Cass. civ., SS.UU., ordinanza 24/06/2022, n. 20459

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 24/06/2022, n. 20459
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20459
Data del deposito : 24 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente O R D I N A N Z A sul ricorso iscritto al NRG8130 del 202 1 promosso da : S A, rappresentato e difeso da ll’ Avvocato A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilio de’ Cavalieri, n. 11;
- ricorrent e -

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTE- RO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, con domicilio presso l’Ufficio in Roma, via Baiamonti, n. 25;
- controricorrente – R.G. 8130/2021 C.C. 21/6/2022 Corte dei conti -2 - e nei confronti di UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio presso gli Uffici di questa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- controricorrente – perla cassazione della sentenza del la Corte dei conti, Seconda Sezio- ne giurisdizionale centrale d’appello,n. 305 /2020 , pubblicata il 18 di- cembre2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 giugno 2022dal Consigliere A G ;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Pro- curatore Generale Aggiunto L S, che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. – La Sezione giurisdizionale per l’Emilia - Romagna della Corte dei conti, con sentenza in data 28 febbraio 2019 , ha condannato il prof. A S al pagamento, in favore dell’ Università degli Studi di Parma, della somma di euro 1.459.263,03, oltre accessori, per avere trattenuto indebitamente i compensi percepiti per lo svol- gimento di attività incompatibili con la docenza universitaria o, co- munque, attività non comunicate e non autorizzate dall’Università, in violazione dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001. La Procura territoriale aveva contestato al prof. S, nella sua qualità di ordinario di economia applicata presso l’Università di Parma dal 2004e, in precedenza, di associato nello stesso Ateneo , lo svolgimento di diverse attività libero professionali in violazione della normativa che disciplina il regime di incompatibilità e di autorizzazio- -3 - ne per i professori universitari a tempo pieno(art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001;
art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980;
disposizio- ni regolamentari in vigore ratione temporispresso l’Ateneo di Parma ). 2. – La Corte dei conti, Sezione Seconda giurisdizionale centrale d’appello, con sentenza resa pubblica mediante deposito in segreteria il 18 dicembre 2020, ha respinto l’appello proposto dal p rof. Schian- chi. 2.1. – La Corte dei conti ha inn anzitutto affermato di avere giuri- sdizione nella materia oggetto di controversia, escludendo che a ciò sia di ostacolo il fatto che il comma 7-bis dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotto dalla legge n. 190 del 2012, che tale giurisdizio- ne contempla, sia sopravvenuto ai fatti di causa. Il giudice contabile d'appello ha rilevato che l'azione promossa nei confronti di soggetto legato per rapporto di impiego con la P.A. trova giustificazione nella violazione del dovere di chiedere l'autorizzazione allo svolgimento degli incarichi extralavorativi e del conseguente ob- bligo di riversare all'amministrazione i compensi ricevuti. La Corte dei conti ha poi rigettato l’eccezione di intervenuta pre- scrizione del diritto al risarcimento del danno. 3. –Per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Secon- da Sezione g iurisdizionale centrale d’appello, il p rof. S ha proposto ricorso, con atto notificato il 25 marzo 2021, sulla base di due motivi. Ha resistito, con controricorso, il Procuratore Generalerappresen- tante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, concludendo per il rigettodel ricorso. Anche l’Università degli Studi di Parma ha depositato controricor- so, chiedendo che il ricorso venga respinto in quanto inammissibile e comunque infondato. 4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ. -4 - Il Pubblico Ministero presso la Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto delricorso. In prossimità della camera di consiglio il ricorrente ha presentato una memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo di ricorso è rubricato “illegittimità della sen- tenza impugnata, in relazione all’art. 111, ottavo comma, Cost. e all’art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., per difetto di giurisdi- zione della Corte dei conti in ordine alla fattispecie considerata, trat- tandosi di fatti anteriori all’entrata in vigore della legge n. 190 del 2012 (art. 1, comma 42) che ha introdotto il comma 7-bis all’art. 53 d.lgs. n. 165 del 2001, e in ogni caso in quanto la materia non rientra nella competenza del giudice contabile”. Il ricorrente sottolineala portata innovativa della legge n. 190 del 2012 nella parte in cui (art. 1, comma 42) ha inserito il comma 7-bis all’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, contenente la previsione secon- do cui l’omissione del versamento del compenso da parte del dipen- dentepubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti, con la conse- guente inapplicabilità della norma ai fatti anteriorialla sua entrata in vigore. Osserva il ricorrente che, poiché gli incarichi non autorizzati con- testati al prof. S sono tutti ampiamente risalenti ad un perio- do anteriore alla data di entrata in vigore della novella legislativa, do- vrebbero valere le ordinarie regole di riparto della giurisdizione, con la sottoposizione di questa controversi a legat a alla ripetizione di quanto indebitamente percepito alla giurisdizione del giudice del rap- porto di lavoro. Ad avviso del ricorrente, la giurisdizione contabile potrebbe pro- spettarsi solo quando alla contestazione del mancato riversamento delle somme nel bilancio dell’ente di appartenenza si accompagnino -5 - profili specifici e ulteriori di danno (danno all’immagine, danno da sot- trazione di energie lavorative), che però devono essere diversi dal semplice svolgimento di attività non autorizzata e dal mancato river- samento dei compensi, e devono essere puntualmente contestati al convenuto. Secondo il ricorrente, avrebbe errato la Corte dei conti a rivendi- care una competenza giurisdizionale non sussistente, in primo luogo per l’anteriorità dei fatti contestati rispetto alla novella legislativa del 2012, che non sarebbe una norma meramente confermativa di un pretesoprecedente indirizzo;
in secondo luogo (e premessa, e incon- troversa, la anteriorità dei fatti contestati rispetto al 2012) per l’assenza nel caso in esame di profili di danno all’immagine dell’Ateneo o di danno da disservizio, mai contestati al prof. S nel corso del procedimento. Ad avviso del ricorrente, difetterebbe la giurisdizione della Corte dei conti anche per un'altra ragione, per il fatto cioè che la legittima- zione del procuratore contabile sarebbe destinata a sorgere soltanto di fronte all’inerzia dell'amministrazione . N el caso di specie , l'azione del pubblico ministero contabile dinanzi alla Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti è stata promossa dopo che l'ammini- strazione aveva avviato il procedimento di recupero dei compensi percepiti dal prof. S chianchi , e su tale azione pende ancora il giudizio amministrativo (attualmente dinanzi al Consiglio di Stato, per l'impu- gnazione della sentenza del TAR per l’Emilia - Romagna, sezione di Parma,n. 205 del 2019 ). L’A mministrazione – si sottolinea – ha chie- sto al prof. S chianchi la restituzione dei compensi con nota del 26 settembre 2013 che è stata impugnata davanti al giudice amministra- tivo con ricorso depositato il 10 ottobre 2013;
invece l'azione della Procura contabile è stata avviata con l'invito a dedurre e con l'atto di citazione, rispettivamente del 15 marzo 2018 e del 7 agosto 2018. 1.1. –Il motivo è infondato. -6 - 1.2. –Sotto la rubrica “Incompatibilità, cumulo di impieghi e inca- richi”, l’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, prevede, al comma 7, che «I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche poten- ziali, di conflitto di interessi. … In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità discipli- nare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte de- ve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenen- za del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.» La disposizione del comma 7 è completata dal comma 7-bis, ag- giunto dalla legge n. 190 del 2012. Secondo quest’ultima norma, «L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costi- tuisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione del- la Corte dei conti.» Questa Corte regolatrice, con orientamento consolidato, ha statui- to che l’azione promossa dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti del dipendente della P.A. che abbia omesso di ver- sare alla propria amministrazione i corrispettivi percepiti nello svolgi- mento di un incarico non autorizzato, è devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti. Tale regola di individuazione del giudice munito di giurisdizione vale anche se la percezione dei compensi si sia avuta in epoca precedente alla introduzione del comma 7-bis, essendo que- sta una norma ricognitiva del pregresso indirizzo giurisprudenziale fa- vorevole alla giurisdizione contabile. Si verte, infatti, in ipotesi di re- sponsabilità erariale, che il legislatore ha tipizzato non solo nella con- dotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predetermi- -7 - nazione legale del danno, attraverso la quale si è inteso tutelare la compatibilità dell’incarico extraistituzionale in termini di conflitto di interesse e il proficuo svolgimento di quello principale in termini di adeguata destinazione di energie lavorative verso il rapporto pubblico (tra le molte, Cass., Sez. Un., 26 giugno 2019, n. 17124;
Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2020, n. 415;
Cass., Sez. Un., 9 marzo 2021, n. 6473;
Cass., Sez. Un., 26 marzo 2021, n. 8570;
Cass., Sez. Un., 5 novembre 2021, n. 32199;
Cass., Sez. Un., 23 novembre 2021, n. 36205). 1.3. – L’azione del Pubblico Ministero contabile trova dunque giu- stificazione nella violazione del dovere di chiedere l’autorizzazione allo svolgimento degli incarichi extralavorativi e del conseguente (raffor- zativo) obbligo di riversare all’amministrazione i compensi per essi ri- cevuti, costituendo, queste , prescrizioni chiaramente strumentali al corretto esercizio delle mansioni, in quanto preordinate a garantirne il proficuo svolgimento attraverso il previo controllo dell’amministrazione sulla possibilità, per il dipendente, di impegnarsi in un’ulteriore attività senza pregiudizio dei compiti di istituto. E poiché la previsione della giurisdizione contabile, ai sensi del ri- chiamato art. 53, comma 7-bis, non ha portata innovativa, ma si po- ne in rapporto di continuità regolativa con l’orientamento giurispru- denziale, già delineatosi, favorevole alla giurisdizione del giudice spe- ciale (Cass., Sez. Un., 22 dicembre 2015 , n. 25769, che richiama Cass., Sez. Un., 2 novembre 2011, n. 22688),c orrettamente la sen- tenza impugnata ha ritenuto la domanda del Procuratore regionale at- tratta alla giurisdizione della Corte dei conti anche se i compensi sono stati percepiti dal prof. S in relazione ad incarichi svolti ante- riormente all’entrata in vigore della norma (art. 1, comma 42, della legge n. 190 del 2012) che detto comma 7-bis ha introdotto (Cass., Sez. Un., 22 dicembre 2021, n. 41169;
Cass., Sez. Un., 30 maggio 2022, n. 17423). -8 - Né era necessario, perché la controversia ricadesse nella giurisdi- zione della Corte dei conti, che alla contestazione del mancato river- samento delle somme nel bilancio dell’ente di appartenenza si ac- compagnasse quella di profili specifici e ulteriori di danno (danno all’immagine, danno da sottrazione di energie lavorative), diversi dal semplice svolgimento di attività non autorizzata e dal mancato river- samento dei compensi. 1.4. – In ordine, poi, al prospettato difetto di giurisdizione del giudice contabile per avere l’Amministrazione universitaria già avviato il procedimento per il recupero delle somme, è dirimente, per respin- gere in liminela doglianza, il rilievo che nella specie non si è affatto di fronte ad una duplicità di azioni dirette a far valere, dinanzi a giudici diversi, la responsabilità del dipendente pubblico secondo la fattispe- cie tipizzata. Difatti, nessuna azione èstata proposta dall’Università per la con- danna del prof. S chianchi . Nessuna domanda giudiziale per la con- danna del docente all’adempimento dell'obbligo di ri versamento dei compensi percepitiper effetto degli incarichi extraistituzionali non au- torizzati dallo stesso espletati è stata proposta , dinanzi al TAR, dall’Università, la quale si è limitata a formulare me re richiest e stra- giudiziali di pagamento e a comunicare l’intendimento di dar corso al procedimento inteso al relativo recupero. Ilprocedimento innanzi al TAR per l'Emilia - Romagna è stato pro- posto dal prof. S per impugnare il diniego dell'istanza di auto- rizzazione “ora per allora” nonch é le not e di comunicazione di avvio del procedimento di recupero. Non è quindi prospettabile alcun ipotetico bis in idem , ossia la formazione del duplice titolo esecutivo giudiziale in favore dell’Amministrazione.Non si è di fronte ad una duplicità di azioni atti- vate contestualmente che, seppure con la specificità propria di cia- scuna di esse, siano volte a conseguire, dinanzi al giudice munito di -9 - giurisdizione, lo stesso identico petitum in danno del medesimo sog- getto obbligato in base ad un’unica fonte legale (Cass., Sez. Un., 26 giugno 2019, n. 17124, cit.;
Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2020, n. 415, cit.;
Cass., Sez. Un., 8 luglio 2020, n. 14327). 2. –Il secondo motivo è rubricato “ i llegittimità della sentenza im- pugnata in relazione all’art. 111, settimo e ottavo comm a , Cost. e all’art. 360, primo comma, n. 1, cod. p roc . c iv . – motivi di giurisdizio- ne riferiti all’esercizio in concreto del potere giurisdizionale –violazio- ne di legge e violazione dei principi di riferimento della giurisdizione contabile in materia di responsabilità amministrativa, nella parte in cui la sentenza impugnata di fatto altererebberadicalmente la disci- plina legislativa sulla prescrizione della responsabilità per danno era- riale,pretendendo di condannare il ricorrente per fatti accaduti fino a 17 anni prima dell’atto di messa in mora invito a dedurre –violazione dei principi costituzionali, europei e convenzionale in tema di prescri- zione, ragionevole durata del processo, giusto processo (artt. 11 Cost., 6 Convenzione EDU, 47 Carta dei diritti fondamentali UE)”. Se- condo il ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente e falsamente applicato la disciplina sulla prescrizione della responsabili- tà erariale (art. 1, comma2, della legge n. 20 del 1994), con una vio- lazione talmente radicale da stravolgere praticamente la scelta legi- slativa e producendo un’inaccettabile inversione del principio di sog- gezione del giudice alla legge, in quanto il prof. S sarebbe stato condannato anche per fatti risalenti ad un periodo tra i 12 e 17 anni prima rispetto all’atto di messa in mora. Tale violazione oltrepas- serebbe la linea dell’error in iudicando e si porrebbe alla stregua di una indebita estensione dei limiti e dei presupposti per l’esercizio in concreto della giurisdizione.Il radicale stravolgimento e svuotamento delle norme di riferimento sarebbe tale da ridondare in denegata giu- stizia, o più precisamente nell’esercizio di un potere giurisdizionale palesemente anomalo rispetto al contesto di riferimento. -10 - 2.1. –Il motivo è inammissibile. 2.2. – Il ricorso per ca ssazione contro le decisioni della Corte dei conti può essere proposto soltanto per motivi inerenti alla giurisdizio- ne (artt. 111, ottavo comma, Cost., 362 cod. proc. civ. e 207 del co- dice di giustizia contabile, approvato con il d.lgs. n. 174 del 2016) (Cass., Sez. Un., 19 marzo 2020, n. 7457;
Cass., Sez. Un., 3 agosto 2021, n. 22140). Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare (Cass., Sez. Un., 13 maggio 2020, n. 8848;
Cass., Sez. Un., 19 aprile 2021, n. 10245;
Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2021, n. 30112), l’eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assolu- to di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla di- screzionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdi- zione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero ne- gandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici) (Cass., Sez. Un., 4 febbraio 2021, n. 2605). E’ naturale che qualsiasi erronea interpretazione o applicazione di norme ovvero qualsiasi vizio di attività processuale in cui il giudice possa incorrere nell’esercizio della funzione giurisdizionale, ove incida sull’esito della decisione, può essere letta in chiave di lesione della pienezza della tutela giurisdizionale cui ciascuna parte legittimamente aspira, perché la tutela si realizza compiutamente se il giudice inter- preta ed applica in modo corretto le norme destinate a regolare il ca- so sottoposto al suo esame e se esamina e valuta tutti i punti essen- ziali della controversia. -11 - Non per questo, però, ogni errore di giudizio o di attività proces- suale imputabile al giudice è qualificabile come eccesso di potere giu- risdizionale assoggettabile al sindacato della Corte di cassazione, qua- le risulta delineato dall’art. 111, ottavo comma, Cost. e dagli artt.362 cod. proc. civ. e 207 del codice di giustiziacontabile. Ne risulte- rebbe altrimenti del tutto obliterata la distinzione tra limiti interni ed esterni della giurisdizione e il sindacato di questa Corte sulle sentenze del giudice speciale verrebbe di fatto ad avere una latitudine non dis- simile da quella che ha sui provvedimenti del giudice ordinario: ciò che la norma costituzionale e le disposizioni processuali dianzi richia- mate non sembrano invece consentire (Cass., Sez. Un., 14 settembre 2020, n. 19085). Nella misura in cui riconduce ipotesi di errores in iudicando o in procedendoai motivi inerenti alla giurisdizione, la tesi del concetto di giurisdizione in senso dinamico – ha sottolineato la Corte costituzio- nale nella sentenza n. 6 del 2018 – comporta una più o meno com- pleta assimilazione dei due tipi di ricorso, ai sensi del settimo e dell’ottavo comma dell’art. 111 Cost., e si pone in contrasto con tale disposizione costituzionale e con l’assetto pluralistico delle giurisdizio- ni stabilito dalla Carta fondamentale che, appunto per questo, ha sot- tratto le sentenze (del Consiglio di Stato e) della Corte dei conti al controllo nomofilattico della Corte di cassazione, stabilendo una riser- va di nomofilachia in favore dei rispettivi organi di vertice delle due giurisdizioni speciali. 2.3. –Poste tali premesse, non è sindacabile in questa sede il vi- zio riferito all’esercizioin concreto del potere giurisdizionale, prospet- tato sul rilievo che la sentenza impugnata avrebbe completamente stravolto la disciplina legislativa della prescrizione in tema di respon- sabilità erariale, giungendo – si sostiene – ad un esito che pratica- mente aggira la legge e la sottopone ad una interpretazione che so- stanzialmente disattiva radicalmente la scelta del legislatore di preve- -12 - dere un termine di prescrizione di cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta. 2.4. –Occorre osservare che riguardo all'eccezione di prescrizione formulata in primo grado dal convenuto, questa è stata parzialmente accolta dalla Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia - Romagna . Essa ha determinato il dies a quo di decorrenza del termine prescri- zionale tenendo conto che il docente ha consegnato alla Guardia di fi- nanza la documentazione attinente agli incarichi svolti negli anni dal 2007 al 2012 in data 29 agosto2012 e quella attinente agli anni an- tecedenti al 2007 in data 29 ottobre 2012 e che dunque da tali date il fatto dannoso si è manifestato all'esterno ed è iniziata la decorrenza del termine prescrizionale. Il primo giudice ha quindi evidenziato che il termine è stato interrotto per gli incarichi e gli importi specificati nell'allegato alla nota del rettore dell'Università di Parma del 26 set- tembre 2013, atti con cui la suddetta Università ha avviato il recupero delle somme indebitamente percepite dal convenuto. La sentenza di primo grado ha dichiarato la prescrizione con ri ferimento a quelle somme, richieste dalla P rocura con la citazione , che non erano stat e oggetto della messa in mora da parte dell'Amministrazione, atteso che il primo atto interruttivo della prescrizione posto in essere auto- nomamente dalla Procura è l'invito a dedurre notificato il 15 m arzo 2018,già decorso il termine prescrizionale quinquennale . La Seconda Sezione giurisdizionale centrale d'appello della Corte dei conti,con la sentenza qui impugnata , ha confermato la pronuncia di primo grado, confermando l'applicazione della regola della decor- renza della prescrizione da quando il fatto dannoso è divenuto cono- scibile secondo ordinari criteri di diligenza - la cosiddetta conoscibilità obiettiva – ritenendo non necessario nel caso indagare sull'eventuale configurabilità di un comportamento o di un atteggiamento omissivo qualificabile come occultamento doloso. -13 - Secondo la sentenza impugnata,in base alla previsione contenuta nell'articolo 2935 cod.civ., il termine di prescrizione del diritto al ri- sarcimento del danno inizia a decorrere, non già dalla data del fatto inteso come fatto storico obiettivamente realizzato, bensì da quando ricorrano presupposti di sufficiente certezza in capo all'avente diritto in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, sicché gli stessi possano ritenersi, dal medesimo , conosciuti o cono- scibili. Tale situazione si sarebbe realizzata nelle date in cui il prof. S ha consegnato alla Guardia di finanza la documentazione attinente agli incarichi svolti e pertanto nelle date del 29 agosto 2012 e del 29 ottobre 2012 con riferimento rispettivamente agli incarichi espletati negli anni dal 2007 al 2012 e a quelli espletati negli anni an- tecedenti al 2007. Solamente tali eventi avrebbero disvelato in modo concreto e pre- ciso l'inosservanza del divieto di svolgere attività extralavorative non autorizzate da parte del prof. S chianchi. Atteso infatti che vi era in capo al docente un obbligo specifico di informare il proprio datore di lavoro e che tale obbligo è stato palesemente violato,l' U niversità de- gli studi di Parma ha avuto contezza del fatto dannoso solamente nel momento in cui esso è stato completamente svelato con le informa- zioni fornite nell'ambito delle attività istruttorie svolte da parte del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. 2.5. –La difesa del ricorrente ipotizza che, con la sentenza impu- gnata, la Corte dei conti abbia di fatto svuotato la norma legislativa sulla prescrizione, con il risultato di sovrapporre ad essa una norma di creazione giudiziaria che disattiva completamente l’istituto. In realtà il ricorrente censura la presunta erroneità dell’applicazione da parte della Corte dei conti delle norme in tema di prescrizione, in particolare con riguardo all'esatta individuazione del dies a quo. -14 - Sebbene formalmente denunci una rottura dei presupposti di esercizio della giurisdizione, rottura che si sarebbe realizzata attra- verso un radicale stravolg imento delle norme che definiscono il con- tenuto e i limiti della tutela che si articola nella giurisdizione, il vizio ipotizzato non oltrepassa la linea, al più,dell’error in iudicando , atte- nendo al modo diesercizio della giurisdizione speciale. Va ribadito che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione. L’eccesso di potere giu- risdizionale per invasione dellasfera legislativa è configurabile solo allor- ché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, ma è da escludere le volte in cui il giudice speciale in- dividui una regula juris facendo uso dei suoi poteri di rinvenimento della norma applicabile attraverso la consueta attività di interpretazione, eventualmente analogica, del quadro delle norme, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento abnorme o anomalo ovvero abbia comportato uno stravolgimento delle norme di riferimento, atteso che in questi casi può profilarsi, eventualmente, un error in iudi- cando, del quale - così come per l’ error in procedendo - non rileva la gravità o intensità, non investendo comunque la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legitti- mità dell’esercizio del potere medesimo (Cass., Sez. Un., 30 maggio 2022, n. 17467). Nella specie, la Corte dei conti non ha affatto travalicato i limiti esterni della giurisdizione contabile , bensì ha esercitato, nell’individuare il momento di decorrenza della prescrizione per l’esercizio dell’azione di danno erariale, l’attività ermeneutica che compete al giudice, mentre le doglianze di parte ricorrente prospetta- no, nella sostanza, un error in iudicando, non suscettibili, quindi, di sindacato in questa sede. -15 - La Corte dei conti, infatti, ha, in sostanza, interpretato il "fatto" causativo di danno come fattispecie a formazione progressiva, per il cui completamento non è sufficiente la condotta che ha comportato la violazione degli obblighi di servizio. Ai fini del decorso del termine di prescrizione, oltre alla verificazione del fatto dannoso, occorre, se- condo la sentenza impugnata, la conoscibilità obiettiva del danno stesso da parte dell'amministrazione danneggiata, trovando applica- zione la regola generale stabilita dall’art. 2935 cod. civ., secondo cui il decorso del termine di prescrizione postula la volontaria inerzia del titolare del diritto nell'esercitare il diritto stesso.Secondo la Corte dei conti, nella fattispecie la conoscibilità obiettiva non coincide con il momento in cui sono state percepite le somme per le attività extra- lavorative non autorizzate, ma conquello a partire dal quale l'ammi- nistrazione di appartenenza ha acquisito le informazioni relative allo svolgimento di incarichi non autorizzati e alla percezione dei relativi compensi. 3. –Il ricorso è rigettato. 4. –Non vi è luogo a pronuncia sulle spese nei confronti del Pro- curatore generale della Corte dei conti, stante la sua posizione di par- te solo in senso formale. Il Procuratore generale, infatti, così come non può sostenere l’onere delle spese processuali nel caso di sua soc- combenza, al pari di ogni altro ufficio del pubblico ministero, non può essere destinatario di una pronuncia attributiva della rifusione delle spese quando, come nella specie, soccombente risulti il suo contrad- dittore. Applicando la regola della soccombenza,le spese vanno invece li- quidate, come da dispositivo, a favore della controricorrente Universi- tà degli Studi di Parma 5. –Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gen- naio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto –ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che -16 - ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 –della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
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