Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/12/2003, n. 18484

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Ai fini dell'applicazione dello sgravio contributivo aggiuntivo previsto dall'art. 18, comma quarto, del D.L. n. 918 del 1968 (nel testo sostituito dalla legge di conversione n. 1089 del 1968), e di quello supplementare di cui all'art. 1, comma primo, del D.L. n. 429 del 1971, convertito dalla legge n. 589 del 1971,la verifica relativa alla sussistenza di un effettivo incremento occupazionale deve essere compiuta con riferimento ad una nozione di azienda in senso oggettivo, senza tener conto delle variazioni intervenute nella titolarità dell'impresa. Ne consegue che, in caso di formale costituzione di una nuova società, i suddetti benefici competono o meno a seconda che si tratti di un'impresa effettivamente nuova o piuttosto di un'impresa solo derivata da un'altra preesistente, assumendo rilevanza determinante, a tali fini, sia la presenza di significativi elementi di permanenza della originaria struttura aziendale, sia la sussistenza di una sostanziale continuità nell'esercizio dell'impresa. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva escluso che la nuova società costituisse un'azienda nuova rispetto alla preesistente ditta individuale, sussistendo tra la ditta individuale e la nuova società un nesso di continuità e uno stretto collegamento dipendente dall'identità del soggetto che aveva avuto ed aveva, prima e dopo la costituzione della società, il potere decisionale, non essendo stata provata l'assunzione di nuovi dipendenti e dovendo ritenersi marginali altri elementi non univoci, quali il cambio della sede, l'acquisto di nuovi macchinari e lo stesso cambiamento del tipo di impresa, da individuale a societario).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/12/2003, n. 18484
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18484
Data del deposito : 3 dicembre 2003

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M V - Presidente -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. G C - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. A G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
G S, nella qualità di legale rappresentante della "LO JACONO S.R.L.", elettivamente domiciliato in

ROMA VIA PO

25/B, presso lo studio dell'avvocato R P, rappresentato e difeso dall'avvocato V S, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante "pro tempore", elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DELLA FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati F C, D P, F F, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sent. n. 137/01 della Corte d'Appello di PALERMO, depositata il 10 aprile 2001 R.G.N. 1543/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 luglio 2003 dal Consigliere Dott. G A;

udito l'Avvocato R B per delega V S;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni D'ANGELO che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Con ricorso depositato il 27 ottobre 1995 G Salvatore, n. q. di legale rapp.te della società Lo Jacono s.r.l., esponeva che la società, di cui era amministratore unico e legale rappresentante, aveva iniziato la propria attività nel gennaio 1991 e, sul presupposto che la stessa, dovendo considerarsi "azienda nuova" rispetto alla ditta individuale Lo Jacono Salvatore e quindi avendo diritto agli sgravi contributivi, aveva posto a conguaglio le relative riduzioni contributive.
Lamentava che l'Inps, con nota 5 settembre 1995, aveva intimato il pagamento della somma di L. 141.592.791 per contributi omessi nel periodo gennaio 1991/maggio 1994;
quindi chiedeva la declaratoria del proprio diritto a fruire degli sgravi aggiuntivi e supplementari previsti dalla legge n. 183 del 1976 per i nuovi assunti. Instauratosi il contraddittorio, resisteva l'Inps chiedendo il rigetto della domanda avversaria e, in via riconvenzionale, la condanna della società ricorrente al pagamento dell'importo di L. 141.592.791 (di cui L. 63.624.000 per sgravi indebitamente conguagliati e L. 77.963.791 per somme aggiuntive al 28 febbraio 1995).
Con sentenza del 27 aprile 1999 il Pretore G.L. di Palermo, ritenuto che la società Lo Jacono s.r.l. doveva considerarsi impresa nuova rispetto alla ditta individuale Lo Jacono Salvatore, dichiarava il diritto della società agli sgravi rivendicati, rigettando la riconvenzionale proposta dall'Inps.
Con ricorso depositato il 9 novembre 2000 proponeva appello l'Inps negando che la Lo Jacono s.r.l. fosse impresa nuova rispetto alla precedente ditta individuale ed insistendo per il rigetto delle domande avversarie e l'accoglimento della riconvenzionale. Costituitasi con memoria depositata l'1 marzo 2001, la società appellata resisteva eccependo l'improcedibilità dell'impugnazione per tardiva notifica del ricorso, nonché la sua nullità per erronea indicazione del giudice competente e, nel merito, chiedendo il rigetto del gravame.
Con sent. n. 137 del 22 marzo 2001 la Corte d'Appello di Palermo accoglieva l'appello e riformava la sentenza pretorile;
rigettava la domanda proposta in primo grado dal G ed in accoglimento della domanda riconvenzionale condannava la società appellata al pagamento della somma di L. 141.592.791 per contributi omessi, oltre alle spese del giudizio.
Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società Lo Jacono s.r.l.
Resiste l'Inps con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Il ricorso è articolato in quattro motivi (senza l'indicazione delle disposizioni violate, salvo l'iniziale riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), con cui la società ricorrente si duole del fatto
che erroneamente la Corte d'appello di Palermo abbia ritenuto insussistente il presupposto della novità dell'azienda. In realtà tra la ditta individuale di S L J e la società Lo Jacono s.r.l. non c'era affatto continuità e la seconda doveva considerarsi come "nuova azienda" con conseguente spettanza del richiesto beneficio degli sgravi contributivi.
2) Il ricorso - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto oggettivamente connessi - non è fondato.
Ai fini dell'applicazione dello sgravio contributivo previsto dall'art. 18, quarto comma, D.L. 30 agosto 1968, n. 918, convertito nella L. 25 ottobre 1968, n. 1089, occorre che si sia verificato un effettivo incremento di occupazione, cui è assimilabile la costituzione di una nuova azienda;
non ricorre tale ipotesi (e quindi non si ha diritto agli sgravi aggiuntivo e supplementare) nel caso di trasformazione dell'impresa individuale in impresa collettiva allorché risulti che non sia stata intrapresa una nuova attività e non sia stato assunto alcun altro dipendente.
Ed infatti il semplice mutamento dell'identità giuridica formale non è sufficiente per sostenere che si tratti di azienda di nuova costituzione per il diritto agli sgravi contributivi. Ha infatti già affermato questa Corte (Cass., Sez. lav., 4 febbraio 2000, n. 1264) che ai fini dell'applicazione dello sgravio contributivo aggiuntivo previsto dall'art. 18, quarto comma, D.L. 30 agosto 1968, n. 918, convertito nella L. n. 1089 del 1968, per stabilire se un incremento di occupazione si sia o non verificato in un'azienda rispetto alla situazione esistente al 30 settembre 1968, occorre fare riferimento al concetto di azienda in senso oggettivo, senza tener conto di tutte le eventuali variazioni intervenute nella titolarità dell'impresa, come nelle ipotesi di trasferimento, trasformazione o fusione di aziende, nelle quali si verifichi il mero passaggio di personale alla nuova impresa senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati risulti aumentato;
pertanto non ricorre il presupposto per l'applicazione dello sgravio suddetto nell'ipotesi di incorporazione di società attuata mediante il trasferimento dell'intero patrimonio aziendale e di tutto il personale dalla società incorporata a quella incorporante, senza che peraltro risultino incrementate le unità di lavoro effettivamente occupate. Analogamente questa Corte (Cass., Sez. lav., 10 gennaio 2001, n. 256), nel ribadire il medesimo principio, ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso il diritto agli sgravi in un'ipotesi di riorganizzazione di un'impresa societaria, in asserita situazione prefallimentare, mediante un aumento di capitale e la realizzazione di un nuovo stabilimento, peraltro avere ad oggetto il medesimo tipo di produzione e occupante il personale già in organico.
Inoltre questa Corte (Cass. 10 luglio 2002 n. 10055) ha affermato che, ai fini dell'applicazione degli sgravi aggiuntivo e supplementare, secondo la disciplina dettata dall'art. 59 del Testo Unico di cui al D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, la verifica relativa alla sussistenza di un effettivo incremento dell'occupazione deve essere compiuta in riferimento ad una nozione di azienda in senso oggettivo, senza tener conto delle variazioni intervenute nella titolarità dell'impresa. Ne consegue che, in caso di formale costituzione di una nuova società, i suddetti benefici competono o meno a seconda che si tratti di un'impresa effettivamente nuova o piuttosto di un'impresa solo derivata (sia pure parzialmente) da un'impresa preesistente, assumendo rilevanza determinante, a tali fini, sia la presenza di significativi elementi di permanenza della preesistente struttura aziendale (o di parte di essa o comunque di elementi aziendali funzionalmente collegati), sia la sussistenza di una sostanziale continuità nell'esercizio dell'impresa. Più recentemente Cass. 4 marzo 2003 n. 3207 ha affermato che ai fini della corretta applicazione dello sgravio contributivo aggiuntivo previsto dall'art. 18, comma quarto, del D.L. 30 agosto 1968, n. 918 (nel testo sostituito dall'art. 1 della legge di conversione 25 ottobre 1968, n. 1089) e di quello supplementare di cui all'art. 1, comma primo, D.L. 5 luglio 1971, n. 429 (convertito in legge 4 agosto 1971, n. 589), per stabilire se all'interno di una azienda si sia
effettivamente verificato un incremento occupazionale rispetto alla situazione esistente alle date di riferimento fissate dalle suddette norme, occorre aver riguardo ad un concetto di azienda in senso oggettivo, senza tener conto delle variazioni eventualmente intervenute nella titolarità dell'impresa.
3) Ciò posto in diritto, deve rilevarsi che i motivi di censura dedotti dalla società ricorrente si concretano in realtà unicamente in vizi di motivazione della sentenza impugnata non essendo dedotta alcuna questione interpretativa di disposizioni di legge. In generale il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte della sentenza impugnata, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;
di qui la funzione di assicurare l'uniforme interpretazione della legge assegnata a questa Corte dall'art. 65 ord. giud. Viceversa la allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa impinge nella tipica valutazione del giudice di merito ed è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge. L'applicazione della norma ad una fattispecie concreta asseritamente ricostruita (dalla sentenza impugnata) in modo erroneo o carente non ridonda affatto in violazione di quella norma, ma costituisce espressione di un giudizio di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione.
Lo scrimine tra l'una e l'altra ipotesi (violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa "versus" erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa.
Ed allora questa seconda censura (per erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) non dà ingresso, nel giudizio di legittimità, ad una revisione della valutazione operata dal giudice di secondo grado al fine di una sua eventuale correzione perché ciò sarebbe null'altro che un ulteriore grado del giudizio di merito, precluso dal vigente sistema delle impugnazioni. Viceversa in tal caso il controllo operato dal giudice di legittimità è esterno, incidendo sulla sufficienza e non contraddittorietà della motivazione;
ed anche le censure, per essere ammissibili, devono esser formulate in tal modo, ossia devono essere dirette a dedurre l'insufficienza o la contraddittorietà della motivazione e non già dirette ad offrire una più corretta o solo più plausibile ricostruzione della fattispecie concreta in mera contrapposizione a quella accolta dalla sentenza impugnata.
Più puntualmente può dirsi che il vizio di insufficiente motivazione di una sentenza sussiste allorché essa mostri, nel suo insieme, una obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice di merito alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione, anche esso denunziabile in cassazione, presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l'individuazione della "ratio decidendi", e cioè l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto alla base della decisione adottata;
tali vizi non sussistono quando il giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi vagliati e alle risultanze di causa un significato non conforme alle attese ed alle deduzioni della parte.
La denunzia del vizio di motivazione, sotto entrambi i profili appena indicati dell'insufficienza o della contraddittorietà, non conferisce a questa Corte il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, ma solo quello di controllare - sotto il profilo della continuità logico-formale della concatenazione delle proposizioni e della coerenza di ciascuna di esse con tutte le altre, in relazione ad un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio - le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta esclusivamente individuare le fonti del proprio convincimento, di esaminare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare la prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova.
4) Nella specie la Corte d'appello ha considerato che in materia di sgravi, generali, aggiuntivi e supplementari è decisivo per la risoluzione della presente controversia verificare se la Lo Jacono s.r.l. costituisca o meno azienda nuova rispetto alla ditta individuale Lo Jacono Salvatore.
A tal fine - ha correttamente ritenuto la sentenza impugnata - occorre far riferimento al concetto di azienda in senso oggettivo, senza tener conto di tutte le variazioni (sostanziali o formali, apparenti o reali, valide o non valide) intervenute sia negli assetti organizzativi che nella titolarità dell'impresa, come nelle ipotesi di trasferimento, trasformazione e fusione di aziende, nelle quali si verifichi il mero passaggio di personale alla nuova impresa senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati risulti aumentato. Quindi va negato il presupposto per l'applicazione dello sgravio nell'ipotesi di incorporazione di società attuata mediante trasferimento dell'intero patrimonio aziendale e di tutto il personale dalla società incorporata a quella incorporante, senza che peraltro risultino incrementate le unità di lavoro effettivamente occupate ovvero nel caso di una riorganizzazione di un'impresa societaria, in asserita situazione prefallimentare, mediante un aumento di capitale e la realizzazione di un nuovo stabilimento, peraltro avente ad oggetto il medesimo tipo di produzione e occupante il personale già in organico.
Con riferimento poi alla fattispecie concreta la sentenza impugnata, considerando le risultanze di causa, ha negato che la Lo Jacono s.r.l. costituisse un'azienda nuova rispetto alla ditta individuale Lo Jacono Salvatore. Al riguardo ha osservato la Corte d'appello come risultasse dalla deposizione del teste Allotta nonché dalla documentazione allegata al fascicolo Inps (v. lettera del 29 aprile 1989 a firma dello G nonché dichiarazione di variazione dati
del 26 aprile 1989 diretta al Ministero delle Finanze) che, nel periodo precedente la costituzione della società a r.l., Salvatore G divenne titolare della ditta individuale per averla ereditata dallo zio deceduto, gestendola per circa un anno e mezzo sicché - secondo la sentenza impugnata - non era revocabile in dubbio come tra la predetta ditta individuale e la s.r.l. vi fosse un nesso di continuità ed uno stretto collegamento dipendente dall'identità del soggetto che aveva avuto ed aveva (prima e dopo la costituzione della società) il potere decisionale.
A ciò si aggiungeva - secondo la Corte d'Appello - che la società appellata aveva continuato anche in grado d'appello a sostenere di aver assunto nuovi dipendenti, ma che detta fondamentale circostanza - il cui onere probatorio gravava sulla stessa e non certo sull'Inps, come sostenuto in memoria di costituzione - non era stata mai dimostrata ne' documentalmente ne' a mezzo prova testimoniale. Stante l'identità del titolare delle due imprese e la mancata prova di alcun incremento occupazionale - sintomatici del permanere nel tempo della unitarietà della stessa azienda intesa in senso oggettivo - correttamente la Corte d'appello ha dato rilievo marginale ad altri elementi non univoci quali il cambio della sede, l'acquisto di nuovi macchinari da parte della società o anche lo stesso cambiamento del tipo di impresa (da individuale a societario). 5) A fronte di questa ricostruzione i rilievi critici che la difesa del ricorrente muove non si collocano sul piano dell'"iter" argomentativo della sentenza impugnata per svelarne, in ipotesi, asserite contraddittorietà;
ma si contrappongono ad essa con una diversa ricostruzione della fattispecie concreta. In conclusione la Corte d'appello ha correttamente identificato le norme (ed i principi di diritto) da applicare nella specie e ne ha fatto applicazione procedendo alla ricostruzione della fattispecie concreta alla stregua della valutazione delle risultanze di causa;

tale ricostruzione, operata dalla sentenza impugnata, costituisce una tipica valutazione di fatto rimessa all'apprezzamento dei giudici del merito, che nella specie risulta sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria e pertanto si sottrae alle censure del ricorrente;
le quali si risolvono nella sostanza solo nella contrapposizione di una diversa interpretazione, che è sì plausibile, ma non vale a rivelare alcuna insufficienza o contraddittorietà dell'interpretazione accolta dai giudici del merito.
6) Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

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