Cass. pen., sez. VI, sentenza 22/07/2019, n. 32775
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: dalla parte civile C A nato a ROMA il 01/08/1966 nel procedimento a carico di: S C nata a TARANTO il 03/07/1950 P G nato a TARANTO il 23/03/1948 C G nato a TARANTO il 07/02/1942 C D nato a TARANTO il 23/08/1949 C L nata a TARANTO il 25/08/1973 avverso la sentenza del 15/06/2018 della Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere M R;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P L, che ha concluso chiedendo di dichiarare l'inammissibilita del ricorso;uditi i difensori: avv. L A, in difesa della parte civile C A, che si riporta al ricorso, insiste per l'accoglimento e deposita conclusioni e nota spese;l'avv. F C, in difesa di P G, che si associa alla richiesta del Proc. Gen., chiedendo l'inammissibilità del ricorso;l'avv. P F P P, in difesa di S C, C G, C D e C L, che chiede in via principale l'inammissibilità o, / in subordine, il rigetto del ricorso. / / / / / , , / / / / / / / , RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19 dicembre 2016, il Tribunale di Taranto condannava - per quel che rileva ai fini del presente ricorso - C S, G P, G C, D C e L C per i reati di falsa perizia indotta (artt. 48, 373, cod. pen.) e di truffa continuata ed aggravata, ai sensi degli artt. 640 e 61, n. 7), cod. pen.. Si contestava loro, in sintesi, di avere proseguito l'attività imprenditoriale della "Cavallaro Gregorio di G C & C." s.n.c., operante nel settore della manutenzione di impianti di ascensori, successivamente alla messa in liquidazione della stessa, attraverso la creazione e la gestione di due ulteriori società, una s.r.l. ed una s.a.s. dalle denominazioni del tutto simili, tuttavia utilizzando sede, beni aziendali, manodopera e segni distintivi della prima, ed ingenerando in tal modo nella clientela l'erronea convinzione di contrattare con questa, ma acquisendo i relativi utili a discapito di essa ed a danno di Cavallaro Rosa, la sola, tra i soci di quella, a non essere parte anche delle nuove società. S'ipotizzava, inoltre, che, al fine di apprestare un'apparenza di legittimità di tale travaso di clientela, gli imputati avessero formato 180 false lettere di disdetta dei contratti in essere, apparentemente provenienti dalla "Cavallaro Gregorio di G C & C." e dirette ad altrettanti clienti, che essi avevano poi consegnato al perito nominato nel corso di un precedente procedimento penale relativo a tali vicende societarie, così inducendolo in errore nell'espletamento del suo incarico. 2. La Corte di appello di Taranto, con sentenza emessa il 15 giugno 2018, ha assolto gli imputati dall'imputazione di falsa perizia mediante induzione in errore, avendo reputato ininfluente l'anzidetta documentazione mendace, ai fini dell'attività devoluta al perito e dei risultati della stessa. Ha dichiarato, invece, estinto per prescrizione il delitto di truffa, individuando il termine ultimo di commissione dello stesso nel 1° gennaio del 2003 anziché nel 31 dicembre 2010, secondo quella che era la contestazione. I passaggi argomentativi della Corte sul punto possono così riassumersi: la "Cavallaro" s.n.c. è stata posta in liquidazione nell'anno 2001;i contratti con la clientela avevano tutti durata annuale;a seguito della liquidazione, gli artt. 2278 e 2279, cod. civ., impongono al liquidatore di compiere soltanto gli atti necessari per la liquidazione, con espresso divieto di intraprendere "nuove operazioni", tra le quali va certamente annoverata la stipulazione di nuovi contratti. Pertanto, i contratti in corso alla data della messa in liquidazione, andavano a scadere, al più tardi, il 31 dicembre del 2002 e, una volta giunti a scadenza, non sarebbero stati rinnovabili. Da tale data, dunque, nessuna legittima pretesa economica quella società avrebbe potuto vantare sui corrispettivi dei contratti stipulati, seppur con le anzidette modalità artificiose, dalle altre due costituite successivamente dagli imputati;e, di conseguenza, nessun danno ingiusto le è derivato e nessuna truffa in suo danno si è più consumata. 3. Ricorre per cassazione la difesa della parte civile, A C, figlio ed erede dell'anzidetta R C, nelle more deceduta.
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