Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/08/2005, n. 16874

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In tema di azione revocatoria fallimentare, le rimesse effettuate dal terzo fideiussore sul conto corrente dell'imprenditore, poi fallito, non sono revocabili ai sensi dell'art. 67, secondo comma, della legge fallimentare, quando risulti che attraverso la rimessa il terzo non ha posto la somma nella disponibilità giuridica e materiale del debitore, ma -senza utilizzare una provvista del debitore e senza rivalersi nei suoi confronti prima del fallimento- ha adempiuto in qualità di terzo fideiussore l'obbligazione di garanzia nei confronti della banca creditrice. Infatti, in questa ipotesi il pagamento è effettuato dal garante allo scopo di adempiere l'obbligazione di garanzia, autonoma, ancorchè accessoria e di contenuto identico rispetto all'obbligazione principale, per evitare le conseguenze cui resterebbe esposto per effetto dell'inadempimento, mentre la modalità del pagamento non determina, di per sè, l'acquisizione della disponibilità della somma da parte del titolare del conto corrente -perchè essa è soltanto contabile ed è priva di autonomia rispetto all'estinzione del debito da parte del terzo-, non incide sulla provenienza della somma dal terzo e sulla causa del pagamento (estinzione dell'obbligazione fideiussoria, in difetto di una diversa imputazione) e perciò non viola la 'par condicio creditorum'.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/08/2005, n. 16874
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16874
Data del deposito : 12 agosto 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

16874/05 UBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Oggetto revocatoria fall re SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Vincenzo CARBONE Presidente aggiunto R.G.N. 1456/02 Dott. Giovanni PRESTIPINO - Presidente di sezione Cron. 16814 Dott. Alfredo MENSITIERI - Consigliere - Rep. 3581 Dott. Alessandro CRISCUOLO Rel. Consigliere Ud. 28/04/05 Dott. Giandonato NAPOLETANO Consigliere I Dott. Ugo VITRONE Consigliere Dott. Michele LO PIANO Consigliere Dott. Mario CICALA Consigliere E Dott. Mario FINOCCHIARO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BANCA NAPOLI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata @ difesa dall'avvocato SILVESTRO LANDOLFI, giusta delega a margine del ricorso;
2005 ricorrente 2158

contro

-1- FALLIMENTO BLUE BAY TOURS S.R.L, in persona del Curatore pro-tempoe, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso 10 studio dell'avvocato MONICA FRATICELLI, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE ANDREOTTA, giusta delega a margine del controricorso, controricorrente avverso la sentenza n. 169/01 della Corte d'Appello di SALERNO, depositata il 04/06/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/04/05 dal Consigliere Dott. Alessandro CRISCUOLO;
uditi gli avvocati Silvestro LANDOLFI, Giuseppe ANDREOTTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MACCARONE che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. -2- Svolgimento del processo ND CO e RL OR - fideiussori di UE BA Tours s. r. 1. (d'ora in avanti UE BA), società della quale entrambi erano soci e il primo anche amministratore - in data 7 settembre 1990 versarono la somma di £ 60.481.487 sul conto corrente intestato alla medesima società presso il AN di LI, filiale di Sorrento. Con sentenza del Tribunale di Salerno in data 20-21 maggio 1991 UE BA fu dichiarata fallita. Il curatore del fallimento convenne quindi in giudizio il AN di LI davanti al detto Tribunale, chiedendo la revoca, ai sensi dell'art. 67 della legge fallimentare (d'ora in poi L. F.), del pagamento indicato. Tale domanda fu accolta dal Tribunale adito con sentenza del 18 novembre 1997. Contro tale sentenza il AN di LI propose appello, deducendo: a) che la pronuncia era viziata da difetto di motivazione sull'esistenza delle condizioni della revoca del pagamento, in quanto la curatela non aveva provato che il detto pagamento fosse avvenuto con denaro della società, essendo inoltre pacifico che il CO e l'OR non avevano esercitato l'azione di rivalsa nei confronti della società stessa;
b) che i detti CO e OR erano fideiussori di UE BA s. r.

1. e il AN, in data 28 agosto 1989, aveva revocato il fido concesso, 2 ottenendo poi il 22 novembre 1989 decreto ingiuntivo nei loro confronti per il pagamento della somma di £ 47.685.812, decreto in forza del quale aveva iscritto ipoteca su immobili appartenenti ai medesimi fideiussori;
c) che costoro avevano effettuato il pagamento al fine di adempiere l'obbligazione di garanzia nei confronti del AN, onde il pagamento stesso non era riferibile alla società;
d) che non era stata provata la conoscenza, da parte dell'accipiens, dello stato d'insolvenza di UE BA s. r.

1. L'appellato si costituì per resistere al gravame, del quale chiese il rigetto contestandone la fondatezza. In via gradata spiegò appello incidentale, "tendente a riconoscere l'interposizione fittizia che sarebbe stata posta in essere dai fideiussori paganti" (sentenza impugnata, pag. 11). La Corte di appello di Salerno, con sentenza depositata il 4 giugno 2001, rigettò l'impugnazione proposta dal AN di LI e condannò l'appellante al pagamento delle spese processuali, dichiarando assorbito l'appello incidentale. La Corte distrettuale premise che oggetto specifico della controversia era l'esatta qualificazione del versamento effettuato il 7 settembre 1990 ad opera dei fideiussori ND CO e RL OR per l'importo di £ 62.930.000 (debito sostanziale comprensivo di competenze e interessi maturati ma non ancora addebitati, corrispondente al debito contabile di £ 60.481.487) sul conto corrente n. 27/2399, assistito da apertura di credito, intrattenuto dalla società fallita con la filiale di Sorrento del AN 3 di LI. Osservò, quindi, che si doveva stabilire se tale versamento fosse stato effettuato con finalità meramente solutorie (risultando in tal caso suscettibile di revocatoria, come ritenuto dal primo giudice), oppure se fosse stato posto in essere con finalità dirette a ripristinare la provvista, restando perciò non soggetto a revoca. In questo quadro la Corte di merito richiamati gli atti che - avevano preceduto la dichiarazione di fallimento affermò di condividere il principio secondo il quale il pagamento effettuato dal terzo garante (nella specie, fideiussore) costituiva adempimento di un'obbligazione del garante medesimo e, come tale, era neutro nei confronti della massa dei creditori "solo quando venga effettuato con denaro non del fallito, ovvero, se effettuato con denaro del fallito, non sia seguito dalla rivalsa concretamente posta in opera dal pagante prima della dichiarazione di fallimento, all'uopo non essendo sufficiente la semplice dichiarazione o intenzione di volersi rivalere" (sentenza impugnata, pag. 7-8). Aggiunse, tuttavia, che, come di recente affermato da questa Corte regolatrice, il principio non era applicabile qualora il versamento fosse stato effettuato sul conto corrente del debitore, perché in detta ipotesi nell'operazione s'inseriva il diaframma del rapporto di conto corrente nel quale il versamento del terzo 4 rimaneva attratto, venendo a costituire una variazione quantitativa del conto, cioè una posta attiva del correntista, nella cui titolarità l'importo accreditato andava a confluire, con conseguente applicabilità della regola generale che governa la revoca delle rimesse sul conto corrente, indipendentemente dalla causa delle stesse. La Corte salernitana, dunque, passando all'esame della fattispecie concreta, affermò che la banca era consapevole dello stato d'insolvenza della società;
che il versamento eseguito dai due fideiussori aveva natura solutoria, essendo stato effettuato a seguito della pronunzia del decreto ingiuntivo e della successiva iscrizione d'ipoteca in danno dei paganti, i quali, con la predetta operazione, avevano inteso estinguere un debito della società, sicché soltanto in via indiretta il versamento si risolveva a loro beneficio, liberandoli dall'obbligo assunto col contratto di fideiussione (essendo irrilevante stabilire, in questo contesto, se il versamento fosse avvenuto con denaro della fallita o dei fideiussori, punto sul quale nessuna prova in un senso o nell'altro si poteva trarre dai documenti contabili prodotti dall'appellante). Pertanto, ad avviso della Corte distrettuale si doveva ritenere che il versamento de quo, "in quanto diretto ad eliminare un debito della fallita e non a ripristinare la provvista del conto corrente di corrispondenza n. 27/2399", fosse lesivo degli interessi e della par condicio dei creditori, sicché, in quanto intervenuto nel periodo L a5 sospetto di cui all'art. 67 L. F., doveva essere revocato, con conseguente rigetto dell'impugnazione principale ed assorbimento di quella incidentale. Avverso la suddetta pronunzia il AN di LI ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, col quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
"solo in via estremamente subordinata" ha chiesto altresì che "in caso di cassazione, venga disposto il rinvio al giudice di merito, onde consentire l'accoglimento della domanda sotto il profilo della dissimulazione della provenienza dall'effettivo autore del versamento e della provenienza del denaro, ovvero ancora l'accoglimento della domanda subordinata circa la revocatoria della quota ideale del versamento impugnato da imputarsi al sig. CO ND in quanto amministratore della società". La prima sezione civile di questa Corte, cui il ricorso era stato assegnato, con ordinanza depositata il 27 ottobre 2004 ha osservato che l'orientamento della Corte medesima in ordine alla possibilità di esperire l'azione revocatoria di pagamenti eseguiti dal terzo con denaro proprio, e senza che sia intervenuta rivalsa, non è univoco. In base ad un primo orientamento, se il terzo esegue il pagamento con somme proprie, senza esercitare l'azione di rivalsa prima del fallimento, il pagamento stesso costituirebbe un atto neutro, 6 ininfluente sulla par condicio, perché non idoneo a determinare una riduzione di attivo o un incremento di passivo, in quanto il terzo non potrebbe trovarsi in posizione diversa dall'originario creditore. Un secondo orientamento ha invece affermato che, quando il pagamento del terzo sia stato eseguito con versamento sul conto corrente del debitore, il principio ora indicato non potrebbe trovare applicazione, perché il versamento stesso sarebbe attratto nel rapporto di conto corrente, nel cui ambito darebbe luogo ad una semplice variazione quantitativa traducendosi in una posta attiva del correntista, come tale rientrante nella sua titolarità e disponibilità. In presenza del contrasto così prospettato, gli atti sono stati trasmessi al Primo Presidente ai sensi dell'art. 374 c. p. c. La causa è stata quindi assegnata alle sezioni unite di questa Corte ed è stata chiamata all'odierna udienza di discussione, in vista della quale le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 c. p. c. Motivi della decisione 1. II fallimento resistente adduce l'inammissibilità dell'impugnazione sotto tre profili. Per un primo aspetto il ricorso sarebbe inammissibile "nella parte in cui sollecita il giudice di legittimità ad effettuare apprezzamenti su situazioni di fatto, rimasti sorretti da valide motivazioni del +giudice di merito". Si tratta però di

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