione dell'art. 38 Cost. per essere la sentenza fondata sul principio per cui ogni cittadino sarebbe obbligato a costituirsi tante posizioni previdenziali quante sono le attività comunque esercitate in vita. 11. Con il quarto si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 116 , co.8 legge n.388 del 2000, dell'art. 2697 cod.civ., insufficiente motivazione e violazione dell'art. 132 cod.proc.civ. e 118 disp. att. cod.proc.civ., per avere la Corte di merito ritenuto integrata la fattispecie di evasione contributiva nonostante mancasse l'elemento soggettivo dell'avere volontariamente cercato di sottrarsi al pagamento della contribuzione alla gestione separata in riferimento all'attività di lavoro libero professionale svolta, non potendo ritenersi tenuto a compilare il quadro RR il professionista che si reputi non tenuto al relativo obbligo per insussistenza, a monte, dell'obbligo di iscrizione alla gestione separata. 12 II ricorso è da rigettare. 13 I motivi dal primo al terzo, in disparte i profili di inammissibilità per la contestuale devoluzione di censure secondo paradigmi diversi previsti dal codice di rito e tra loro incoerenti, sono da rigettare per il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui sussiste l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l'INPS dei professionisti, iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, e che non possono iscriversi alla Cassa di previdenza di categoria, alla quale versano in quanto iscritti agli albi esclusivamente un contributo integrativo cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio (a partire da Cass. nn. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n. 1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n. 1643 del 2018, confermate nel tempo da numerose altre). 14. Ricostruendo la portata precettiva dell'art. 2, comma 26, legge n. 335/1995, per come autenticamente interpretato dall'art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con legge. n. 111/2011), questa Corte, sulla scorta Rg 3933/2020 R M estensore di Cass.,Sez.Un., n. 3240 del 2010, ha avuto modo di affermare più volte che l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall'esercizio abituale (ancorché non esclusivo) ed anche occasionale (oltre la soglia monetaria indicata nell'art. 44, comma 2, d.l. n. 269/2003, conv. con L. n. 326/2003) di un'attività professionale per la quale è prevista l'iscrizione ad un albo o ad un elenco, tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto dall'attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così, espressamente, Cass.n. 32167 del 2018, in motivazione, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 519 del 2019, 317 e 1827 del 2020, 477, 478, 4419 del 2021). 15. E trattasi di affermazione che discende agevolmente dalla lettura del combinato disposto degli artt. 2, comma 26, legge n. 335/1995, e dell'art. 44, d.l. n. 269/2003, entrambi cit., il primo dei quali, per quanto qui rileva, prevede l'obbligatorietà dell'iscrizione a carico dei «soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell'articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni ed integrazioni», mentre il secondo, a decorrere dal 10 gennaio 2004, estende tale obbligo anche ai «soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale [...] solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5.000». 16. Nell'intento del legislatore, reso palese dalla lettera delle disposizioni citate, l'obbligatorietà dell'iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all'esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento;
la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un'attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all'iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora Rg 3933/2020 R M estensore ci si trovi in presenza di un'attività lavorativa svolta con i caratteri dell'a bitualità. 17. L'affermazione contenuta in Cass. n. 3799 del 2019 secondo cui la produzione di un reddito superiore a euro 5.000,00 darebbe luogo ex se all'obbligo di iscrizione alla Gestione separata va intesa (come già chiarito da Cass. n.4419 del 2021) come volta ad affermare che, in quella data fattispecie, come nella vicenda ora all'esame, la produzione di un reddito superiore alla soglia cit. vale a privare di rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell'attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che, pur a volerne predicare la non abitualità, il superamento della soglia di cui all'art. 44, d.l. n. 269/2003, cit., determina comunque la sottoposizione all'obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata. 18. In ordine al dies a quo del termine di prescrizione, va ribadito l'orientamento espresso da questa Corte di legittimità (da ultimo Cass. n. 5312 del 2022 e la giurisprudenza ivi richiamata) secondo il quale la prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, tra le tante, Cass. nn. 27950 del 2018, 19403 del 2019, 1557 del 2020). 19. L'obbligazione contributiva nasce, infatti, in relazione ad un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all'obbligazione tributaria. 20. Va ribadito che, pur sorgendo il debito contributivo sulla base della produzione di un certo reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dell'obbligazione dipende dall'ulteriore momento in cui scadono i termini previsti per il suo pagamento: lo si desume dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 55, secondo il quale i contributi obbligatori si prescrivono «dal giorno in cui i singoli contributi dovevano essere versati».Rg 3933/2020 Rossano, Mancino estensore 21. Viene quindi in rilievo il D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, comma 4, che ha previsto che i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi. 22. Assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche l'eventuale differimento dei termini stessi previsto da disposizioni volte ad introdurre nell'ordinamento per i titolari di posizione assicurativa, che si trovino nelle condizioni prescritte per beneficiare del differiment9 dei termini di pagamento (v., fra tante, Cass. n. 10273 del 2021;
sulla natura regolamentare dei D.P.C.M. che introducono un differimento dei termini di pagamento, e quindi di fonte normativa quando hanno funzione attuativa o integrativa della legge, v. Cass. n. 73 del 2014;
n. 16586 del 2010;
n. 20898 del 2007;
n. 5360 del 2004;
n. 23674 del 2004;
n. 11949 del 2004;
n. 14210 del 2002;
n. 1972 del 2000). 23. Quanto alla disciplina sanzionatoria applicabile, la fattispecie in esame, nei termini evocati dalla parte ricorrente, si inquadra all'interno della disciplina sanzionatoria connessa agli inadempimenti degli obblighi contributivi da parte del lavoratore autonomo. 24. In particolare, viene evocata la questione della individuazione dei tratti distintivi della fattispecie della omissione contributiva rispetto a quella della evasione, in relazione alle distinte previsioni contenute nel citato art. 116, comma 8, I. n. 388 del 2000. 25. In tale quadro, va pure osservato, il ricorrente invoca la valenza mitigatrice, se non estintiva, che dovrebbe attribuirsi allo stato di buona fede derivante dalle incertezze applicative che hanno reso necessario il ricorso ad una disposizione di interpretazione autentica. 26. E' opportuno ricordare, dal punto di vista dell'evoluzione della disciplina sanzionatoria, che una prima previsione relativa all' applicazione di somme aggiuntive, in funzione di rafforzamento dell'obbligazione contributiva, era contenuta nell'art. 4 I. 29 febbraio 1988, n. 48 (di conversione del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536), che inserì la distinzione tra fattispecie, meno Rg 3933/2020 R M estensore grave perché espressione di mero ritardo nell'adempimento, di omissione contributiva da quella, più grave, di evasione che invece allude alla condotta di chi non paga i contributi ed ometta di registrare i propri lavoratori o presenti dichiarazioni non conformi al vero. 27. Le regole relative al pagamento delle somme aggiuntive vennero modificate dalla legge finanziaria 662/1996. 28. Da un lato si ribadì il concetto della omissione intesa come morosità, mentre quanto alla evasione, con la disciplina contenuta nei commi 217- 224 dell'art. 1, si introdusse l'ipotesi di fattispecie nelle quali il mancato pagamento di contributi e premi derivava da oggettive incertezze connesse con contrastanti o sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali;
furono previste norme di favore in caso di imprese decotte soggette a procedure concorsuali e fu inasprito il piano sanzionatorio con la introduzione di una sanzione una tantum in caso di evasione contributiva. Se con la I. n. 48/1988, in caso di evasione, la sanzione civile massima giungeva al 200%, con l'art. 1, commi 217 ss., I. n. 662/1996 si previde, per la condotta di evasione, una sanzione civile massima del 100%, cui andava ad aggiungersi la sanzione, c.d. una tantum che poteva arrivare, con modalità poi stabilite per i singoli Istituti anch'essa al 100%. 29. L'art. 1, comma 217, confermò l'alternativa tra la morosità e l'evasione, confermando che nel primo caso si trattava di un semplice inadempimento contributivo, mentre la seconda si realizzava con il mancato versamento contributivo connesso alla mancata presentazione delle denunce obbligatorie o alla presentazione di queste con modalità non coerenti con il vero. 30. La novità del testo legislativo in esame fu la concessione di una forma di ravvedimento in favore degli evasori, mediante la possibilità di fruire di un trattamento sanzionatorio più mite, attraverso la previsione introdotta dalla seconda parte dell'art. 1, comma 217, lettera b), secondo cui, qualora la denuncia della situazione debitoria fosse effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori, e comunque entro 6 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi, la somma una tantum sarebbe stata dovuta nella misura del Rg 3933/2020 R M estensore 30%, sempreché il versamento dei contributi o premi fosse effettuato entro 30 giorni dalla denuncia stessa. 31. Su questo quadro normativo si determinò un contenzioso cospicuo che contrappose tesi diverse al fine di verificare il limite della fattispecie di evasione, ritenuta, a causa della sanzione una tantum, fonte di aggravamento di una già rilevante pressione sanzionatoria ordinaria. 32. I dubbi furono risolti dalla sentenza n. 4808 del 2005, con cui le Sezioni Unite della Cassazione (seguite da Cass. n. 16423 del 2005;
n. 17841 del 2005;
n. 9126 del 2007) stabilirono che «in tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali e assistenziali, la mancata presentazione del modello DM/10 (recante la dettagliata indicazione dei contributi previdenziali da versare) configura la fattispecie della evasione - e non già della semplice omissione contributiva, ricadente nella previsione della lettera b) dell'art. 1, comma 217, della legge n. 662 del 1996, che commina una sanzione una tantum il cui pagamento (alla stregua della modifica apportata al predetto comma 217 dall'art. 59 della Legge n. 449 del 1997) può essere evitato effettuando la denuncia della situazione debitoria spontaneamente (prima, cioè, di contestazioni o richieste da parte dell'ente) e comunque entro sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi, purché il versamento degli stessi sia poi effettuato entro trenta giorni dalla denuncia (cd. ravvedimento operoso), senza che in subiecta materia, spieghi influenza l'entrata in vigore dell'art. 116, commi 8 e ss. della legge n. 388 del 2000 (configurante la fattispecie dell'evasione contributiva in termini diversi e più favorevoli al datore di lavoro) attestante la indiscutibile inapplicabilità alle vicende precedenti alla sua entrata in vigore». 33. Con l'entrata in vigore dell'art. 116, comma 8, I. n. 388/2000 lett. a) l'omissione contributiva viene delineata nel «mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rive/abile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie», mentre la lett. b) definisce evasione il mancato pagamento dei contributi «connesso a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il Rg 3933/2020 R M estensore datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulti rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate». 34. Per l'omissione, la sanzione civile su base annua sarà pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti fino ad un massimo del 40% dei contributi omessi. Per l'evasione, la sanzione civile sarà pari ad un tasso annuo del 30% fino ad un massimo del 60%. A ciò si aggiunge, se non interviene il pagamento integrale della somma dovuta, la maturazione degli interessi di mora sui soli contributi (art. 116, comma 9, legge cit.). 35 La previsione contenuta nella lett. b), in ogni modo, mantiene il caso del ravvedimento «qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa», applicandosi nuovamente il regime sanzionatorio dell'omissione. 36. L'art. 116 comma 8 lett. b), inoltre, descrive l'evasione contributiva, intesa quale mancato pagamento dei contributi connesso a omesse registrazioni o denunce obbligatorie, «cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulti rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate». 37. Nella giurisprudenza di questa Corte si determinò una contrapposizione sulla interpretazione della nozione di evasione. 38. In particolare, Cass. n. 11261/2010 la ritenne come conseguenza della «... omessa denuncia all'Inps di lavoratori, ancorché registrati nei libri paga e matricola.., dovendosi ritenere che l'omessa denuncia dei lavoratori all'Inps faccia presumere l'esistenza della volontà del datore di occultare il rapporto di lavoro al fine di non versare i contributi e gravando sul medesimo l'onere di provare la sua buona fede, che non può reputarsi assolto in ragione della mera registrazione dei lavoratori nei libri paga e matricola, che restano nell'esclusiva disponibilità del datore stesso e sono oggetto di verifica da parte dell'istituto previdenziale solo in occasione delle ispezioni», ovvero come omissione contributiva.Rg 3933/2020 R M estensore 39. Di contro, Cass. 20 gennaio 2011, n. 1230 ritenne che «la mera mancata presentazione del modello DM/10 (recante la dettagliata indicazione dei contributi previdenziali da versare) configura la fattispecie della omissione - e non della evasione - contributiva, ricadente nella previsione della lettera a) dell'art. 116, comma 8, della medesima legge, qualora il credito dell'istituto previdenziale sia comunque evincibile dalla documentazione di provenienza del soggetto obbligato (nella specie libri contabili e denunce riepilogative annuali), dovendo in tal caso escludersi l'occultamento del rapporto di lavoro e delle retribuzioni erogate». Si diede in tal caso rilievo alla formulazione dell'art. 116 cit. che conterrebbe un pregnante riferimento all'elemento intenzionale, assente nella I. del 1996. 40. Il contrasto, dopo una rimessione al Primo Presidente perché ne investisse le Sezioni Unite, risoltasi con la restituzione alla Sezione lavoro visto il rilievo interno alla stessa della questione, è stato composto dalla sentenza di questa Corte di cassazione n. 28966 del 2011. 41. Si è affermato che la fattispecie, meno grave, della omissione si configura «quando tutti gli adempimenti obbligatori risultano regolarmente effettuati, mancando solo il pagamento», mentre si configura l'evasione nel caso in cui, oltre al mancato pagamento dei contributi, non siano state effettuate nemmeno le dichiarazioni obbligatorie rivolte agli Enti previdenziali. 42. La sentenza ha affrontato la questione della formulazione dell'art. 116 comma 8 della legge n. 388 del 2000, in relazione alla condotta dell'occultamento ed al rilievo da attribuire alla intenzione specifica di non versare i contributi o i premi ed ha stabilito che «il termine occultamento non indica necessariamente l'assoluta mancanza di qualsivoglia elemento documentale che renda possibile l'eventuale accertamento della posizione lavorativa o delle retribuzioni, posto che anche soltanto attraverso la mancata (o incompleta o non conforme al vero) denuncia obbligatoria viene celata all'ente previdenziale (e, quindi, occultata) l'effettiva sussistenza dei presupposti fattuali dell'imposizione e ciò, si badi, proprio attraverso l'adempimento funzionalmente diretto a consentire all'Istituto l'agevole conoscenza, mese per mese, del proprio credito contributivo».Rg 3933/2020 R M estensore 43. Dunque, in ipotesi di registrazione dei rapporti e delle effettive retribuzioni soltanto nei libri obbligatori, ma non accompagnati dalla presentazione delle denunce obbligatorie agli Enti previdenziali, questi ultimi non «potrebbero venire a conoscenza della situazione effettiva, atteso che tale conoscenza resterebbe, in difetto di una denuncia periodica veritiera, meramente eventuale, collegata cioè ad un altrettanto eventuale accertamento (ovvero al raffronto tra i dati di cui alla denuncia obbligatoria e quelli ricavabili dai Cud consegnati ai lavoratori), e non farebbe quindi venir meno, in relazione alla denuncia infedele, l'occultamento dei rapporti o delle retribuzioni». 44. Quanto, poi, al requisito soggettivo previsto dall'art. 116, comma 8, lett. b), I. n. 388/2000, la sentenza in commento ha precisato che «stante il suddetto collegamento funzionale tra denunce mensili obbligatorie e pagamento dei contributi dovuti, l'omissione o l'infedeltà della denuncia è di per sé sintomatica (ove non meramente accidentale, episodica, strettamente marginale) della volontà di occultare i rapporti e le retribuzioni al fine di evitare, nella auspicata (beninteso dal datore di lavoro infedele) e non implausibile possibilità che la mancanza di successivi accertamenti o riscontri (da attuarsi per lo più nell'ambito temporale dei termini prescrizionali) consentano de facto di sottrarsi all'adempimento contributivo ovvero di effettuare il pagamento della contribuzione in misura inferiore al dovuto». 45. In definitiva, l'omessa o solo parziale presentazione delle dichiarazioni obbligatorie, accompagnata dal mancato versamento dei contributi, configura una presunzione semplice che può essere vinta dal datore di lavoro, su cui grava il relativo onere, non con la dimostrazione della corretta annotazione dei dati omessi sui libri di cui è obbligatoria la tenuta, ma fornendo la prova rigorosa di evidenze, soprattutto documentali, che attestino l'assenza di intento fraudolento e la sua buona fede. Ciò forma oggetto di concreto accertamento da parte dei giudici di merito, al fine di «accertare la sussistenza, ove dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in sede di legittimità ove congruamente motivata».Rg 3933/2020 R M estensore 46. L'omissione o l'infedeltà della denuncia, ove non meramente accidentale, episodica o strettamente marginale, deve considerarsi di per sé sintomatica della volontà di occultamento, stante l'ovvia possibilità che la mancanza di successivi accertamenti o riscontri nell'arco temporale dei termini prescrizionali consentano de facto ai soggetti obbligati di sottrarsi totalmente o parzialmente all'adempimento dell'obbligo contributivo. 47. L'inoltro di denunce infedeli o la loro omissione fa di per sé presumere l'esistenza di una specifica volontà di sottrarsi al versamento dei contributi dovuti, non può dirsi irrispettoso della lettera dell'art. 116, comma 8, lett. b), I. n. 388/2000, dal momento che il rilievo da essa attribuito all'elemento intenzionale consente, anche in ipotesi di denunce omesse o non veritiere, di escludere l'ipotesi dell'evasione: si tratta infatti di presunzione relativa, che può essere vinta mediante l'allegazione e prova (l'onere delle quali è a carico del soggetto inadempiente) di circostanze dimostrative dell'assenza del fine fraudolento, restando il relativo accertamento intangibile in questa sede di legittimità se non nei casi di casi di omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, n. 5 cod.proc.civ. (nel rigoroso senso delineato da Cass. S.U. n. 8053 del 2014 e succ. conf.). 48. In definitiva, per la Corte territoriale l'omessa compilazione del quadro relativo al reddito da attività professionale ha integrato, con l'omessa iscrizione alla gestione separata, la fattispecie di omissione contributiva con statuizione divenuta intangibile in questa sede non essendo stata devoluta allo scrutinio di legittimità alcuna ulteriore censura, nel rigoroso senso dianzi esposto e delineato da Cass.,Sez.Un., n. 8053 del 2014 cit., inerente a circostanze dimostrative dell'assenza del fine fraudolento pretermesse nel giudizio di merito. 49. Quanto all'altro profilo, della riduzione della sanzione per incertezze sull'an debendi, vale richiamare principi già affermati da questa Corte (Cass. n. 3799 del 2019 alla cui motivazione si rinvia) nel senso che giovarsi della riduzione delle sanzioni, a mente dei commi 10 e 15 dell'art. 116 legge n. 388 del 2000 cit., postula, al fine di godere di un più tenue e agevolato regime sanzionatorio, il pagamento dell'integrale contribuzione omessa e controversa.Rg 3933/2020 Rossana Mancino estensore 50. Invero, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si è interrogata sugli ulteriori contenuti del sistema sanzionatorio connesso all'obbligo contributivo inadempiuto e, segnatamente, sulla questione del rilievo normativo che assume l'incertezza amministrativa sull'obbligo stesso, che, come è evidente, è cosa diversa dalla ricerca della linea di confine tra omissione ed evasione contributiva. 51. In particolare, in materia di rilevanza delle incertezze amministrative, al fine di alleggerire il carico sanzionatorio, si è precisato (Cass. n. 3799 del 2019;
Cass. n. 2669 del 2020 e, in precedenza, Cass. nn. 11591 e 13069 del 2016;
Cass. n. 4077 del 2016;
Cass. n. 9185 del 2015;
Cass. n. 27513 del 2013), che occorre interpretare in modo più ampio il quadro normativo sanzionatorio. 52. La normativa sulla riduzione delle sanzioni civili va letta nel suo complesso ed essa si articola in due previsioni di fondo. 53. La prima è quella della L. n. 388 cit., art. 116, comma 10, secondo cui «nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, si applica una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti» con il limite massimo del 40 della contribuzione dovuta. 54. La seconda è quella dell'art. 116, comma 15, lett. a), secondo cui «fermo restando l'integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali, i consigli di amministrazione degli enti impositori, sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro de/lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro de/tesoro, del bilancio e della programmazione economica fissano criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8 fino alla misura degli interessi legali», anche in relazione ai «casi di mancato e ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o Rg 3933/2020 R M estensore determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa in relazione alla particolare rilevanza delle incertezze interpretative che hanno dato luogo alla inadempienza». 55. Le due norme, si è osservato, prevedono una diversa e progressivamente più intensa riduzione delle sanzioni, fino all'interesse legale di cui al comma 15, ma si basano chiaramente su identici presupposti, per quanto attiene al pagamento dei contributi dovuti. 56. Alla luce di tale complessivo quadro interpretativo, può affermarsi che per la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione, lo stato di incertezza sulla sussistenza dell'obbligo contributivo che consente di attribuire i connotati della buona fede alla posizione del contribuente, non trova rilievo all'interno della possibile alternativa tra omissione ed evasione contributiva (ove la differenza la fa la concreta ragione, non addebitabile alla volontà dell'obbligato, della omessa dichiarazione o registrazione diretta agli enti preposti) ma esclusivamente all'interno delle specifiche disposizioni sopra ricordate che attenuano grandemente il carico sanzionatorio ma che presuppongono l'avvenuto pagamento della contribuzione non versata. 57. Per queste ragioni, posto che, nel caso di specie, pacificamente il professionista non solo non ha versato la contribuzione pretesa ma ancora in questa sede nega tale obbligo, la buona fede non assume alcun rilievo. 58. In conclusione, la sentenza impugnata è immune de censure. 59. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo. 60. Ai sensi dell'art.13,co.
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