Cass. pen., sez. VII, ordinanza 24/07/2019, n. 33331

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 24/07/2019, n. 33331
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33331
Data del deposito : 24 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: SOTGIA LUCIANO nato a URZULEI il 22/11/1957 avverso la sentenza del 18/10/2018 della CORTE APPELLO di ANCONAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere A C;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione impugnata, condannava L S alla pena di un anno di reclusione per il reato di cui all'art. 3 della legge 18 aprile 1975, n. 110, accertato ad Arcevia il 21/04/2018. Avverso tale sentenza L S, a mezzo dell'avv. P M, ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della configurazione del reato di cui all'art. 3 della legge n. 110 del 1975 e degli elementi probatori indispensabili alla formulazione del giudizio di responsabilità espresso nei confronti del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente infondati. Deve, in proposito, rilevarsi che il ricorso in esame, pur denunziando violazione di legge e vizio di motivazione, non critica la violazione di specifiche regole inferenziali, preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma, postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, relativamente al trattamento sanzionatorio irrogato al ricorrente, che risulta correttamente vagliato dalla Corte di appello di Ancona. Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede di legittimità, quando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia, come nel caso in esame, una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227;
Sez. 2, n. 9242 dell'08/02/2013, Reggio, Rv. 254988). La Corte di appello di Ancona, invero, evidenziava che gli accertamenti eseguiti dal Corpo di Polizia Forestale dello Stato nell'immediatezza dei fatti - su f) cui riferiva riferiva all'udienza del 18/10/2016 il teste Graziano Chirichello - risultavatU ,' univocamente orientate in senso sfavorevole alla posizione dell'imputato, che, del resto, non forniva alcuna plausibile giustificazione in ordine all'alterazione della carabina marca Pedretti matricola 10800, funzionale all'utilizzazione di un silenziatore artigianale.In questa cornice probatoria, la Corte di appello di Ancona, nel ribadire la ricorrenza degli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 3 della legge n. 110 del 1975, richiamava correttamente la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui: «In tema di reati concernenti le armi, la disponibilità di un'arma munita di silenziatore rende ipotizzabile il reato di cui all'art. 3 della legge 18 aprile 1975 in quanto la presenza del silenziatore determina l'aumento della potenzialità offensiva dell'arma, atteso che il concetto di maggiorata offensività non deve identificarsi solo con un aumento della potenza e della precisione dell'arma ma deve ritenersi riferibile anche a quelle situazioni di potenziale impiego nelle quali la disponibilità di un'arma silenziata costituisce un obiettivo incentivo all'adozione di comportamenti antigiuridici: ai fini della configurabilità del reato in questione non si richiede la filettatura della canna dell'arma in quanto trattasi di circostanza che attiene soprattutto all'ambito probatorio» (Sez. 1, n. 5381 del 18/04/1997, Popolari, Rv. 207819;
si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 41704 del 24/10/2002, G. Rv. 222944). Per queste ragioni, il ricorso proposto da L S deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 3.000,00 euro alla cassa delle ammende.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi