Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/07/2018, n. 18460

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/07/2018, n. 18460
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18460
Data del deposito : 12 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso 21971-2017 proposto da: D L, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI

99, presso lo studio dell'avvocato F C, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI CATANIA, PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA GENERALE DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DEL TRIBUNALE DI CATANIA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 89/2017 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 13/07/2017. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/01/2018 dal Consigliere U A;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale M M, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato F C.

Fatti di causa

L'avvocato L D ricorre avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense n.89 del 13 luglio 2017 di conferma della decisione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Catania che le aveva inflitto la sospensione dell'esercizio dell'attività professionale per la durata di mesi due. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Catania non presenta difese. L'avvocato D ha depositato memoria ex art.378 c.p.c Ragioni della decisione 1.La vicenda trae origine da un esposto pervenuto al COA di Catania in data 11 dicembre 2012 da parte della signora A T, che aveva denunciato comportamenti disciplinarmente rilevanti tenuti dagli avvocati D C e L D. La T affermava che ,in un giudizio introdotto dall'avvocato D C per il pagamento di compensi professionali , difeso Ric. 2017 n. 21971 sez. SU - ud. 30-01-2018 -2- dall'avvocato L D, quest'ultima aveva depositato in data 12 giugno 2012 una lettera di diffida a sua firma, spedita con raccomandata del 3 febbraio 2011, lettera correlata dalle distinte di accettazione e ricevuta di ritorno. L'esponente asseriva che tali atti erano il risultato di una falsificazione, essendo stata inviata la diffida ad un indirizzo sbagliato nel numero civico , Viale della Costituzione n.14, come risultava dalla distinta di accettazione, evidentemente in un secondo momento contraffatto sulla busta e sulla ricevuta di ricevimento in 19/A, numero civico di sua effettiva residenza ,tutto ciò al fine di interrompere la prescrizione del credito. La relata di notifica riportava, poi, due indicazioni contrastanti, «rifiutato dal destinatario« e «l'indirizzo è inesistente>>. Nelle deduzioni presentate al COA in data 27-4-2013 l'incolpata aveva ammesso che al momento della spedizione un suo collaboratore aveva corretto l'indirizzo del destinatario sulla cartolina, ma si era dimenticato di correggerlo nella distinta di accettazione e che pertanto la grafia su quel documento non era la sua;
deduceva inoltre la propria buona fede per avere ella stessa prodotto in giudizio le copie della busta e della cartolina ,contenenti l'alterazione del numero civico ,e la copia della distinta di accettazione che non lo conteneva, circostanze poi ribadite nella memoria del 20-6-2014 Il COA formulava il seguente capo d'incolpazione nei confronti dei due professionisti: aver falsificato, dopo la restituzione al mittente, la busta e la cartolina della raccomandata violando gli articoli 5 (doveri di probità dignità e decoro) e 6( doveri di lealtà e correttezza)del Codice deontologico forense;
aver utilizzato in giudizio, dopo la falsificazione, gli atti sopra indicati, così violando gli articoli 5 ( doveri di probità dignità e decoro), 6 ( doveri di lealtà e correttezza) e 14 (dovere di verità). Ric. 2017 n. 21971 sez. SU - ud. 30-01-2018 -3- Nel corso del giudizio emergeva l'estraneità dell'avvocato C perché la lettera era stata spedita dallo studio dell'avvocato D no. Nel giudizio penale, iniziato contemporaneamente , l'avvocato D veniva assolta con la formula perché il fatto non costituisce reato.

2.Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione degli artt.652 e 653 c.p.p e degli artt. 5, 6 e 14 del codice deontologico. Deduce la ricorrente che la sentenza penale di assoluzione aveva smentito in fatto che la D avesse effettuato una qualsiasi annotazione sulle due caselle «rifiutato» e «indirizzo inesistente» ed ha precisato che la «spunta» su entrambe le caselle dell'adesivo apposto sulla busta era da attribuire ad un errore dell'ufficio postale che aveva siglato inavvertitamente due caselle;
che «irrilevanti risultavano le correzioni dell'indirizzo del destinatario al di là invero de la non avvenuta identificazione dei soggetti che eventualmente avrebbero proceduto alla correzione degli indirizzi come sopra , rimane comunque non provata l'attribuibilità della condotta all'imputata D» .
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