Cass. pen., sez. III, sentenza 23/03/2020, n. 10440
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da F P, nato a Marsala il 9/6/1982 in proprio e quale legale rappresentante della S.r.l. Sicilfert, con sede in Marsala, Contrada Maimone, S.S. 188, km 12,800 avverso l'ordinanza del 22/2/2019 del Tribunale di Trapani visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;udita la relazione svolta dal Consigliere G L;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale E P, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;udito per il ricorrente l'avv. D T, anche in sostituzione dell'avv. S P, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 22 febbraio 2019 il Tribunale di Trapani ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame presentata dalla S.r.l. Sicilfert e ha respinto quella di P F, entrambe relative al decreto di sequestro preventivo del 11 gennaio 2019 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala, relativo a un impianto per il recupero di rifiuto mediante compostaggio, sito in Marsala e utilizzato dalla S.r.l. Sicilfert, disposto a fini impeditivi in relazione ai reati di cui agli artt. 256, comma 1, lett. a), e comma 2, d.lgs. 152/2006 (per lo svolgimento di una attività di raccolta, recupero e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi in assenza di valida autorizzazione ambientale ai sensi dell'art. 208 d.lgs. 152/2006, stante la totale difformità dell'attività svolta rispetto alla autorizzazione in forma semplificata ex art. 216 d.lgs. 152/2006, e per la realizzazione di un deposito incontrollato sul suolo di rifiuti pericolosi;capo A);452 bis cod. pen. (con riferimento alla compromissione o deterioramento significativi e misurabili del suolo, del sottosuolo e della falda acquifera cagionati dall'illecita attività di gestione dei rifiuti;capo B);674 cod. pen. (con riferimento alle emissioni di gas e di vapori nauseabondi atti a molestare le persone provocate dalla attività illecita di gestione di rifiuti;capo C);nonché con riferimento all'illecito amministrativo di cui all'art. 25 undecies, comma 1, lett. b), e comma 2, lett. b), n. 1, d.lgs. 231/2001, contestato alla Sicilfert S.r.l. in relazione al delitto di inquinamento ambientale e al reato di gestione di rifiuti non autorizzata, in quanto commessi nel suo interesse e a suo vantaggio, dall'amministratore unico e dal direttore tecnico della società (capo D). 2. Avverso tale ordinanza P F, in proprio e quale amministratore della S.r.l. Sicilfert, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. 2.1. In primo luogo, ha lamentato la violazione dell'art. 256, comma 4, d.lgs. 152/2006, in relazione agli artt. 214 e 216 del medesimo T.U. Ambiente, per l'erroneità della affermazione della sussistenza del reato di violazione delle prescrizioni dell'autorizzazione e per la mancata considerazione dello stato di emergenza ambientale esistente nella Regione Sicilia, rilevante ai sensi dell'art.51 cod. pen. L'affermazione della inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione, fondata sulla violazione dei limiti quantitativi dei rifiuti che possono essere trattati presso l'impianto della Sicilfert, sulla accettazione presso tale impianto dal 2015 al 2018 di rifiuti non rientranti nelle tipologie autorizzate (in particolare di rifiuti contraddistinti con i codice CER 19.08.05, 19.08.12, 19.08.14), nonché sulla gestione dei rifiuti difforme da quanto previsto nella relazione tecnica e nella planimetria allegate alla comunicazione di inizio attività della società, doveva, infatti, ritenersi errata. Il Tribunale non aveva, anzitutto, adeguatamente valutato la relazione dei consulenti tecnici di parte e gli atti alla stessa allegati, dai quali risultava che il limite quantitativo di 55.000 tonnellate di rifiuti per anno indicato nella autorizzazione era riferito distintamente alle operazioni di messa in riserva (R13) e di recupero (R3), in quanto l'autorizzazione aveva un contenuto duplice, perché ognuna di tali operazioni consiste in una attività autonoma, per la quale è prevista autonoma abilitazione;la Sicilfert era stata autorizzata a svolgere tanto l'attività di messa in riserva per un quantitativo di rifiuti non superiore a 55.000 tonnellate per anno, quanto l'attività di recupero per un identico quantitativo di rifiuti, perché la messa in riserva è funzionale al recupero e la quantità di rifiuti stoccabili varia in funzione dei rifiuti recuperabili, che si determina in tempi diversi per accrescimento secondo la capacità di trattare i rifiuti, i quali progressivamente transitano dalla fase della messa in riserva alla fase di recupero nei limiti di 55.000 tonnellate per anno, secondo le capacità dell'impianto di trasformazione in compost, cosicché doveva ritenersi che la Sicilfert poteva lecitamente ricevere rifiuti e metterli in riserva fino a 55.000 tonnellate all'anno e contemporaneamente o successivamente, secondo le esigenze produttive, poteva ricevere il medesimo quantitativo di 55.000 tonnellate di rifiuti da trattare per poi avviarli entro un anno all'operazione di recupero. Anche il rilievo della violazione delle prescrizioni dell'autorizzazione a causa della accettazione e del trattamento di rifiuti di categorie diverse, in quanto contraddistinti con i codici CER 19.08.12 e 19.08.14, non contemplati dalla autorizzazione, che contemplava solo quelli con il codice 19.08.05, sarebbe errato, in quanto la Sicilfert era stata autorizzata fino all'anno 2010 a trattare i rifiuti rientranti nella macro-categoria contraddistinta con il codice 16.1. dal D.M. 5/2/1988, nella quale sono compresi i rifiuti identificati con i codici 19.08.05, 19.08.12 e 19.08.14, per i quali era stato chiesto il rinnovo della autorizzazione. L'accumulo di rifiuti presso l'impianto di trattamento della Sicilfert in quantità e misure superiori a quelle indicate nella autorizzazione sarebbe, poi, dovuto allo stato di emergenza proclamato dal Presidente della Regione Sicilia con l'ordinanza n. 513 del 8/3/2018, con la quale l'impianto della Sicilfert era stato individuato come uno di quelli idonei e necessari a fronteggiare tale emergenza, con la conseguente configurabilità della scriminante di cui all'art. 51 cod. pen., per avere la società agito in adempimento del dovere impostole con tale provvedimento amministrativo e con quelli successivi, attuativi e specificativi dello stesso, che non avevano individuato una discarica nella quale conferire il sovvallo derivante dal trattamento dei rifiuti.2.2. In secondo luogo, ha lamentato l'errata applicazione degli artt. 35, 39 e 57 del d.lgs. 231/2001, con riferimento alla dichiarazione di inammissibilità della richiesta di riesame avanzata dal difensore di fiducia nominato dall'amministratore anteriormente alla costituzione dell'ente nel procedimento penale, e anche dell'art. 25 undecies, comma 1, lett. b), e comma 2, lett. b), d.lgs. 231/2001, in relazione alla ritenuta responsabilità amministrativa da reato dell'ente nonostante l'esclusione del fumus per i reati presupposto di cui all'art. 256, commi 1, 2 et 3, d.lgs. 152/2006 e 452 bis cod. pen. E' stata censurata, in particolare, l'affermazione del Tribunale in ordine alla inammissibilità della nomina del difensore di fiducia dell'ente da parte dell'amministratore in quanto sottoposto a indagini, perché tale interpretazione contrasterebbe con la previsione dell'art. 57 d.lgs. 23172001 e non si erano verificate le condizioni richieste dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare con la sentenza n. 33041 delle Sezioni Unite, per escludere la validità di tale nomina (costituite dalla assenza di un precedente atto di costituzione e dalla mancata comunicazione dell'informazione di garanzia). 2.3. Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione dell'art. 321, comma 1, cod. proc. pen., e la mancanza assoluta di motivazione, con riferimento alla affermazione della sussistenza delle esigenze cautelari idonee a confermare il mantenimento del sequestro preventivo di tutto l'impianto di trattamento dei rifiuti, nonostante l'esclusione del fumus dei reati di gestione non autorizzata di rifiuti (di cui al capo A), di inquinamento ambientale (capo B) e di getto pericoloso di cose (capo C), essendo, tra l'altro, stata avviata la procedura di bonifica di cui all'art. 242 d.lgs. 152/2006 ed esclusa la contaminazione del suolo e del sottosuolo, sia dell'impianto, sia delle aree nelle quali era stato impiegato il fertilizzante (compost) prodotto dalla Sicilfert. 2.4. Con un quarto motivo ha lamentato la violazione dell'art. 335 cod. proc. pen., a causa della illegittimità della reiscrizione della notizia di reato per il medesimo fatto, nonché dell'art. 407, comma 3, cod. proc. pen., a causa della mancata dichiarazione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei relativi termini. Ha evidenziato che l'attività di indagine era già iniziata nel 2013, nell'ambito del procedimento penale n. 674/2013 mod. 44, ed era proseguita nel 2018, nell'ambito del procedimento penale n. 1832/2018 mod. 21, tanto che nella richiesta di misura cautelare il pubblico ministero aveva fatto riferimento alle indagini condotte da personale dell'ARPA, unitamente alla Guardia di Finanza, il 16/12/2013 e il 14/1/2014, con la conseguente illegittimità della nuova iscrizione di notizia di reato avvenuta nel 2018, relativa agli stessi fatti in presenza della medesima cornice d'accusa, e la inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente al dicembre 2013. 2.5. Con un quinto motivo ha lamentato la violazione degli artt. 23 Cost., 125 e 321 cod. proc. pen., a causa della indicazione, nel decreto di sequestro preventivo, dell'onere per l'amministratore giudiziale di adempiere alla procedura di prevenzione di cui all'art. 242 d.lgs. 152/2006, in quanto la rimessione in pristino non avrebbe potuto essere imposta dal giudice nel corso delle indagini, trattandosi di una sanzione penale atipica che può irrogata solo con la sentenza di condanna, come si ricava dall'art. 452 duodecies cod. pen., non essendo, tra l'altro, stati accertati né l'inquinamento, né il suo eventuale responsabile.
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