Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/04/2003, n. 6388

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Costituisce trasferimento d'azienda, ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., il passaggio in tutto o in parte del complesso organizzativo dei beni dell'impresa, accompagnato dal mantenimento della sua identità obiettiva, tra due soggetti, che esercitino entrambi attività economica a fine di lucro, tenendosi conto che quest'ultimo elemento è ravvisabile anche nel caso in cui i due soggetti svolgano una attività volta alla mera redditività, da intendersi come attività di prestazione di servizi contro conseguimento di utili per la costituzione di un patrimonio economico sufficiente allo svolgimento della attività stessa, senza uno scopo di arricchimento personale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/04/2003, n. 6388
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6388
Data del deposito : 19 aprile 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C S - Presidente -
Dott. DELL'

ANNO

Paolino - rel. Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D L V e C A, elettivamente domiciliati in Roma in via degli Scialoia 3 presso lo studio dell'avvocato I P che li rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

contro
la Associazione Provinciale Lavoratori di Campobasso, elettivamente domiciliata in Roma in viale delle Milizie 1 presso lo studio dell'avvocato E G, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso,
- ricorrente incidentale -
nonché contro la Associazione Provinciale Lavoratori di Isernia, non costituitasi;

per l'annullamento della sentenza del Tribunale di Campobasso del 30 luglio 2000, depositata il giorno 31 dello stesso mese, numero 53, r.g. 86/99;

Udita la relazione svolta nell'udienza del 4 dicembre 2002 dal Consigliere Dott. Paolino Dell'Anno;

Udito l'avvocato Domenico Garofalo per delega dall'avvocato Ghera;

Udito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale Dottor Umberto Apice, che ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, assorbito il primo, e per il rigetto del ricorso incidentale;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D L V e C A - premesso che avevano prestato attività lavorativa alle dipendenze della Associazione Provinciale Allevatori di Isernia fino alla data del 14 ottobre 1996 nella quale erano stati licenziati per avere questa cessato la sua attività con il passaggio della attribuzione delle funzioni da essa esercitate alla Associazione Provinciale Allevatori di Campobasso, venendo così a configurarsi una ipotesi di trasferimento di azienda e comunque di operatività di quanto disposto dall'articolo 42 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle organizzazioni degli allevatori, dei consorzi e degli enti zootecnici - convennero in giudizio le due associazioni avanti al pretore di Campobasso, chiedendo che, previa la declaratoria di illegittimità dei licenziamenti, venisse ordinata la loro reintegrazione nel posto di lavoro presso la associazione di Campobasso, La pronuncia del pretore al rigetto delle domande fu gravata da appello, che il tribunale di Campobasso ha respinto con la sentenza indicata in epigrafe, con la quale si è rilevato che nella specie non era ravvisatile il prospettato trasferimento di azienda, e ciò in quanto, a seguito della grave crisi economica che aveva colpito la associazione di Isernia, la Associazione Italiana Allevatori, attributaria del servizio pubblico di tenuta dei libri genealogici dei bovini di razza e dei relativi controlli che venivano svolti sul territorio dalle varie associazioni provinciali, aveva deliberato di concentrare presso quella di Campobasso anche le funzioni di competenza dell'altra, che, pur non estinguendosi, venne a cessare dalla sua attività, senza che però la seconda subentrasse nella titolarità del complesso dei beni della prima, il tutto essendosi licitato alla previsione che la associazione di Campobasso si sarebbe avvalsa temporaneamente degli archivi e delle attrezzature informatiche di quella di Isernia che peraltro ne aveva conservato la proprietà. Il tribunale ha poi osservato che doveva ritenersi inapplicabile il disposto della clausola del contratto collettivo sopra citata, prevedente la conservazione dei diritti del dipendente nei confronti della nuova organizzazione in cui l'ente originario si sia trasformato o per il caso di cessazione di questo con trapasso di funzioni ad altro, costituendo presupposto per la operatività della disposizione la estinzione del soggetto e non la mera cessazione della attività da esso svolta.
Della decisione viene chiesta la cassazione dal D L e dal C con ricorso sostenuto da due motivi, al quale resiste con controricorso la Associazione Provinciale Allevatori di Campobasso che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato, illustrato con memoria. A questo i ricorrenti principali replicano con controricorso. Non si è invece costituita la Associazione Provinciale Allevatori di Isernia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei due ricorsi in applicazione della regola dettata dall'articolo 335 del codice di procedura civile. I ricorrenti principali denunciano, con il primo motivo, la violazione delle regole ermeneutiche in cui sarebbe incorso il giudice del merito nella interpretazione del secondo comma dell'articolo 42 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle organizzazioni degli allevatori, consorzi ed enti zootecnici e conseguenti vizi della motivazione svolta sul punto dallo stesso giudice.
La censura è inammissibile avendo omesso i ricorrenti di assolvere all'onere di riportare nel motivo, in forza del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il testo della clausola une si assume illogicamente interpretata (per tutte, Cass., 5 marzo 2002, n. 3158), clausola il cui letterale contenuto non è trascritto neanche nella motivazione della sentenza impugnata che si limita a una esposizione sommaria di quello che dovrebbe costituirne il significato.
Con il secondo motivo - denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2112 del codice civile e vizi della motivazione su un punto decisivo della controversia - gli stessi ricorrenti deducono che erroneamente il giudice di merito ha escluso che nella specie potesse configurarsi una ipotesi di trasferimento di azienda e ciò sulla base della riduttiva considerazione che la semplice "messa a disposizione", da parte della Associazione Provinciale Allevatori di Isernia a quella di Campobasso, dei propri archivi e attrezzature, necessari perché la seconda potesse esercitare la attività istituzionale di controlli sulla produzione anche nella provincia di Isernia, non poteva configurarsi come trasferimento dei beni aziendali, costituente il presupposto indefettibile per la ravvisabilità dell'istituto di cui all'articolo 2112 del codice civile, essendo restata la prima la esclusiva proprietaria dei beni
in questione.
La censura è fondata.
È noto che esclusivamente con il decreto legislativo 2 febbraio 2001 numero 18, che ha riformulato la disposizione dettata
dall'articolo 2112 del codice civile, si è fornita una definizione normativa del concetto di "trasferimento di azienda", per tale dovendo intendersi "qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di una attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, di fine della produzione o dello scambio di beni e di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato".
Occorre però considerare che la definizione è solo apparentemente nuova, e ciò in quanto la stessa ricalca sostanzialmente quella che si era affermata nella elaborazione giurisprudenziale, secondo la quale la nozione di trasferimento di azienda, risultante dal testo dell'articolo 2112 del codice civile, sostituito al testo originario dall'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990 numero 428 - attuativo della direttiva comunitaria 14 febbraio 1977 numero 77/187 (alla quale il giudice nazionale ha il dovere di confermarsi al fine di interpretare la normativa nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva comunitaria) - implica che essa vada Individuata tenendo conto, altresì, della giurisprudenza della Corte di giustizia europea sull'interpretazione della direttiva stessa, quale enunciata anche nell'ambito di procedure di interpretazione pregiudiziale previste dall'articolo 177 del Trattato Cee. Pertanto, costituisce trasferimento d'azienda il passaggio in tutto o in parte del complesso organizzato dei beni dell'impresa, nella sua identità obiettiva: passaggio che si attua tra soggetti che svolgono un1attività economica a fine di lucro (per tutte, Cass., 4 gennaio 2000, n. 23). Questa Corte aveva inoltre già fissato alcuni importanti principi, affermando, anche qui con giurisprudenza costante, che l'indagine sulla configurabilità del "passaggio" del complesso dei beni deve effettuarsi tenendosi conto delle peculiari circostanze della fattispecie concreta, polendo il trasferimento ravvisarsi, oltre che nei casi espressamente contemplati della vendita, dell'affitto e della concessione in usufrutto dell'azienda (o di parte o settore di essa), anche in tutte le ipotesi in cui, ferma restando la organizzazione del complesso dei beni destinati all'esercizio della impresa e quindi immutato il suo oggetto e la sua attività, vi sia soltanto sostituzione della persona del suo titolare, quale che sia il mezzo tecnico-giuridice attraverso cui una tale sostituzione si attui, e che l'operatività della disciplina dettata dall'articolo 2112, concernente la conservazione e la tutela dei diritti dei lavoratori, presuppone la persi utenza, al tempo del trasferimento stesso, di un rapporto valido ed efficace, per non essere stato esso legittimamente risolto in tempo anteriore al trasferimento medesimo (Cass., 27 gennaio 1909 n. 515;
Cass., 3 giugno 1S98, n. 5466). Ne deriva che, in ipotesi di "trasferimento" conseguente, come nella specie, alla "insolvenza" della impresa ceduta alla quale debba necessariamente subentrare altra perché si renda possibile la continuazione della attività, è pur sempre applicabile la disposizione codicistica che sancisce, imperativamente, la continuità dei rapporti di lavoro in corso con l'azienda ceduta, non ostandovi la circostanza che si sia in presenze) di un trasferimento coattivo, atteso che la fattispecie "trasferimento" prescinde dall'esistenza di un rapporto contrattuale, assumendo esclusive rilievo non il mezzo giuridico in concreto impiegato, ma soltanto il fatto che il nuovo imprenditore diventi titolare del complesso organizzato e funzionale di beni (Cass., 23 giugno 2001, n. 8617). In conclusione, si deve quindi ritenere per acquisito che la disciplina in tema di trasferimento d'azienda opera in tutti i casi in cui esso avvenga tra soggetti che svolgono un'attività organizzata allo scopo della produzione o dello scambio di beni o di servizi contrassegnata da un fine di lucro, inteso questo anche come semplice redditività, e abbia come oggetto il complesso dei beni organizzati a tale fine, ovvero autonome articolazioni della stessa, trovando tale regolamentazione il suo fondamento nell'inerenza del rapporto di lavoro al complesso aziendale, sicché in tutti i casi in cui la struttura organizzativa e l'attitudine all'esercizio della impresa rimangano immutate, nonostante il mutamento del titolare, il rapporto di lavoro non si interrompe (Cass., 3 maggio 2000, n. 5550). Orbene, alla luce di tutte queste considerazioni, non pare contestabile che nella specie, almeno in via di ipotesi, si ebbe vero e proprio trasferimento di azienda, essendosi sostituita alla Associazione Allevatori di Isernia, al fine della prosecuzione della attività da questa svolta e senza soluzione di continuità, la Associazione Allevatori di Campobasso alla quale vennero trasferiti - sia pure attraverso la anomala forma di una "messa a disposizione" - il complesso dei beni aziendali, la cui utilizabilità si rendeva indispensabile per rendere possibile il proseguimento, da parte della seconda, nella prestazione dei servizi che la prima non era più in grado di offrire. Impregiudicato resta peraltro il problema dell'accertamento in concreto della natura di impresa dei due enti, non affrontato dal giudice di merito, questione che dovrà risolvere quello di rinvio - che si designa nella Corte d'appello di L'Aquila - che, per quanto attiene al richiesto requisito della sussistenza di una attività a "fine di lucro", terrà conto che questo è ravvisabile anche nel più limitato concetto sopra accennato di mera redditività, nel senso di svolgimento di attività di prestazione di servizi contro conseguimento di utili per la costituzione di un patrimonio economico sufficiente allo svolgimento della attività stessa e senza uno scopo di arricchimento personale. Le osservazioni per ultimo svolte inducono a concludere per la inammissibilità del primo motivo del ricorso incidentale condizionato, con il quale - denunciandosi violazione e falsa applicazione dell'articolo 2112 del codice civile e vizi della motivazione - viene dedotto che erroneamente il tribunale di Campobasso avrebbe affermato la natura imprenditoriale delle due associazioni. E invero, un tale accertamento per nulla è stato compiuto, essendosi la sua necessità ritenuta assortita nella asserita assenza di un passaggio di beni della azienda dall'una all'altra.
Infondato è poi il secondo motivo con il quale si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 437 del codice di procedura penale in relazione alla ritenuta ammissibilità, da parte
del giudice di appello, della produzione di documenti nel secondo grado del giudizio senza che questi fossero stati indicati nell'atto di impugnazione, risultando la affermazione oggettivamente contraddetta dal contenuto di tale atto, nel quale le due fatture vennero espressamente menzionate.
Al giudice di rinvio si demanda di statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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