Cass. pen., sez. III, sentenza 20/07/2018, n. 34139

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 20/07/2018, n. 34139
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 34139
Data del deposito : 20 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da X R nato il 05/03/1990 avverso la sentenza del 20/03/2017 della CORTE APPELLO di ANCONAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere L S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M D N;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Ascoli Piceno, all'esito del giudizio abbreviato, con la sentenza del 19/07/2016 condannò X R alla pena di reclusione anni 9 mesi 3 di reclusione ed C 38.666,66 di multa per più delitti ex art. 73 comma 1 d.p.r. 309/1990 commessi tra i mesi marzo e giugno 2015. Con la sentenza del 20/03/2017, la Corte di appello di Ancona ha dichiarato inammissibile l'impugnazione del pubblico ministero, per quanto qui interessa sulla illegalità della pena base;
in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha concesso le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, ed ha rideterminato la pena in anni 7 di reclusione ed C 22.000 di multa.

2. Il difensore di X R ha proposto ricorso avverso della Corte di Appello di Ancona del 20/03/2017 e, con unico motivo, ha dedotto ex art. 606 lett. c) ed e) cod. proc. pen. i vizi di violazione di legge in relazione all'art. 597 cod. proc. pen. e della motivazione. Ha rappresentato la difesa che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Ascoli Piceno condannò X R partendo dalla pena base ex art. 73 comma 1 D.P.R. 309/90 di anni 6 di reclusione oltre alla multa;
che il P.M. propose impugnazione anche sulla quantificazione della pena, ritenendo applicabile la pena base dell'art. 73 comma 1 DPR 309/90 di anni 8 di reclusione oltre alla multa. Rileva la difesa che la Corte di Appello di Ancona ha dichiarato inammissibile l'impugnazione del P.M. ma ha rideterminato la pena stabilendo la pena base in anni 8 di reclusione oltre alla multa, affermando che l'imputato non si può giovare di un errore del Giudice;
ha inoltre motivato che la pena finale inflitta è inferiore a quella irrogata in primo grado. Per la difesa è avvenuta la violazione del divieto di reformatio in peius in quanto, si afferma, la Corte di appello di Ancona non avrebbe potuto modificare la pena anche se la pena finale è più bassa di quella irrogata dal Giudice di primo grado. Per la difesa, la Corte di appello di Ancona avrebbe dovuto partire dalla pena di anni 6 di reclusione, avendo dichiarato inammissibile l'impugnazione del P.M. Ritiene poi la difesa che la motivazione sia contraddittoria, poiché ha affermato che la pena è incongrua (pag. 13) per la gravità del reato, ha dichiarato inammissibile l'impugnazione del P.M. ma ha poi aumentato la pena base: per la difesa, se ciò fosse possibile, ogni sentenza potrebbe essere riformata in assenza anche di impugnazione specifica, allorquando il Giudice d'appello rileva un error in procedendo, ancorché non censurato: per la difesa, ciò viola la legge processuale penale. La difesa ha concluso chiedendo di annullare la sentenza della Corte di appello di Ancona.

3. Anche

XHIXHA

Rigent ha proposto ricorso per cassazione;
il primo motivo è analogo a quello proposto dal difensore. Con il secondo motivo, il ricorrente si lamenta del giudizio di mera equivalenza delle circostanze attenuanti generiche, tenuto conto del suo comportamento processuale avendo egli confessato ed individuato la responsabilità di terzi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del difensore ed il primo motivo del ricorso dell'imputato sono fondati.

1.1. Il Tribunale di Ascoli Piceno ha applicato all'imputato una pena detentiva base inferiore al minimo edittale (anni 6 anziché anni 8 di reclusione). La Corte di appello di Ancona, invece, pur dichiarando inammissibile l'impugnazione del pubblico ministero, che aveva ad oggetto al primo motivo proprio l'applicazione di una pena detentiva inferiore al minimo edittale, ha concesso le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva ed ha applicato la pena base detentiva di anni 8 di reclusione, ritenendo che il reo non possa giovarsi dell'errore in cui è incorso il primo giudice nella sua determinazione e pervenendo comunque ad una pena complessiva inferiore a quella stabilita in primo grado.
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