Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 08/10/2019, n. 25169
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L'azione proposta ai sensi dell'art. 2126 c.c., avendo fonte in una specifica previsione di legge, è di natura contrattuale sicché è onere del lavoratore allegare e dimostrare l'esistenza dei fatti generatori, consistenti nell'attuazione della prestazione di lavoro e nella conseguente quantificazione delle retribuzioni secondo la contrattazione collettiva applicabile, mentre grava su chi riceva tali prestazioni di lavoro la prova di quanto, in ragione della medesima vicenda sostanziale, il lavoratore ha comunque percepito e va quindi detratto dal dovuto.
La pretesa di condanna del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2126 c.c., al pagamento delle retribuzioni dovute per lo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato, anche con la P.A., allorquando la pretesa originariamente esercitata di riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con tale datore di lavoro sia esclusa per ragioni di nullità o per divieti imposti da norme imperative, non costituisce domanda nuova e può dunque essere prospettata per la prima volta in grado di appello o anche posta d'ufficio a fondamento della decisione.
Sul provvedimento
Testo completo
T IT IR D E T N E S E - I L L O B E T N E S E E N IO Z A -8 OTT 2019 R T IS G E R AULA 'B' E T N E S E 25 169/19 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Oggetto COSTITUZIONE SEZIONE LAVORO RAPPORTO DI LAVORO CON LA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: P.A. ART. 2126 C.C. Presidente Dott. A TCE Consigliere R. G. N. 10505/2014 Dott. ANNALISA DI POLANTONIO Consigliere Cron.25169 Dott. C MTA - Rel. Consigliere Rep. Dott. ROBERTO BELLE' - Ud. 05/06/2019 -Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS CC ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 10505-2014 proposto da: MUZZIOLI BRUNA, MORETTI FRANCESCA, POTENZIANI ΑΝΝΑ, LISI ROSA, MORETTI VALENTINA, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PNAMA 74, presso lo studio dell'avvocato G E I, che li rappresenta e difende;
ricorrenti - contro 2019 MINISTERO DELLA GIUSTIZIA C.F. 80184430587, 2134 in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA سلام GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
controricorrente nonchè contro e prima BE S. P.A. (già B.E.E. TEAM S. P.A. DATA SERVICE SP);
- intimata - avversO la sentenza n. 2247/2013 della depositata il CORTE D'APPELLO di ROMA 18/04/2013 R.G.N. 315/2010. لف RILEVATO CHE 1. le ricorrenti hanno convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, il Ministero della Giustizia e Data Service spa (poi Bee Team s.p.a., ora BE, Think, Solve, Execute s.p.a.), esponendo, in sintesi, di essere state assunte alle dipendenze di Data Service prestando lavoro presso il Ministero della Giustizia nello svolgimento di funzioni non rientranti nei contratti stipulati tra la P.A. e la loro datrice di lavoro formale, continuando a prestare ininterrottamente l'attività lavorativa anche oltre le relative scadenze contrattuali, il tutto con stabile inserimento dell'organizzazione degli uffici giudiziari e svolgimento del lavoro sulla base di direttive, istruzioni ed ordini provenienti esclusivamente dal personale del Ministero;
esse insistevano quindi perché fosse accertata: - nella vigenza della legge n. 1369 del 1960, la sussistenza di un'ipotesi vietata di manodopera e, per il periodo di vigenza del d. lgs. n. 276 del 2003, la sussistenza di un appalto non genuino o di somministrazione di lavoro fraudolenta o irregolare;
lu per effetto di ciò, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra essi ricorrenti ed il Ministero della Giustizia, a decorrere dalla prima data di assegnazione agli Uffici giudiziari, con condanna del Ministero all'inquadramento secondo la disciplina del CCNL del Comparto Ministero e alla regolarizzazione contributivo-previdenziale, nonché condanna di entrambi i convenuti in solido al pagamento di tutte le differenze retributive correlate all'applicazione del CCNL comparto Ministeri, a far data dalla costituzione del rapporto di lavoro;
in via subordinata, le ricorrenti chiedevano: - l'accertamento dell'esistenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con il Ministero e il diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro con il Ministero ovvero a vedersi riservata una quota pari al 60% dei posti nelle assunzioni che in futuro il Ministero avesse effettuato;
in ogni caso, la condanna dei convenuti al risarcimento del danno per mancata costituzione del rapporto di lavoro in misura pari alla differenza tra le retribuzioni spettanti al dipendente del Ministero inquadrato nel livello B2 ovvero nel livello B1 del CCNL Comparto Ministero;
2. 3 سلام il Tribunale di Roma respinse le domande e la Corte di Appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di primo grado;
3. la Corte territoriale ha: ritenuto infondato l'assunto dei lavoratori secondo cui, essendo la domanda - volta all'inquadramento nell'area B, la regola della necessità del pubblico concorso, di cui all'art. 97 della Costituzione e agli artt. 35 e 36 del d.lgs. 165 del 2001, poteva ritenersi derogata dalla L. n. 56 del 1987 e tanto sul rilievo che la legge n. 56 disciplina procedure eccezionali di selezione, tassativamente previste in presenza di presupposti fissati ex lege, sulla base di determinate graduatorie, procedure che non possono trovare applicazione al di fuori dei casi espressamente disciplinati;
richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 89 del 2003, ritenendo che l'assunzione alle dipendenze della P.A. può avvenire solo nel rispetto della regola del pubblico concorso, imposta dall'art. 97 della Costituzione e dall'art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001;
affermato che la conversione del contratto, come regola generale prevista in - caso di violazione di norme imperative di cui all'art. 1 della L. 1369 del 1960 e all'art. 27 c. 1 del d. lgs n. 276 del 2003, non è applicabile al pubblico impiego, ostandovi la disposizione contenuta nell'art. 36 del D. Lgs. n. 165 del 2001 ed ha osservato che l'art. 86 co. 9 del d. lgs. n. 276 del 2003 esclude la applicabilità della sanzione della conversione prevista dall'art. 21 c. 4 (recte 27 c.1) alle Pubbliche Amministrazioni;
richiamato i principi affermati da questa Corte con la sentenza n. 12964/2008;
ritenuto irrilevante la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 1 della L. - n. 1369 del 1960, dell'art. 10 della L. n. 196 del 1997, degli artt. 35 e 36 del d. lgs. n. 165 del 2001, dell'art. 6 della L. n. n. 30 del 2003, degli artt. 1 c. 2 e dell'art. 29 c. 3 bis, dell'art. 86 c. 9 del d. lgs. n. 76 del 2003, nella parte in cui escludono che la violazione di norme imperative riguardanti l'assunzione e l'impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni comporti la costituzione di un rapporto di lavoro con queste ultime anche ove si tratti di qualifiche per le quali non è obbligatorio l'accesso per pubblico concorso, sul rilievo che la fattispecie dedotta in giudizio non rientrava tra le ipotesi per le quali non è richiesto l'accesso mediante pubblico concorso;
4 Z ritenuto tardiva nel processo la domanda ex art. 2126 c.c. prospettata con il terzo motivo di appello, in quanto non proposta in primo grado;
ritenuto infondata la domanda di risarcimento del danno in misura pari alle differenze retributive tra quanto spettante secondo il C.C.N.L. Ministeri e quanto in concreto ricevuto durante il rapporto di lavoro, non avendo le ricorrenti neppure indicato quanto fosse stato da loro percepito;
4. le ricorrenti hanno impugnato per cassazione la predetta sentenza con undici motivi, poi illustrati da memoria e resistiti da controricorso di entrambe le controparti;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo le ricorrenti adducono, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della L. n. 1369/1960, della L. n. 196/197, del D. Lgs. n. 276/2003, degli artt. 35 e 36 del d. lgs. n. 165/2001, della L. n. 57/1987, in relazione all'art. 97 Cost., degli artt. 112 e 113 c.p.c. anche in relazione alla L. n. 56/1987;
con il secondo motivo è invece dedotta l'omessa considerazione di un fatto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.) in merito all'impossibilità di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze del Ministero della Giustizia, sulla base dell'affermazione apodittica che la L. 56/1987 fisserebbe procedure eccezionali non applicabili al di fuori dai casi tassativamente previsti e sulla base dell'esclusione, in forza di motivazione insufficiente, dell'applicabilità al caso di specie della sanzione della conversione prevista dall'art. 29 d. lgs. 276/2003;
con il terzo motivo è addotto "error in procedendo" (art. 360 n. 4 c.p.c.) in relazione agli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., con nullità della sentenza, insufficiente ed incongrua esposizione delle ragioni di fatto e di diritto in punto di esclusione dell'applicabilità della regola generale della conversione del rapporto, di tassatività delle ipotesi previste dalla L. 56/1987, di esclusione della applicabilità della sanzione di cui all'art. 29 del d. Igs. 276/2003;
1.1 I motivi sopra indicati, riguardando tutti la questione sul riconoscimento, se del caso previa conversione, di un rapporto di lavoro subordinato con il Ministero, possono essere esaminati assieme e sono da disattendere;
5 1.2 quanto al terzo motivo, si osserva come l'anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", di "motivazione apparente", di "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", di "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" (Cass. SS.UU n. 8053 e n. 8054 del 2014), quest'ultima ravvisabile nei soli casi in cui la sentenza non renda percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l'iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice" (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016);
ipotesi che, nel caso di specie