Cass. civ., sez. V trib., sentenza 06/04/2022, n. 11107
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o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 11089/2015 R.G. proposto da F D S R D C, rappresentata e difesa dagli avv. F G e G F R, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 5, presso lo studio dell'avv. R;- ricorrente -contro Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;- controricorrente - avverso la sentenza della Commissicne tributaria regionale della Liguria n. 1126/3/14, depositata il 22 ottobre 2014. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 gennaio 2022 dal Consigliere Enrico_ M,anzon;6iAn.ft/4- udito l'avv. p-rdm G;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M V, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Liguria rigettava l'appello proposto da R D C F D S avverso la sentenza n, 116/4/12 della Commissione tributaria provinciale di Savona che ne aveva parzialmente accolto il ricorso contro l'avviso di accertamento IVA 2009. La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare che era infondata l'eccezione di nullità dell'atto impositivo impugnato per vizio motivazionale e che le pretese erariali erano fondate, non essendo applicabile nel caso di specie il meccanismo dell' "inversione contabile" (c. d. reverse charge). Avverso tale decisione ha propos:o ricorso per cassazione la contribuente deducendo sette motivi, poi illustrati con una memoria. Resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate. RAGIONI DELLA, DECISIONE In via preliminare va dato atto che con la memoria depositata la stessa contribuente ha attestato di non aver completato il piano rateale previsto dall'art. 3, dl 119/2018, sicchè la causa può essere decisa non essendosi perfezionata la definizione agevolata della medesima. Con il primo motivo -ex art. 36C, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per vizio motivazionale. La censura è infondata.Va ribadito che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da "error in procedendo", quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 - 01). La motivazione della sentenza impugnata sicuramente non rientra nei paradigmi invalidanti di cui a tale arresto giurisprudenziale, esprimendo argomentazioni succinte, ma pienamente intellegibili e logicamente correlate all'oggetto del gravame devoluto. Trattasi dunque di un apparato argomentativo ben al di sopra del "minimo costituzionale" (cfr. Cass., Sez. U, 8053/2014). Con il terzo motivo, che va trattato prioritariamente stante la sua pregiudizialità, la ricorrente -ex an. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- si duole della violazione/falsa applicazione dell'art. 56, dPR 633/1972, 2697, cod. civ., poiché la CTR ha rigettato il suo primo motivo di gravame con il quale si reiterava l'eccezione di nullità dell'avviso di accertamento impugnato per vizio motivazionale. La censura è infondata. Va ribadito che «In tema di motivazione "per relationem" degli atti d'imposizione tributaria, l'art. 7, corrima 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'Amministrazione finanziaria ogni cocumento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. (Nella specie, l'avviso di accertamento era stato motivato con -iferimento ad un processo verbale di constatazione, precedentemente consegnato in copia previa sottoscrizione)» (Sez. 5, Sentenza n. 407 del 14/01/2015, Rv. 634243 - 01). Il giudice tributario di appello risulta aver fatto piena e corretta applicazione di tale, consolidato, principio di diritto, appunto affermando che il rinvio al PVC della GdF dava adeguata sostanza argomentativa all'atto impositivo impug lato. Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 17, comma 5, dPR 633/1972, 1, iett. b), legge 7/2000, poiché la CTR ha affermato che nel caso di specie non risulta applicabile il modulo attuativo dell'inversione contable (c.d. reverse charge) così seguendo la tesi dell'agenzia fiscale. La censura è fondata nei termini che seguono. Va anzitutto rilevato che: -l'art. 17, comma 5, dPR 633/:_972, nel testo applicabile temporalmente, dispone «In deroga al primo comma, per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all'articolo 10, numero 11), nonche' per le cessioni di materiale d'oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell'imposta e' tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti e con l'indicazione della norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro di cui agli articoii 23 o 24 entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese;lo stesso documento, ai fini della detrazigne, e' annotato anche nel registro di cui all'articolo 25»;- che l'art. 1, lett. b), legge 7/2000, nel testo applicabile temporalmente, prevede «/. Ai fini c'ella presente legge con il termine "oro" si intende: a) l'oro da investimento, intendendo per tale l'oro in forma di lingotti o placchette di peso accettato dal mercato dell'oro, ma comunque superiore ad 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi, rappresentato o meno da titoli;le monete d'oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine, normalmente vendute a un prezzo che non supera de/l'80 per cento il valore sul mercato libero dell'oro in esse contenuto, incluse nell'elenco predisposto dalla Commissione delle Comunita' europee ed annualmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee, serie C, nonche' le monete aventi le medesime caratteristiche, anche se non ricom prese nel suddetto elenco;con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabilite le mod3iita' di trasmissione alla Commissione delle Comunita' europee delle informazioni in merito alle monete negoziate nello Stato italiano che soddisfano i suddetti criteri;b) il materiale d'oro diverso da quello di cui alla lettera a), ad uso prevalentemente industriale, sia in forma di semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, sia in qualunque altra forma e purezza». Tali disposizioni legislative interne sono conformi ed attuano le correlative previsioni del diritto dell'UE ed in particolare dell'art. 198, paragrafo 2, della direttiva iva il qua e dispone che «Quando una cessione di materiale d'oro o di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi o una cessione di oro da investimento (...) è effettuata da un soggetto passivo (...), gli Stati membri possono designare l'acquirente come debitore dell'imposta»;e dell' art. 199, paragrafo 1, il quale stabilisce che «Gli Stati membri possono stabilire che il debitore dell'imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni: (...) d) cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto ricicla bili, di materiali di scarto parzialmente lavorati, di avanzi e determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi figuranti nell'allegato VI;...». Tale allegato della direttiva IVA a sua volta prevede, tra le altre le «Cessioni di rottami ferrosi e non ferrosi, avanzi e materiali di recupero, comprese le cessioni di semiprodotti ottenuti dalla trasformazione, dalla lavorazione o dalla fusione di metalli ferrosi non ferrosi e di loro leghe». Dunque, tenuto conto del complesso delle norme citate, la questione fondamentale, ai fini dell'applicazione del regime d'inversione contabile, non sta nel fatto che si tratti di un prodotto semilavorato, quanto piuttosto che si tratti di un prodotto d'oro ed il suo "tenore". Pertanto è il livello di purezza dell'oro 1 contenuto nel bene ad essere decisivo per determinare se una cessione di materiale d'oro o di prodotti semilavorati, come sopra intesi, rientri o no nell'ambito di applicazione dell'art. 198, paragrafo 2, della direttiva IVA (cfr. in tal senso Corte giust. in causa C-550/14, cit., punto 42). Di conseguenza ne va interpreta:a la norma data dall' art. 17, comma 5, del d.P.R. n. 633/72, essendo necessario, ma sufficiente, ai fini della sua applicabilità che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo e che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma medesima. Orbene, pacifico che la contribuente gestiva un c.d. compro oro non è l'accertata mancata presenza nella sua azienda di laboratori per la lavorazione dell'oro acquistato che scrimina il regime contabile IVA da impiegare, bensì, appunto, il diverso accertamento del presupposto indicato dalla normativa interna in conformità a quella unionale. Va pertanto ribadito il principio di diritto che «In tema di IVA, /il regime dell'inversione contabile previsto dall'art. 17, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, pone in capo al cessionario, anzicné al cedente„ l'obbligo di assolvere l'imposta, trova fondamento, secondo la disciplina unionale cui quella interna è conformata, nell'esigenza di prevenire il rischio di frodi fiscali, che è tanto maggiore quanto più elevato è il tenore dell'oro che forma oggetto della, fornitura;pertanto, ai fini dell'applicabilità del predetto regime, in luogo di quello diverso del margine concernente il commercio cegli oggetti di occasione, è sufficiente che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo, che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma» (Sez. 5 - , Ordinanza n. 11927 del 06/05/2021, Rv. 661259 - 01). Attenendosi a tale arresto giurisprudenziale, il giudice del rinvio dovrà quindi accertare in fatto la destinazione dei beni in oro acquistati dalla contribuente ed il titclo di purezza degli stessi, ovviamente fatta rigorosa applicazione del principio generale dell'onere della prova. L'accoglimento del secondo motivo è assorbente del quarto, quinto, sesto e settimo motivo (rispettivamente, violazione/falsa applicazione dell'art. 2729, cod. civ., violazione/falsa applicazione dell'art. 112, cod. proc. civ.). In conclusione, accolto il secondo motivo del ricorso, rigettati il primo ed il terzo motivo, assorbiti gli ,31tri, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Liguria per nuovo esame ed anche per le spese del presente giudizio.
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