Cass. pen., sez. V, sentenza 20/01/2022, n. 02409
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Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MOUL TARIK nato a CASABLANCA( MAROCCO) il 08/02/1974 avverso la sentenza del 25/09/2019 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere BARBARA CALASELICE;Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L O , che ha concluso chiedendo n.U.t.G--( 1C Ce- a( p ì' C2-k. U, .`U r4 - Nditd il difensore (et.,k \Ne 1,-( o Ce, Gut( RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Trieste ha confermato la condanna, emessa dal Tribunale di Gorizia il 19 gennaio 2018, nei confronti di M T, alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato di cui all'art. 624 cod. pen. perché, al fine di trarne profitto, per sé o per altri, all'interno del bar Lucky House di Via Crispi 15, si impossessava di un computer portatile Acer di colore blu, che sottraeva al legittimo detentore Z S, il quale lo aveva riposto dietro il bancone di mescita, con la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. 2.Avverso l'indicata sentenza propone tempestivo ricorso l'imputato, per il tramite del difensore, denunciando due vizi, di seguito riassunti, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione, in relazione all'art. 624 cod. pen., con riferimento al dolo specifico, nonché si chiede, ritenuto sussistente un contrasto interpretativo sulla nozione di "profitto" di cui all'art. 624 cit., la rimessione della questione alle Sezioni unite di questa Corte, ex art. 618 cod. pen. La Corte d'appello ha ritenuto sussistente il dolo specifico richiesto dalla norma, aderendo all'orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale la finalità di profitto implica che questo abbia portata molto più ampia di quella di lucro, ravvisando, nel caso al vaglio, l'elemento soggettivo anche in presenza di una condotta che, in fatto, ha assunto mera finalità ritorsiva, potendo l'azione essere supportata non solo da un desiderio di arricchimento, ma anche dal fine di perseguire un vantaggio personale, di natura non patrimoniale. Si richiama, come orientamento contrario, un precedente di questa sezione Quinta penale (n. 30073 del 2018) che, proprio valorizzando la collocazione del furto nei delitti contro il patrimonio, ha escluso che l'impossessamento della cosa mobile altrui con la finalità di dispetto, ritorsione o vendetta possa integrare il delitto di cui all'art. 624 cod. pen., rilevando il difetto dell'elemento soggettivo del fine di trarre profitto. Si valorizza, inoltre, la previsione normativa che prevede, appunto, il dolo specifico onde delimitare la categoria dei fatti punibili a titolo di furto, individuando un netto confine tra detto delitto e altre figure di reato non caratterizzate dallo scopo di profitto nell'agente. Si sottolinea che la fattispecie di cui al precedente indicato è del tutto assimilabile a quella al vaglio, in cui le ragioni della sottrazione del computer sono risultate assolutamente estranee alla finalità di profitto, inteso in senso economico-patrimoniale. 2.2.Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 62 n.4 cod. pen. e vizio di motivazione. La Corte d'appello ha respinto il motivo di gravame relativo al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62, comma 1, n. 4 cod. pen., considerando, ai fini di valutare l'entità del danno, il momento della sottrazione e reputando irrilevante la circostanza che la persona offesa sia tornata nel possesso della res. Inoltre, la Corte territoriale rileva che, ai fini della speciale tenuità del danno, non deve essere considerato il lucro ricavato dall'agente ma l'entità del danno cagionato non ritenuto, nel caso al vaglio, di speciale tenuità in quanto relativo a personal computer portatile marca Acer. Si sostiene che, invece, la concessione della circostanza attenuante presuppone una valutazione che non si ferma al valore economico del danno. Si deve, invece, tenere conto anche degli ulteriori effetti pregiudizievoli, dunque risultando necessario considerare il valore complessivo del pregiudizio. Nel caso di specie, invece, il lucro sarebbe nullo, perché la finalità era quella di arrecare fastidio alla vittima e non l'impossessamento per poter trarre dalla res un'utilità economica, tanto che la persona offesa è tornata in possesso della cosa pochi minuti dopo la sottrazione. Si contesta, poi, che la valutazione dell'entità del danno debba essere svolta al momento del perfezionamento del delitto senza tenere conto delle ulteriori emergenze di fatto.
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