Cass. pen., sez. II, sentenza 29/04/2021, n. 16413

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 29/04/2021, n. 16413
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16413
Data del deposito : 29 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: • T F nato a Vibo Valentia il 27/11/1968 avverso la ordinanza in data 27/08/2020 del Tribunale di Catanzaro in funzione di giudice del riesame cautelare, visti gli atti, l'ordinanza e il ricorso, trattato con discussione orale su richiesta del difensore, ai sensi dell'art. 23, comma 8 d.l. n.137/2020;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. L A;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. L C, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore, avv. V B del foro di Cosenza, che ha concluso insistendo nell'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 27/08/2020 il Tribunale di Catanzaro, a seguito di giudizio sull'istanza di riesame proposta da T F avverso l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in data 12/08/2020, annullava il provvedimento impugnato con riferimento al capo 3), limitatamente alla contestazione del reato ex art. 513 bis cod. pen., e confermava la custodia cautela in carcere in relazione alle residue imputazioni per i reati di cui agli artt. 416 bis e 629 - 416 bis1 cod. pen.

2. In base alla prospettazione accusatoria, condivisa dai giudici del merito cautelare, l'indagato, professionista attivo nel settore dei lavori edili ed impegnato nella vita politica locale, aveva collaborato con la cosca di ‘ndrangheta A - Fruci nel mantenimento del controllo del settore edilizio, anche concorrendo ad esercitare pressioni su imprenditori in occasione di specifiche vicende estorsive nonché contribuendo a formare la strategia del sodalizio in ambito politico sì da promuovere in un caso il sostegno della cosca, alle elezioni politiche nazionali del 2018, a M Giuseppe, poi eletto al Senato della Repubblica. Ha proposto ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza di riesame il difensore del T articolando cinque motivi di ricorso.

3. Con il primo motivo ha eccepito la violazione di legge (art. 629 cpv. - art. 628, comma 3, n. 1 e n. 3 cod. pen. - artt. 273, 274, 192 cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione, ritenuta carente, manifestamente illogica e contraddittoria, in merito alla configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento alla asserita condotta di estorsione in danno di Rda Vincenzo, consistita nell'aver imposto a costui, committente di opere da realizzare su terreni di sua proprietà, imprese controllate da A R, avvalendosi della qualità di direttore dei lavori appaltati. Non aveva considerato il tribunale, condividendo acriticamente le valutazioni del gip, che il Rda aveva avuto rapporti con il boss Mancuso Luigi, accordandosi per assegnare i lavori ad imprese legate dapprima a quest'ultimo ed in seguito all'A sì che quando il T aveva iniziato a prestare la sua attività lavorativa per il committente, nel dicembre 2017, le dinamiche criminali erano state già definite. Inoltre, erano stati fraintesi: il tenore di una frase captata nel corso di una conversazione dell'11/01/2018 fra il T e l'A a supporto della tesi della pressione estorsiva;
la vicenda, di natura squisitamente tecnica, del "riempimento" di una parte dell'area da edificare, che sarebbe stata definita a vantaggio degli interessi dell'A e non già per ridurre i costi del committente;
i rapporti costanti mantenuti con A R, del tutto fisiologici fra direttore del lavori e referente dell'impresa appaltatrice, solo formalmente intestata al figlio di costui.

4. Con il secondo motivo ha eccepito il vizio di motivazione per l'omesso esame delle argomentazioni difensive, in violazione del principio di autonoma valutazione del giudice, con riferimento ad "una memoria depositata al termine dell'udienza di riesame e dunque disponibile in atti" ed alla mancata considerazioni di "svariate captazioni" dalle quali si evinceva non solo che il T non aveva mai imposto le imprese appaltatrici al Rda ma che, al contrario, aveva chiesto sempre il consenso del committente sui singoli lavori da eseguire, rimanendo all'oscuro delle intese con A R.

5. Con il terzo motivo ha eccepito la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine all'aggravante ex art. 416 bis comma 1 cod. pen. (commissione del fatto da parte di soggetto appartenente all'associazione di tipo 'ndranghetistico), con l'ulteriore aggravante del metodo mafioso - configurato con modalità silenti - e del fine di agevolare l'attività dell'associazione: nessuna modalità di azione era stata evidenziata, a fronte di accordi criminali e scelte d'impresa alle quali il T era risultato estraneo.

6. Con il quarto motivo ha eccepito la violazione di legge (artt. 273, 274, 192 cod. proc. pen.) ed il vizio di motivazione circa la gravità indiziaria per il delitto di cui all'art. 416 bis cod. pen.;
le captazioni telefoniche ed ambientali non avevano evidenza criminale specie in relazione alla asserita interferenza, per conto della cosca, nell'elezione del M. In ogni caso, non vi erano elementi da cui desumere una formale affiliazione al clan o un inserimento organico nella cosca, la messa a disposizione dell'associazione, la consapevole adesione al programma criminale. Al contrario, dagli atti d'indagine emergevano isolati rapporti tra il T e l'A, riconducibili a rapporti di lavoro;
l'indifferenza dell'A alla politica ed all'elezione del M;
il rapporto personale e politico con quest'ultimo, alla base del procacciamento di voti.
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