Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/06/2022, n. 19897
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o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 13199/2015 R.G. proposto da 2M Servizi S.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato A T, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;- ricorrente -contro Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;- intimata - e sul ricorso proposto da .wdà Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;- ricorrente in via incidentale - contro 2M Servizi S.r.l.;- intimata - avverso la sentenza n. 1795/29/14, depositata il 12 novembre 2014, della Commissione tributaria regionale del Veneto;udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 12 aprile 2022, dal Consigliere dott. L P;lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. F T, che ha chiesto rigettarsi il ricorso principale. FATTI DI CAUSA 1. - Con sentenza n. 1795/29/14, depositata il 12 novembre 2014, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che diversamente aveva accolto l'impugnazione del silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso proposta dalla contribuente, istanza avente ad oggetto la tassa sulle concessioni governative (in breve TCG) corrisposta, in relazione al periodo dal settembre 2007 all'agosto 2010, per contratto di abbonamento di utenza telefonica mobile. Il giudice del gravame ha ritenuto, in sintesi, che la legittimità del prelievo tributario aveva trovato conferma in una pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 9560 del 2 maggio 2014), oltreché nella disposizione interpretativa di cui al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, c. 4, conv. in I. n. 50 del 2014, e che, però, proprio il «necessitato intervento delle Sezioni Unite della S.C. e del legislatore con norma di interpretazione autentica» giustificassero, tra le parti, l'integrale compensazione delle spese del giudizio. 2. - 2M Servizi S.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di otto motivi. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso articolando, a sua volta, un motivo di ricorso incidentale condizionato. Fissati all'udienza pubblica del 12 aprile 2022, i ricorsi sono stati trattati in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in I. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in I. n. 15 del 2022, senza l'intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. -Il ricorso principale è articolato sui seguenti motivi. 1.1 - Il primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, c. 4, conv. in I. n. 50 del 2014, ed al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, nonché la richiesta di sospensione del giudizio in relazione all'art. 267 TFUE;deduce, in sintesi, la ricorrente l'illegittimità delle citate disposizioni nazionali, - volte a identificare il presupposto impositivo della tassa col contratto di abbonamento di utenza di telefonia mobile, abbonamento così equiparato alla licenza di esercizio di stazione radioelettrica, - per violazione delle direttive comunitarie di settore, nn. 5/99, 20/02 e 22/02, ed in ragione della (così) disposta sottoposizione delle apparecchiature terminali di telecomunicazione (utenze cellulari) ad un provvedimento amministrativo, denominato autorizzazione generale, che predetermina il contenuto del contratto stesso, - oltretutto distinguendo le utenze cellulari in funzione della ricorrenza, o meno, di un abbonamento, - e che si pone in contrasto col principio di libera circolazione, e messa in servizio, delle apparecchiature terminali di telecomunicazione (telefonia mobile). 1.2- Il secondo motivo, formulato anch'esso ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al c .p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e art. 21 della tariffa allegata, al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 2, c. 2, lett. b), ed all'art. 97 Cost. La ricorrente, - che pur insta per la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte, qualora non accolta l'istanza formulata ai sensi dell'art. 267 TFUE, - deduce, in sintesi, che la gravata sentenza ha ritenuto sussistente il presupposto impositivo, - in violazione del principio di legalità, - nonostante l'abrogazione del d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, e la conseguente separazione delle fonti di disciplina delle stazioni radioelettriche (d.lgs. n. 259, cit.) e dei telefoni cellulari (d.lgs. n. 269 del 2001), con conseguente abrogazione dello stesso d.m. n. 33 del 1990, art. 3, c. 2. In ragione, dunque, dell'evoluzione normativa della disciplina di settore: - il d.lgs. n. 259 del 2003, art. 2, c. 2, lett. b), ha escluso dal suo ambito di applicazione le «apparecchiature contemplate dal decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269, che attua la direttiva 1999/5/CE ...» (id est i telefoni cellulari);- il riferimento, contenuto nell'art. 160 dello stesso d.lgs. n. 259 del 2003, - che ha riprodotto il contenuto del previgente art. 318, cit., - non può, dunque, che essere ascritto alla (sole) stazioni radioelettriche (non escluse dalla specifica disciplina), non anche alla telefonia mobile;- la disposizione di cui al d.m. n. 33 del 1990, art. 3, c. 2, è stata tacitamente abrogata, per incompatibilità, dal d.lgs. n. 269 del 2001;- la voce tariffaria di cui al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 21, - che ha riguardo all'art. 318, cit., oggetto di rinvio formale, ed all'art. 3, c. 2, d.m. n. 33, cit., - risulterebbe, così, priva di oggetto, siccome venuto meno il (previgente e) necessario riferimento alla licenzia di esercizio, quale atto amministrativo costituente presupposto della tassa sulle concessioni governative (d.p.r. n. 641, art. 1 cit.). 1.3 - Col terzo motivo, sempre ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, assumendo, in sintesi, che sin dal 2003, - a seguito dell'abrogazione del d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, disposta dal d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, - la tassa non risultava più applicabile alle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» previste dal d.l. n. 151 del 1991, art. 3, conv. in I. n. 202 del 1991 (che aveva, per l'appunto, introdotto la voce n. 131 della tariffa, allegata al d.p.r. n. 641 del 1972);ciò in ragione delle successive modifiche intervenute in ordine alla (originaria) disciplina della tassa, quali conseguenti alla riformulazione stessa della tariffa allegata al d.p.r. n. 641, cit., e per effetto delle quali il presupposto impositivo si radicava, per l'appunto, nella (sola) disposizione di cui all'art. 318, cit. (che aveva riguardo agli impianti radioelettrici) e che, ad ogni modo, costituiva presupposto necessario (e non solo alternativo) della stessa tassa. 1.4 - Il quarto motivo, sempre ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., ripropone anch'esso la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1 e tariffa allegata, art. 21, sull'assunto che la previsione tariffaria di cui all'art. 21, cit., deve ritenersi abrogata, per incompatibilità e, da ogni modo, per ridisciplina generale dell'intera materia, ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, disciplina, quest'ultima, incentrata sull'istituto dell'autorizzazione generale che, per l'appunto, esclude la necessità di un provvedimento autorizzatorio (puntuale) in ragione della liberalizzazione della fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica. 1.5 - Il quinto motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone anch'esso la denuncia di violazione e falsa applicazione delle disposizioni normative (d.p.r. n. 641 del 1972 art. 1 e tariffa allegata, art. 21) oggetto dei precedenti motivi di ricorso, sotto il profilo, questa volta, del difetto di presupposto impositivo che (in tesi) non sarebbe più riconducibile ad un provvedimento amministrativo (art. 1, cit.) siccome il contratto di abbonamento non più equiparabile a (ovvero sostitutivo di) una licenza (art. 21, cit.). Si assume, dunque, che, - giustificandosi, in origine, la tassazione delle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» per l'attività amministrativa di controllo tecnico preventivo da parte del Ministero che, a norma del d.m. n. 33 del 1990, art. 3, aveva ad oggetto la verifica tecnica dell'apparecchiatura terminale e la sua omologazione, - a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 269 del 2001 (recante attuazione della direttiva 1999/5/CE), - che non prevede più alcun controllo preventivo finalizzato all'immissione in commercio dei telefoni cellulari e che contempla il libero uso degli apparecchi cellulari («la facoltà di utilizzo di dispositivi o di apparecchiature terminali di comunicazione elettronica senza necessità di autorizzazione generale»), - non v'era più alcuna identità tra il potere autorizzatorio (rilascio della licenza di esercizio) previsto per le stazioni radioelettriche (d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160) ed il mero controllo (postumo) previsto dal d.lgs. n.269 del 2001, cit., così che, - la disciplina dettata dal d.lgs. n. 269/2001 e dalla direttiva 1999/5/CE ponendosi in rapporto di specialità con quella di cui al d.lgs. n. 259/2003, - la persistente vigenza dell'art. 160, cit., - che aveva sostituito la previgente disposizione di cui al d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318, - non poteva che riferirsi alle stazioni radioelettriche, escluse dall'ambito di applicazione del d.lgs. n. 269 del 2001, solo per queste risultando ancora prevista la licenza di esercizio e l'attività amministrativa da parte dell'Amministrazione pubblica. 1.6 - Anche il sesto motivo di ricorso, sempre ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione delle disposizioni normative (d.p.r. n. 641 del 1972 art. 1 e tariffa allegata, art. 21) oggetto dei precedenti motivi di ricorso, sotto il profilo della violazione dei principi generali dell'ordinamento tributario in relazione all'identificazione del presupposto impositivo correlato al pagamento di una tassa. Spiega, quindi, la ricorrente che, - implicando la tassa l'erogazione di un servizio pubblico ovvero l'emanazione di un provvedimento amministrativo, - a seguito dell'entrata in vigore delle discipline, di derivazione comunitaria, concernenti le telecomunicazioni (d.lgs. n. 259, cit.), non sussiste più né un servizio pubblico, riservato alla gestione dello Stato, né, conseguentemente, un provvedimento amministrativo di natura concessoria, con conseguente venir meno del collegamento della tassa all'adozione di un atto amministrativo quale necessariamente implicato dal d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1. 1.7 - Col settimo motivo, ai sensi dell'art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.p.r. n. 641 del 1972, art. :1 e tariffa allegata, art. 21, al d.l. n. 4 del 2014, art. 2, c. 4, conv. in I. n. 50 del 2014, ed al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, deducendo, in sintesi, che erroneamente il giudice del gravame aveva riconosciuto la natura meramente interpretativa dell'art. 2, c. 4, cit., cui, per converso, avrebbe dovuto attribuirsi efficacia innovativa con conseguente sua irretroattività. Premesso che il fondamento della disposizione interpretativa rispondeva, - piuttosto che a motivi imperativi di interesse generale, - alla finalità di «rimuovere un potenziale rischio di carattere finanziario» (correlato all'accoglimento dei ricorsi pendenti davanti al giudice tributario), - e, così, di orientare, a favore dell'amministrazione statuale, l'esito dei contenziosi, - assume, in sintesi, la ricorrente che, nel suo specifico contenuto precettivo, detta disposizione assumeva una portata innovativa in quanto, - equiparando le «stazioni radioelettriche» (di cui al d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318) alle «apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione» (di cui al d.m. n. 33 del 1990), - finiva con l'attribuire alla disposizione di cui al d.lgs. n. 259 del 2003, art. 160, un oggetto che ampliava l'àmbito di applicazione di detto decreto [dal quale rimanevano escluse le «apparecchiature contemplate dal decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269, che attua la direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999»;art. 2, c. 1, lett. b)], con conseguente ripristino, in tema di disciplina del telefoni cellulari, del «corpus di norme che regolamenta l'attività amministrativa prevista per le stazioni radioelettriche», in funzione del rilascio della licenza di esercizio. 1.8 - Con l'ottavo motivo di ricorso, infine, la ricorrente prospetta l'illegittimità costituzionale del d.p.r. n. 641 del 1972, tariffa allegata, art. 21, in relazione tanto all'art. 23 Cost., - avuto riguardo al (già) denunciato difetto di base normativa della tassa, - quanto all'art. 3 Cost., qui con riferimento all'ingiustificata, ed irragionevole, disparità di trattamento tra utilizzatori del servizio di telefonia mobile per contratto di abbonamento e, rispettivamente, per acquisto di carta telefonica prepagata.2. - Con un solo motivo di ricorso incidentale condizionato, ai sensi dell'art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., l'Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione al d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1.3, c. 2, deducendo, in sintesi, che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sul motivo di appello che involgeva l'eccepita decadenza di controparte dal rimborso, avuto riguardo agli eseguiti versamenti ulltratriennali rispetto all'istanza di rimborso presentata in data 5 ottobre 2010. 3. - Il ricorso principale, - dal cui esame consegue l'assorbimento del ricorso incidentale, - è destituito di fondamento, e va senz'altro disatteso, in tutte le sue prospettazioni, che vanno congiuntamente esaminate perché strettamente connesse. 3.1 - Il d.p.r. n. 641 del 1972, art. 1, dispone che «I provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell'annessa tariffa sono soggetti alle tasse sulle concessioni governative nella misura e nei modi indicati nella tariffa stessa.»;e l'art. 21 di detta Tariffa, - nel testo risultante dal d.m. 28 dicembre 1995 (che recava «Approvazione della nuova tariffa delle tasse sulle concessioni governative»), test:o che, peraltro, veniva recepito dal d.l. n. 331 del 1993, art. 61, conv. in I. n. 427 del 1993, che, a sua volta, già aveva riformulato la corrispondente voce tariffaria, - contempla, per l'appunto, l'applicazione della tassa in relazione a «Licenza o documento sostitutivo per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (art. 318 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 e art. 3 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202)». 3.2 - Le Sezioni Unite della Corte hanno già condivisibilmente statuito che l'abrogazione del d.p.r. n. 156 del 1973, art. 318 ad opera del d.lgs. n. 259 del 2003, art. 218, non ha fatto venire meno l'assoggettabilità dell'uso del telefono cellulare alla tassa governativa di cui all'art. 21 della tariffa allegata al d.p.r. n. 641 del 1972, in quanto la relativa previsione è stata riprodotta nell'art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. (secondo il cui disposto «1. Presso ogni singola stazione radioelettrica per la quale sia stata conseguita l'autorizzazione generale all'esercizio deve essere conservata l'apposita licenza rilasciata dal Ministero.
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