Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/01/2023, n. 02234

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/01/2023, n. 02234
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 02234
Data del deposito : 25 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

e SENTENZA sul ricorso 25755-2017 proposto da: I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA

29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati 2022 ANTONIETTA CORETTI, V S, VINCENZO TRIOLO;
3111

- ricorrente -

contro

R I, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FLAMINIA

195, presso lo studio dell'avvocato S, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato M P;
- controri corrente - avverso la sentenza n. 375/2017 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 11/09/2017 R.G.N. 43/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/09/2022 dal Consigliere Dott. R M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M F, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'avvocato V S;
udito l'avvocato S V. NNN rgn. 25755 / 201' Inps c/ Ra Ion udienza del 27 settembre 2022

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato presso il Tribunale di Brescia, Ra Ion conveniva in giudizio l'INPS, quale gestore del Fondo di Garanzia, per ottenere il pagamento dei crediti da lavoro diversi dal TFR oltre accessori.

2. Ra Ion, dipendente della s.r.l. Autotrasporti L & L, dal 18 maggio 2009 al 19 settembre 2012 allorché veniva licenziato per giusta causa, impugnava il licenziamento e, all'esito della sentenza di annullamento del recesso datoriale (in data 9 gennaio 2013) - con ordine di reintegrazione e condanna al pagamento dell'indennità risarcitoria pari alle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione (entro il limite delle 12 mensilità previsto dall'art. 7, co.4 L. n. 300 del 1970, nel testo ratione temporis vigente) - esercitava tempestivamente (il 21 gennaio 2013) l'opzione sostitutiva della reintegrazione.

3. Il 25 settembre 2013 il Tribunale dichiarava il fallimento del datore di lavoro e ammetteva allo stato passivo i crediti maturati dal lavoratore dal 10 agosto 2012, data da cui era cessato ogni pagamento della retribuzione, fino al 21 gennaio 2013, data di esercizio dell'opzione sostitutiva della reintegrazione.

4. La domanda del lavoratore al Fondo di garanzia (il 21 maggio 2014) per il pagamento dei crediti diversi dal TFR inerenti al periodo compreso tra il 24 ottobre 2012 e il 21 gennaio 2013, ossia gli ultimi novanta giorni antecedenti la cessazione del rapporto per effetto dell'opzione sostitutiva della reintegrazione, è stata rigettata dal giudice di primo grado sul presupposto dell'esclusione, nella specie, della tutela apprestata dal Fondo di garanzia, in considerazione della connotazione indennitaria, e non retributiva, dei crediti vantati.

5. La Corte d'Appello di Brescia, riformando la decisione di primo grado, ha accolto la domanda dell'assicurato.

6. Avverso tale sentenza ricorre l'INPS, con ricorso ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso, Ra Ion.

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Con unico motivo di ricorso l'ente previdenziale si duole della violazione dell'art. 2, co. 1, d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 80, in riferimento all'art. 18, co. 4, L. 20 maggio 1970, n. 300, per avere la Corte territoriale qualificato credito retributivo, inerente agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, l'indennità dovuta per effetto della sentenza di condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, accertata l'illegittimità del licenziamento intimato.

8. In breve, la decisione è gravata per non avere escluso i crediti da lavoro, dal legislatore denominati «indennità sostitutiva», maturati nell'ultimo trimestre del periodo compreso tra il licenziamento e l'esercizio dell'opzione sostitutiva della reintegrazione, dal novero dei crediti diversi dal TFR (art. 2 d.lgs. nn. 276/03 e 80/1992), in ragione della natura risarcitoria preclusiva, come tale, della copertura del Fondo, trattandosi di credito correlato ad una prestazione lavorativa non espletata dal lavoratore, a causa del licenziamento illegittimo divenuto inefficace solo per effetto dell'ordine giudiziale di reintegrazione.

9. Per suffragare la tesi interpretativa volta ad incrinare la ratio decidendi della sentenza impugnata, l'Istituto trae argomenti dal precedente di questa Corte, la sentenza n. 14559 del 2017, per sollecitare, nella vicenda all'esame, l'affermazione del principio per cui scopo del Fondo non è quello di garantire il risarcimento del danno entro un massimale determinato (alla stregua di un'assicurazione) ma di tenere indenni i lavoratori dal mancato pagamento delle retribuzioni spettanti (nel limite delle tre mensilità) e dovute dal datore di lavoro, in continuità con il precedente citato e la ritenuta esclusione, dal novero delle obbligazioni del Fondo, dell'indennità sostitutiva delle ferie per la parte maturata nel trimestre di riferimento. 10. Il ricorso è da rigettare. 11. L'opzione interpretativa suggerita dall'ente previdenziale muove dalla premessa, errata, della natura risarcitoria dei crediti azionati dal lavoratore, dalla quale conseguirebbe un'estensione della copertura della tutela solidaristica del Fondo ai crediti risarcitori o indennitari vantati dal lavoratore solo che siano rientranti nel segmento temporale prescritto dal legislatore (gli ultimi tre mesi dei dodici antecedenti alla dichiarazione di fallimento). 12. Per quanto si dirà nei paragrafi che seguono, non si condivide la premessa ricostruttiva, come illustrata nel ricorso, e datato è l'approdo giurisprudenziale invocato dall'INPS a fondamento del gravame. 13. Invero, nella più recente giurisprudenza di questa Corte in tema di conseguenze patrimoniali da licenziamento illegittimo, ex art. 18 legge n. 300/1970, si è consolidato il principio per cui la funzione dell'indennità è quella di ripristinare lo status quo ante al licenziamento illegittimo ed è proprio in ragione di ciò che la sua commisurazione deve essere calcolata in base alla retribuzione che il lavoratore avrebbe concretamente percepito ove non fosse stato illegittimamente estromesso dall'azienda (fra le altre, da ultimo, Cass. n. 33344 del 2022 ed ivi ulteriori riferimenti ai precedenti di legittimità, fra i quali, Cass. nn. 27750 del 2020, 29105 del 2019 e 1037 del 2002). 14. In particolare, è stato precisato che l'indennità risarcitoria per il licenziamento illegittimo deve essere commisurata non già in base ad una media delle retribuzioni precedentemente percepite dal lavoratore ante illegittima estromissione quanto, piuttosto, in base alla retribuzione che quest'ultimo avrebbe percepito se avesse effettivamente lavorato (fra altre, Cass. nn. 19285 del 2011, 15066 del 2015, 27750 del 2020). 15. Per retribuzione globale di fatto deve, intendersi, appunto, quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato e si ricomprende, nel suo complesso, ogni compenso avente carattere continuativo, ricollegato a particolari modalità della prestazione lavorativa in atto al momento del licenziamento, in quanto, diversamente opinando, si addosserebbero al lavoratore conseguenze negative derivanti da un comportamento illegittimo tenuto dal datore di lavoro (v.Cass. nn. 29105 del 2019, 19956 del 2009, 27750 del 2020 cit.).16. L'ordine giudiziale di reintegrazione ripristina, de jure, il rapporto di lavoro e non a caso il legislatore ha rimarcato che il rapporto si intende risolto solo quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro ovvero abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione (art.18, terzo comma, legge n. 300 cit.). 17. Le conseguenze patrimoniali del licenziamento illegittimo ex art. 18 L. n. 300 cit., nel periodo temporale che viene qui in rilievo e fino all'esercizio dell'opzione, si identificano nella retribuzione globale di fatto che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, esclusi eventuali compensi di cui non sia certa la percezione, perché correlati a peculiari modalità della prestazione oppure, in definitiva, perché occasionali o eccezionali (Cass. n. 27750 del 2020 cit.). 18. Nella vicenda all'esame nessun rilievo è stato mosso dall'ente previdenziale avverso peculiari connotazioni della retribuzione ostative alla ricomprensione delle tre mensilità richieste dal lavoratore, per cui rimane delimitato il thema disputandum solo alli an del credito per il quale il lavoratore ha invocato la protezione del Fondo di garanzia. 19. Ulteriori approdi giurisprudenziali di questa Corte, in evidente discontinuità con il precedente richiamato dall'ente previdenziale per suffragare la tesi argomentativa costituente il pilastro del gravame, hanno assimilato, ai fini del diverso profilo del diritto alle ferie annuali accomunato al tema ora controverso dal medesimo presupposto fondante - l'equivalenza del segmento temporale tra licenziamento e reintegrazione a un periodo effettivamente lavorato (per tutte, Cass.n.6319 del 2021 alla quale si rinvia per gli snodi argomentativi) - e hanno rimarcato la connotazione retributiva dell'indennità sostitutiva delle ferie (per la parte maturata nel trimestre di riferimento) per includerla nel novero delle obbligazioni del Fondo (v., fra le altre, Cass.nn. 2230 del 2020 e 24890 del 2019). 20. Vale allora ribadire, in continuità con gli assetti giurisprudenziali che fanno da cornice alla protezione solidaristica accordata dal Fondo di garanzia, che con la declaratoria di annullamento del licenziamento per illegittimo esercizio del recesso datoriale (nella specie in data 9 gennaio 2012) e l'ordine giudiziale di reintegrazione del lavoratore si è ripristinato lo status quo ante all'illegittima estromissione (Cass.nn.6742 del 2022, 29105 del 2019, 1037 del 2002) e il lavoratore vanta il credito al quale avrebbe avuto diritto, e la retribuzione che avrebbe concretamente percepito, ove non fosse stato illegittimamente estromesso dall'azienda. 21. Chiarito, dunque, che trattasi di crediti retributivi del lavoratore - ammessi, nella specie, allo stato passivo per l'intero importo corrispondente alle retribuzioni maturate dal 1° agosto 2012, data dalla quale il datore di lavoro è risultato inadempiente - rientrano nella protezione solidaristica del Fondo di garanzia solo i crediti corrispondenti agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, nella specie dal 24 ottobre 2012 sino al 21 gennaio 2013, rientranti nei dodici mesi che precedono la dichiarazione di fallimento (25 settembre 2013), tenuto conto della volontà manifestata dal lavoratore, alla citata data del 21 gennaio 2013, di esercitare l'opzione sostitutiva della reintegrazione (incontroverso il relativo esercizio entro il termine di 30 giorni all'uopo previsto dall'art. 18 legge n. 300 cit.). 22. Giova soggiungere, a confutazione di ulteriori ed eventuali argomenti critici a quanto dianzi illustrato, che l'esercizio dell'opzione non contiene, in nuce, alcuna volontà abdicativa del lavoratore in riferimento ai crediti retributivi pregressi inerenti al segmento temporale fra la declaratoria di annullamento del licenziamento e l'esercizio della predetta facoltà. 23. Non si ravvisano, dunque, nel ricorso all'esame, argomenti pregnanti per porre in discussione la tenuta dell'assetto giurisprudenziale al quale la Corte territoriale si è conformata. 24. Vale aggiungere, come rilevato dal Procuratore generale nelle conclusioni scritte rassegnate, che la direttiva europea armonizzata nell'ordinamento con il decreto legislativo n. 80 del 1992, «considera» che sono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità (primo considerando). 25. Nel testo, poi, la direttiva parla correntemente di «diritti non pagati relativi alla retribuzione» del periodo situato prima di una data determinata. 26. La generica formula della direttiva è tradotta nel decreto legislativo n. 80 del 1992 in «crediti di lavoro». 27. Le espressioni utilizzate dalla direttiva e dal decreto conducono all'affermazione, in linea con l'obiettivo della direttiva, che l'oggetto della tutela solidaristica sia la retribuzione perduta, e non percepita, a prescindere dal fatto che la retribuzione spetti per l'assolvimento dell'obbligo lavorativo o per il mancato assolvimento non imputabile al prestatore. 28. Per coerenza sistematica va, infine, ricordata la giurisprudenza di questa Corte che, con riferimento alle obbligazioni a carico del Fondo di Garanzia costituito presso l'INPS, ha ormai definitivamente consolidato la natura previdenziale dei crediti richiamati dal decreto legislativo n. 80 del 1992 («crediti di lavoro, diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto, inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che precedono» ex art. 2, co. 1, d.lgs. n.80 cit.);
ha delineato il diritto del lavoratore di ottenere dall'I.N.P.S. la corresponsione delle somme a carico del Fondo come diritto di credito, ad una prestazione previdenziale, distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro;
ha escluso che si tratti di obbligazione solidale;
ha ancorato il perfezionarsi del diritto non già alla cessazione del rapporto di lavoro, bensì al verificarsi dei presupposti previsti dal decreto legislativo n.80 cit.(insolvenza del datore di lavoro, verifica dell'esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo ovvero all'esito di procedura esecutiva;
v., da ultimo e per tutte, Cass. n. 32 del 2020 e ulteriori precedenti ivi richiamati). 29. Il Fondo di garanzia costituisce attuazione di una forma di assicurazione sociale obbligatoria, con relativa obbligazione contributiva posta ad esclusivo carico del datore di lavoro, con la particolarità che l'interesse del lavoratore alla tutela è conseguito mediante l'assunzione, da parte dell'ente previdenziale, in caso d'insolvenza del datore di lavoro, di un'obbligazione pecuniaria determinata, nel quantum, con riferimento al credito di lavoro nel suo ammontare complessivo. 30. Il diritto alla prestazione del Fondo nasce, quindi, non in forza del rapporto di lavoro, ma del distinto rapporto assicurativo-previdenziale, in presenza dei presupposti indicati dalla legge che, va ripetuto, sono: l'insolvenza del datore di lavoro e l'accertamento del credito nell'ambito della procedura concorsuale, secondo le regole specifiche di queste;
la formazione di un titolo giudiziale e l'esperimento non satisfattivo dell'esecuzione forzata. 31. Per ottenere la prestazione è necessaria una domanda amministrativa, domanda che può essere presentata solo dopo la verifica dell'esistenza e della misura del credito, in sede di ammissione al passivo fallimentare o della liquidazione coatta amministrativa, ovvero, in caso di datore di lavoro non assoggettato a procedure concorsuali, dopo la formazione di un titolo esecutivo e l'esperimento infruttuoso, in tutto o in parte, dell'esecuzione forzata o, ancora, qualora l'ammissione del credito nello stato passivo sia stata resa impossibile dalla chiusura della procedura per insufficienza dell'attivo intervenuta dopo la proposizione, da parte sua, della domanda di insinuazione, ma prima dell'udienza fissata per l'esame della domanda suddetta, di procedere preventivamente ad esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro tornato in bonis a seguito della chiusura del fallimento ex art. 2, co. 5, d.lgs. n. 80 cit. (v. Cass. n. 1886 del 2020 cit., i precedenti ivi richiamati e numerose successive conformi). 32. Tanto soggiunto quanto agli arresti consolidati nel senso della natura previdenziale della prestazione del Fondo di garanzia e al superamento di datati approdi giurisprudenziali nel diverso senso della natura retributiva della protezione offerta dal Fondo che finiva, pertanto, in coerenza con quelle ricostruzioni, per sostituirsi al datore di lavoro, è di tutta evidenza l'ambito dei crediti retributivi ai quali è accordata la protezione previdenziale. 33. Il richiamato decreto legislativo n. 80,all'art. 2, comma 1,recita: «Il pagamento effettuato dal Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1 è relativo ai crediti di lavoro, diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto, inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che precedono: a) la data del provvedimento che determina l'apertura di una delle procedure indicate nell'art. 1, comma 1;
b) la data di inizio dell'esecuzione forzata;
c) la data del provvedimento di messa in liquidazione o di cessazione dell'esercizio provvisorio ovvero dell'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio di impresa per i lavoratori che abbiano continuato a prestare attività lavorativa, ovvero la data di cessazione del rapporto di lavoro, se questa è intervenuta durante la continuazione dell'attività dell'impresa». 34. La tutela è apprestata, dunque, per i lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, e non di mero inadempimento dell'obbligazione retributiva, assicurando il pagamento delle retribuzioni relative agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro che si collochino nell'ambito della fascia temporale normativamente indicata. 35. Questa Corte ha da tempo posto il principio secondo cui, in caso di insolvenza del datore di lavoro, il lavoratore assicurato che pretenda il pagamento del TFR o delle tre mensilità da parte del Fondo di garanzia ha l'onere di dimostrare che è stata emessa la sentenza dichiarativa del fallimento e che il suo credito è stato ammesso nello stato passivo, ovvero, qualora l'ammissione del credito nello stato passivo sia stata resa impossibile dalla chiusura della procedura per insufficienza dell'attivo intervenuta dopo la proposizione, da parte sua, della domanda di insinuazione, ma prima dell'udienza fissata per l'esame della domanda suddetta, di procedere preventivamente ad esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro tornato in bonis a seguito della chiusura del fallimento, ex art. 2, comma 5, legge n. 297cit. (v. Cass.n. 1886 del 2020 cit. e i precedenti ivi richiamati).36. Peraltro, armonizzando nell'ordinamento nazionale la Direttiva 20/10/1980, n. 80/987/CEE, che prevede la possibilità di condizioni di miglior favore per i lavoratori da parte degli ordinamenti nazionali (art. 9 dir. 80/987 cit.), il governo italiano, nell'esercizio del delegato potere legislativo, ha derogato in melius le disposizioni comunitarie, introducendo il più favorevole spazio temporale annuale per l'ambito d'intervento della protezione previdenziale, in luogo del minor termine di sei mesi previsto dal legislatore comunitario. 37. La fascia temporale protetta, rientrante nell'alveo della protezione previdenziale, è stata quindi delimitata, nell'ordinamento nazionale, valorizzando e tipizzando i momenti dai quali far decorrere a ritroso il predetto periodo annuale, distinguendo, peraltro, fra lavoratori che avessero o meno continuato a prestare attività lavorativa dopo l'apertura della procedura concorsuale (maturando quindi il diritto alla retribuzione): per i lavoratori la cui attività lavorativa sia cessata prima di detta apertura, il Fondo di garanzia eroga la prestazione previdenziale allorquando le ultime tre mensilità di retribuzione non adempiute si collochino nei dodici mesi antecedenti la data della presentazione della domanda diretta all'apertura di una di esse (art. 2, d.lgs. n. 80 cit., lett. a);
per i lavoratori che abbiano continuato a prestare attività lavorativa anche dopo l'ammissione ad una procedura concorsuale per effetto della continuazione dell'attività d'impresa, il Fondo interviene a condizione che le ultime tre mensilità di retribuzione non adempiute si collochino nei dodici mesi anteriori alla data del provvedimento di messa in liquidazione o di cessazione dell'esercizio provvisorio o di revoca dell'autorizzazione alla continuazione all'esercizio di impresa o, qualora la cessazione del rapporto di lavoro sia intervenuta durante la continuazione dell'attività dell'impresa, alla data di licenziamento o di dimissioni del lavoratore (art. 2, d.lgs. n. 80 cit., lett. c;
v., fra le altre, Cass. n. 24889 del 2019). 38. Un cenno a parte merita la fattispecie indicata dal legislatore delegato nella lettera b) del citato articolo 2, comma 1, che pone, per l'accesso alla protezione previdenziale, il discrimine della «data di inizio dell'esecuzione forzata», per cui da detto momento (la data di inizio dell'esecuzione forzata e l'iniziativa così intrapresa dal lavoratore) deve contarsi, a ritroso, il periodo annuale nel cui novero si collocano i crediti del lavoratore, inerenti agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, che trovano tutela nell'ipotesi in cui il datore non sia o non sia stato ancora sottoposto a fallimento. 39. La verifica dell'iniziativa del lavoratore che aspiri alla tutela previdenziale deve dipanarsi lungo la direttrice del fatto costitutivo della prestazione pretesa, modulata sul TFR spettante al lavoratore assicurato o sulle tre mensilità della retribuzione, e consistente non già nella cessazione del rapporto di lavoro (quanto al TFR) o nel mero inadempimento dell'obbligazione retributiva (quanto alle tre mensilità), ma nel verificarsi dei presupposti previsti dall'art. 2 della legge n. 297 del 1982, rispettivamente, da un lato, la verifica del credito del lavoratore mediante l'insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro (art. 2, commi 2 e ss.) e, dall'altro lato, qualora il datore di lavoro non sia soggetto alle disposizioni della legge fallimentare o sia ritornato in bonis, il previo esperimento dell'esecuzione forzata per la realizzazione del credito, da cui risulti l'insufficienza, totale o parziale, delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro stesso (art. 2, comma 5) 40. Con la sentenza 10 luglio 1997 (in causa C-373/95), la Corte di giustizia ha interpretato la direttiva comunitaria n. 80/987 nel senso che il termine da calcolare a ritroso decorre dalla data della domanda diretta all'apertura del procedimento di soddisfacimento collettivo dei creditori, fermo restando che la garanzia non può essere concessa prima della decisione di apertura di tale procedimento o dell'accertamento della chiusura definitiva dell'impresa, in caso di insufficienza dell'attivo (v., fra le altre, Cass., n. 7877 del 2015). 41. La Corte di giustizia ha anche ribadito che l'interpretazione derivante dal chiaro tenore letterale della norma risponde alla logica secondo la quale la copertura previdenziale apprestata dal Fondo resta collocata in un arco temporale relativamente prossimo alla cessazione dell'attività lavorativa (in tal senso dovendosi escludere, come affermato, da ultimo, anche da Cass. n. 32 del 2020 cit., la violazione dei parametri costituzionali costituiti dagli artt. 3 e 38 Cost.). 42. Essa è, del resto, coerente con il dettato della Direttiva 20/10/1980, n. 80/987/CEE il cui art. 3, come sostituito dall'art. 1 della Direttiva 2002/74/CE, successivamente è stato abrogato dall'art. 16 della Direttiva 2008/94/CE, che all'art. 3 contiene comunque una norma analoga, con previsione, all'ultimo comma, del seguente tenore: «I diritti di cui l'organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri». 43. Come rilevato, dunque, dalla richiamata decisione della CGUE del 1997, l'insorgere dell'insolvenza del datore di lavoro non può essere puramente e semplicemente equiparato all'inizio della cessazione del pagamento delle retribuzioni da parte del datore di lavoro, perché verrebbero meno, in tal caso, la finalità sociale della direttiva e la necessità di fissare, con precisione, i periodi di riferimento ai quali la direttiva annette effetti giuridici di protezione affidata agli ordinamenti nazionali, concludendo nel senso che «l'insorgere dell'insolvenza del datore di lavoro» di cui agli artt. 3, n. 2, e 4, n. 2, della direttiva, coincide con «la data della domanda diretta all'apertura del procedimento di soddisfacimento collettivo dei creditori, fermo restando che la garanzia non può essere concessa prima della decisione di apertura di tale procedimento o dell'accertamento della chiusura definitiva dell'impresa, in caso di insufficienza dell'attivo». 44. In tali termini individuato il momento in cui si realizza l'insolvenza del datore di lavoro, la Corte di giustizia ha pur indicato la facoltà degli Stati membri, a norma dell'art. 9 della direttiva, di applicare o di introdurre disposizioni più favorevoli per i lavoratori, in particolare al fine di garantire le retribuzioni non corrisposte nel corso di un periodo successivo alla presentazione della domanda diretta all'apertura del procedimento di soddisfacimento collettivo dei creditori (a tal fine richiamando la coeva decisione nei procedimenti riuniti C-94/95 e C95/95, punti 36-43).45. La soluzione, coerente con la menzionata decisione della Corte di giustizia, e la natura previdenziale del diritto azionato nei confronti del Fondo di garanzia comporta che la protezione previdenziale pretesa dal lavoratore debba necessariamente misurarsi, come qualunque altra prestazione previdenziale, con il fatto costitutivo come normato dall'ordinamento per il sorgere del rapporto previdenziale, con la conseguenza che, nel caso in cui il datore di lavoro sia sottoposto a fallimento, le retribuzioni rimaste inadempiute sono solo quelle antecedenti all'apertura della procedura concorsuale. 46. La protezione previdenziale approntata dall'ordinamento è legata non al mero inadempimento della prestazione retributiva ma, per quanto sin qui detto richiamando significativi passaggi della Corte di giustizia intervenuta a risolvere i dubbi interpretativi relativi all'armonizzazione delle direttive nell'ordinamento, alla condizione di insolvenza del datore di lavoro. 47. In conclusione, l'iniziativa del lavoratore intrapresa, nella specie, nell'ambito della verifica dei crediti disposta nel corso dell'accertamento dello stato passivo fallimentare e, conseguentemente, entro il segmento temporale annuale dall'apertura della procedura concorsuale computato e corrispondente alle ultime tre mensilità dovute per effetto della sentenza di annullamento del licenziamento e prima dell'esercizio della facoltà di opzione, è coperta dalla tutela previdenziale apprestata dall'ordinamento per le ultime tre mensilità della retribuzione. 48. Il ricorsa va, in definitiva, rigettato. 49. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
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