Cass. pen., sez. V, sentenza 13/01/2023, n. 01087
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: TESTA ALESSANDRO nato a ISERNIA il 30/10/1983 avverso la sentenza del 14/02/2022 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere P B;
lette le conclusioni del Procuratore generale P L, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni dell'Avv. MARCO LORUSSO, per la parte civile, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 14 febbraio 2022 dalla Corte di appello di Campobasso che, su ricorso del pubblico ministero, ha riformato la decisione del Tribunale di Isernia che aveva assolto A T dal reato di lesioni personali gravi ai danni di C D S perché il fatto non sussiste;
la riforma in appello è consistita nel proscioglimento dell'imputato ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen.
2. Contro la sentenza predetta, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione dell'art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. nonché dell'art. 6, paragrafo 3 lett. d della CEDU e vizio di motivazione. Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata costituisce una reformatio in peius, che, se pure non dispiega alcun effetto penalistico, lo espone ad un'azione di risarcimento del danno in sede civile, dove la sentenza ex art. 131- bis cod. pen. fa pieno stato. Il ricorrente richiama anche la giurisprudenza di questa Corte in tema di rinnovazione nel caso di ribaltamento in appello, a partire da Sezioni Unite Dasgupta, e sottolinea che la riforma in appello è avvenuta esclusivamente sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa, in particolare delle dichiarazioni della persona offesa, di Pasquale B e di Luciano Carcaiso nonché di quelle dello stesso imputato. In particolare, tanto il Tribunale aveva ritenuto non affidabili le dichiarazioni della persona offesa, che aveva disposto la trasmissione degli atti in Procura.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione quanto al dovere di motivazione rafforzata che grava sul Giudice di appello che riformi la pronunzia assolutoria. La Corte distrettuale, al contrario, si era limitata ad offrire una propria parziale e superficiale rilettura dei fatti, senza confrontarsi e senza disattendere puntualmente le argomentazioni del Giudice di prime cure. La divergenza si apprezza quanto al narrato della persona offesa ma anche riguardando la pretermissione delle dichiarazioni dei testi Alessandro Mcoli, Francesco C, Gianluca C, Danilo B e De Martino, che avevano smentito la vittima. Stessa sorte avevano avuto le dichiarazioni del consulente della difesa — apprezzate dal Giudice monocratico — che aveva escluso la compatibilità tra l'aggressione come descritta dalla persona offesa e le lesioni riportate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. A questa conclusione il Collegio è giunto, in primo luogo, considerando i rapporti tra la pronunzia assolutoria di primo grado ed il proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen. e giungendo alla conclusione che si tratti di ribaltamento in malam partem. Come sancito dalla giurisprudenza di questa Corte, infatti, l'istituto di cui all'art. 131-bis cod. pen. lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica. Molto interessante, a tale riguardo, è la ricostruzione che si legge in Sez. 7, n. 41330 del 03/07/2017, Sapienza, Rv. 271016 secondo cui il fatto suscettibile di proscioglimento per particolare tenuità presuppone l'esistenza di un fatto tipico, la cui pur lieve offensività deve intendersi oggetto di accertamento: una volta riscontrato esistente, il fatto rimarrà antigiuridico ma — per scelta di politica criminale operata dal legislatore a fini eminentemente deflattivi — non andrà incontro a sanzione. Rimarca il precedente evocato la coeva introduzione dell'art. 651-bis cod. proc. pen., secondo cui la sentenza di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen. ha efficacia di giudicato, nel giudizio civile o amministrativo di danno, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso. Ed è proprio il riferimento alla natura di accertamento sulla "illiceità penale" della disposizione processuale che fa propendere per l'idea che la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità presupponga l'accertamento di un reato perfetto in tutte le sue componenti, oggettive, soggettive e dì offensività, sia pur modesta. La sentenza Sapienza ricorda, a questo proposito, la relazione allo schema di decreto legislativo, poi sfociato nella stesura definitiva del d.lgs. n. 28/2015, secondo cui il testo normativo, "nell'attuare l'indicazione del legislatore, muove dall'implicita ma ovvia premessa che la c.d. 'irrilevanza del fatto' sia istituto diverso da quello della c.d. 'inoffensività del fatto'. A differenza di quest'ultimo — che trova applicazione quanto il fatto è privo di un suo elemento costitutivo e, in definitiva, atipico e insussistente come reato — l'irrilevanza penale per particolare tenuità presuppone un fatto tipico e, pertanto, costitutivo di reato, ma da ritenere non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale. In questo senso si sono espresse, a proposito del proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., anche le Sezioni Unite nella sentenza Tushaj (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266593, in motivazione);
in particolare, dopo aver ricordato che: «I singoli tipi di reato vanno ricostruiti in conformità al principio di offensività sicché tra i molteplici significati eventualmente compatibili con la lettera della legge si dovrà operare una scelta con l'aiuto del criterio del bene giuridico, considerando fuori del tipo di fatto incriminato i comportamenti non offensivi dell'interesse protetto. In breve, è proprio il parametro valutativo di offensività che consente di individuare gli elementi fattuali dotati di tipicità;
e di dare contenuto tangibile alle espressioni vaghe che spesso compaiono nelle formule legali», hanno poi precisato che (Da quanto precede emerge
udita la relazione svolta dal Consigliere P B;
lette le conclusioni del Procuratore generale P L, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni dell'Avv. MARCO LORUSSO, per la parte civile, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 14 febbraio 2022 dalla Corte di appello di Campobasso che, su ricorso del pubblico ministero, ha riformato la decisione del Tribunale di Isernia che aveva assolto A T dal reato di lesioni personali gravi ai danni di C D S perché il fatto non sussiste;
la riforma in appello è consistita nel proscioglimento dell'imputato ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen.
2. Contro la sentenza predetta, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione dell'art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. nonché dell'art. 6, paragrafo 3 lett. d della CEDU e vizio di motivazione. Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata costituisce una reformatio in peius, che, se pure non dispiega alcun effetto penalistico, lo espone ad un'azione di risarcimento del danno in sede civile, dove la sentenza ex art. 131- bis cod. pen. fa pieno stato. Il ricorrente richiama anche la giurisprudenza di questa Corte in tema di rinnovazione nel caso di ribaltamento in appello, a partire da Sezioni Unite Dasgupta, e sottolinea che la riforma in appello è avvenuta esclusivamente sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa, in particolare delle dichiarazioni della persona offesa, di Pasquale B e di Luciano Carcaiso nonché di quelle dello stesso imputato. In particolare, tanto il Tribunale aveva ritenuto non affidabili le dichiarazioni della persona offesa, che aveva disposto la trasmissione degli atti in Procura.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione quanto al dovere di motivazione rafforzata che grava sul Giudice di appello che riformi la pronunzia assolutoria. La Corte distrettuale, al contrario, si era limitata ad offrire una propria parziale e superficiale rilettura dei fatti, senza confrontarsi e senza disattendere puntualmente le argomentazioni del Giudice di prime cure. La divergenza si apprezza quanto al narrato della persona offesa ma anche riguardando la pretermissione delle dichiarazioni dei testi Alessandro Mcoli, Francesco C, Gianluca C, Danilo B e De Martino, che avevano smentito la vittima. Stessa sorte avevano avuto le dichiarazioni del consulente della difesa — apprezzate dal Giudice monocratico — che aveva escluso la compatibilità tra l'aggressione come descritta dalla persona offesa e le lesioni riportate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. A questa conclusione il Collegio è giunto, in primo luogo, considerando i rapporti tra la pronunzia assolutoria di primo grado ed il proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen. e giungendo alla conclusione che si tratti di ribaltamento in malam partem. Come sancito dalla giurisprudenza di questa Corte, infatti, l'istituto di cui all'art. 131-bis cod. pen. lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica. Molto interessante, a tale riguardo, è la ricostruzione che si legge in Sez. 7, n. 41330 del 03/07/2017, Sapienza, Rv. 271016 secondo cui il fatto suscettibile di proscioglimento per particolare tenuità presuppone l'esistenza di un fatto tipico, la cui pur lieve offensività deve intendersi oggetto di accertamento: una volta riscontrato esistente, il fatto rimarrà antigiuridico ma — per scelta di politica criminale operata dal legislatore a fini eminentemente deflattivi — non andrà incontro a sanzione. Rimarca il precedente evocato la coeva introduzione dell'art. 651-bis cod. proc. pen., secondo cui la sentenza di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen. ha efficacia di giudicato, nel giudizio civile o amministrativo di danno, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso. Ed è proprio il riferimento alla natura di accertamento sulla "illiceità penale" della disposizione processuale che fa propendere per l'idea che la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità presupponga l'accertamento di un reato perfetto in tutte le sue componenti, oggettive, soggettive e dì offensività, sia pur modesta. La sentenza Sapienza ricorda, a questo proposito, la relazione allo schema di decreto legislativo, poi sfociato nella stesura definitiva del d.lgs. n. 28/2015, secondo cui il testo normativo, "nell'attuare l'indicazione del legislatore, muove dall'implicita ma ovvia premessa che la c.d. 'irrilevanza del fatto' sia istituto diverso da quello della c.d. 'inoffensività del fatto'. A differenza di quest'ultimo — che trova applicazione quanto il fatto è privo di un suo elemento costitutivo e, in definitiva, atipico e insussistente come reato — l'irrilevanza penale per particolare tenuità presuppone un fatto tipico e, pertanto, costitutivo di reato, ma da ritenere non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale. In questo senso si sono espresse, a proposito del proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., anche le Sezioni Unite nella sentenza Tushaj (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266593, in motivazione);
in particolare, dopo aver ricordato che: «I singoli tipi di reato vanno ricostruiti in conformità al principio di offensività sicché tra i molteplici significati eventualmente compatibili con la lettera della legge si dovrà operare una scelta con l'aiuto del criterio del bene giuridico, considerando fuori del tipo di fatto incriminato i comportamenti non offensivi dell'interesse protetto. In breve, è proprio il parametro valutativo di offensività che consente di individuare gli elementi fattuali dotati di tipicità;
e di dare contenuto tangibile alle espressioni vaghe che spesso compaiono nelle formule legali», hanno poi precisato che (Da quanto precede emerge
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