Cass. pen., sez. I, sentenza 08/04/2022, n. 13642

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 08/04/2022, n. 13642
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13642
Data del deposito : 8 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MANCUSO PIER LUIGI nato a ROMA il 03/09/1962 avverso la sentenza del 26/11/2019 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere R M;
udito il PROCURATORE GENERALE nella persona del sostituto L M F che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Le decisioni di merito emesse nei confronti di M P L, già Generale di Brigata in servizio al Comando Provinciale della Guardia di Finanza in Trieste, sono rappresentate dalla sentenza emessa dal Tribunale militare di Roma in data 17.10. 2018 e da quella emessa dalla Corte militare di appello in data 26 novembre 2019. Gli esiti dei due giudizi sono difformi, posto che in primo grado l'imputato è stato assolto perché il fatto non sussiste, mentre in secondo grado ne è stata affermata la responsabilità, con condanna alla pena di anni tre e mesi due di reclusione, nonché alla pena accessoria della rimozione del grado.

2. La contestazione elevata al M riguarda il reato di collusione con estranei per frodare la finanza, di cui all'art. 3 legge 9 dicembre 1941, n. 1383, perché costui, con più condotte esecutive del medesimo disegno criminoso (analiticamente descritte nel capo di imputazione) colludeva con B E, rappresentante legale di due s.r.l. delle quali lo stesso M era socio, per frodare la finanza, facendo configurare come inerenti ai fini societari costi di acquisti o servizi di natura privata e in tal modo conseguendo indebiti benefici fiscali (a favore delle due società in questione).

2.1 Quanto alla sentenza emessa in primo grado, il Tribunale muove dalla considerazione per cui il delitto di collusione con l'estraneo si perfeziona con il semplice accordo con il privato, allo scopo di frodare la finanza. Le condotte esecutive costituiscono un post factum non punibile, ma rilevano in quanto idonee a dimostrare in via indiziaria l'intervenuto accordo illecito. Ora, pure in presenza di piena prova dei plurimi comportamenti contestati all'imputato (per deduzione di costi non inerenti l'attività delle due società), il Tribunale non ritiene integrata in diritto la fattispecie contestata. Non si riscontra, in particolare, la struttura trilaterale tipica della collusione (militare della GdF/ privato/ Erario), posto che il M ha agito - come amministratore di fatto delle società - da contribuente;
pertanto l'interesse violato dalla condotta del predetto è quello dell'Erario all'esatto adempimento dell'obbligazione fiscale (che incombe su ogni contribuente), non quello penalistico relativo alla violazione dei doveri istituzionali di vigilanza e di controllo in campo fiscale. In altre parole, l'esistenza di un fine personale del M, in quanto socio delle due srl, non vale - secondo il Tribunale - ad integrare la particolare fattispecie incriminatrice, in quanto il risparmio di imposta è stato realizzato dal M in quanto contribuente, in un quadro di rapporto 'bilaterale' e non `trilaterale' (come sarebbe imposto dalla norma azionata). Quella del M è dunque una relazione 'diretta', in questo caso, con il Fisco. La disposizione incriminatrice astrattamente applicabile, pertanto, sarebbe quella del primo periodo dell'art.3 legge 9 dicembre 1941, n. 1383, lì dove si incrimina il militare che commette una violazione delle leggi finanziarie costituente delitto. Ma nel caso in esame il risparmio di imposta è inferiore a quello della soglia di punibilità penale.

3. Come si è anticipato, la Corte di secondo grado ha accolto l'appello della Pubblica Accusa, ribaltando la prima decisione .

3.1 In fatto, la Corte territoriale ritiene corretta la disamina dei singoli episodi criminosi che risultano dimostrati dalla congerie di prove testimoniali e documentali acquisite agli atti del dibattimento. Non viene, pertanto, ritenuta necessaria alcuna attività di parziale rinnovazione istruttoria. Viene ritenuto che il meccanismo elusivo è attribuibile da un punto di vista materiale e ideativo al solo M, posto che dall'analisi dei documenti societari e dai contributi testimoniali emerge che l'imputato era l'unico vero protagonista dell'attività delle due società di famiglia .

3.2 In diritto, premessa una ampia ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali, la Corte territoriale ritiene che il M abbia agito come soggetto terzo, sia rispetto alla madre (formale rappresentante legale delle due società) che rispetto alle società medesime ed in ciò si ravvisa la punibilità della condotta ai sensi della fattispecie contestata. Non rileva, in particolare, l'interesse personale del M al risparmio di imposta, aspetto estraneo all'ambito applicativo della disposizione incriminatrice.

4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - M P L. Il ricorso è affidato a quattro motivi. 4. 1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge in relazione all'art. 3 legge 9 dicembre 1941 n. 1383, nonchè grancanza e manifesta illogicità della motivazione. In premessa, il ricorrente riprende il ragionamento espresso dal Tribunale circa la struttura tripartita del reato di collusione. La disposizione penale contenuta nella I.1383/41 intende sanzionare l'alterazione della relazione fisiologica tra questi soggetti. Per contro non vi sarà collusione nell'ipotesi in cui il finanziere abbia commesso, nel suo personale interesse, in concorso con un estraneo e senza alcuna violazione di obblighi strumentali, un illecito finanziario non costituente delitto. Sostenere il contrario significa incorrere in una violazione della lettera della fattispecie incriminatrice e dimenticare che ai fini del reato si richiede che la collusione avvenga a favore dell'estraneo o per la tutela di un suo illecito interesse. Il finanziere in tal contesto agisce al pari di un privato cittadino: il M ha dunque agito nella sua veste di contribuente inadempiente e non di militare della Guardia di Finanza. Si rappresenta inoltre che l'oggetto giuridico del reato di collusione non può identificarsi nella violazione dell'obbligo di fedeltà verso lo Stato. L'oggetto giuridico del reato di collusione si identifica nella tutela del bene fine, costituito dalla necessità di proteggere più intensamente l'interesse connesso alle entrate finanziarie dello Stato affidato alla G.F. da intese collusive con soggetti appartenenti al detto corpo . Inoltre, è la stessa Corte d'appello a negare in radice l'esistenza della collusione, attribuendo al militare l'interezza della condotta lesiva delle leggi tributarie, delle quali beneficiano le società da questi direttamente gestite. Macherebbe perto la necessaria figura del 'terzo', né tale entità potrebbe essere ricondotta alle compagini societarie in 124-1 quanto tali. Si ritiene, inoltre, non osservato in alcun modo l'obbligo di motivazione 'rafforzata', essendo stato eluso il confronto con il tessuto argomentativo - in diritto - della decisione di primo grado.
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