Cass. civ., sez. I, sentenza 01/09/1999, n. 9205
Sentenza
1 settembre 1999
Sentenza
1 settembre 1999
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Massime • 4
Il diritto al contributo di ricostruzione ai sensi della legge n. 219 del 1981 sorge "ex lege", in presenza della ricorrenza dei presupposti e delle condizioni da essa previsti, senza che al provvedimento amministrativo possa riconoscersi funzione costitutiva, avendo esso solo una funzione meramente ricognitiva ed un contenuto vincolato, con esclusione di qualsiasi discrezionalità dell'amministrazione in ordine all'an dell'erogazione che alla pretesa di restituzione del contributo eventualmente pagato "sine titulo". L'azione con cui tale pretesa viene fatta valere è riconducibile al paradigma generale dell'azione di ripetizione di indebito oggettivo, concernendo l'accertamento della insussistenza del diritto ab origine e non l'eliminazione di un preesistente diritto, "ex tunc" o "ex nunc".
Con riguardo ai contributi ai sensi della legge n. 219 del 1981 i fondi per la ricostruzione all'uopo assegnati ai comuni sono da questi direttamente gestiti attraverso i propri organi individuali e collegiali, competendo ad essi l'istruzione delle pratiche di ricostruzione, lo svolgimento dei controlli stabiliti dalla legge e l'assegnazione e determinazione dei contributi tramite il sindaco. Ne consegue che il comune è legittimato passivo alla domanda di riconoscimento del contributo (che è riconducibile alla giurisdizione dell'A.G.O., posto che l'attività di erogazione del contributo è vincolata e meramente attuativa di quanto stabilito dalla legge) e, nel contempo, è legittimato attivo alla proposizione (sempre avanti all'A.G.O.) della domanda con la quale si chieda la restituzione del contributo una volta che sia stato erogato, nel presupposto che l'erogazione stessa sia avvenuta indebitamente.
Il principio regolatore dell'erogazione dei contributi e finanziamenti per la ricostruzione postsisma ai sensi della legge n. 219 del 1981 e successive modifiche è quello espresso dall'art. 9, primo comma, di detta legge, cioè quello per cui la ricostruzione agevolata dalla erogazione deve avvenire nello stesso luogo, nel quale si trova l'immobile danneggiato dal sisma. Tale principio è attenuato per gli immobili ubicati fuori dal centro abitato (per i quali l'art. 10, ottavo comma della stessa legge consente la ricostruzione in altro sito dello stesso comune di ubicazione) ed è sostanzialmente derogato unicamente in favore dei proprietari residenti fuori dal comune colpito dal sisma, ai quali è consentita (ex art. 9, primo comma, lettera b della legge) la ricostruzione nel comune di residenza, nonché in favore dei proprietari che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa, rinuncino al contributo per la ricostruzione dell'alloggio distrutto, utilizzino una somma di pari importo per l'acquisto di un immobile nell'ambito della stessa provincia, con conseguente acquisizione al patrimonio del comune delle aree di sedime degli edifici danneggiati. In dipendenza della loro natura eccezionale, tali deroghe sono suscettibili soltanto di un'interpretazione estensiva, la quale non permette di ricondurre ad alcuna di esse l'ipotesi in cui il contributo venga erogato da un comune per la ricostruzione di un immobile danneggiato sito in un altro comune (e poi all'uopo utilizzato). Ne consegue che il comune erogante ben può chiedere la restituzione del contributo e la relativa azione va qualificata come un'azione di ripetizione di indebito oggettivo.
L'interpretazione estensiva di disposizioni "eccezionali" o "derogatorie", rispetto ad una avente natura di "regola", se pure in astratto non preclusa, deve ritenersi comunque circoscritta alle ipotesi in cui il plus di significato, che si intenda attribuire alla norma interpretata, non riduca la portata della norma costituente la regola con l'introduzione di nuove eccezioni, bensì si limiti ad individuare nel contenuto implicito della norma eccezionale o derogatoria già codificata altra fattispecie avente identità di ratio con quella espressamente contemplata.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Renato SGROI - Presidente -
Dott. Vincenzo FERRO - Consigliere -
Dott. Alessandro CRISCUOLO - Consigliere -
Dott. Mario Rosario MORELLI - Rel. Consigliere -
Dott. Walter CELENTANO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
TE EL, LO BE LA, LO RA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA A. BACCARINI 32, presso l'Avvocato FRANCESCO DE BEAUMONT, che li rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
COMUNE DI BONITO, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA CIVILE della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato FILIDEO CAPOZZI, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2409/96 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata il 7/10/96;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/3/99 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio UCCELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con citazione del 20 maggio 1992, il Comune di Bonito conveniva dinanzi al Tribunale di Ariano Irpino gli eredi di IC IR - IS EL, LA ER e DO IR - chiedendone la condanna alla restituzione, pro quota, di quanto ricevuto dal loro dante causa per la ricostruzione di un fabbricato rurale ex l. 219/81. A sostegno della domanda l'Ente deduceva:
che con decreto sindacale n.12/84 veniva assegnato a IR IC contributo di L.62.595.631 per la ricostruzione ex L.219/81 di fabbricato rurale in Bonito alla c.da Cinquegrana;
che, deceduto il IR, il decreto veniva volturato a nome della moglie EL IS e dei figli IR ER LA e IR DO con provvedimento del Sindaco n. 49/88;
che, in base ad attestati e stati di avanzamento lavori, sottoscritti dai tecnici, dalla ditta costruttrice e dal proprietario, il Comune erogava in più ratei la complessiva somma di L.53.205.900;
che successivamente, accertato che i lavori del fabbricato in argomento non erano mai stati nemmeno iniziati, il Sindaco con i decreti nn. 61/91 del 9.9.91 e 111/92 del 3.3.92 revocava il decreto 12/84, con il quale aveva concesso i contributi per la ricostruzione dell'immobile e disponeva il recupero delle somme erogate, invitando i beneficiari a restituire quanto indebitamente percepito;
che il TAR di Salerno, adito da EL IS, con ordinanza del 4.12.91 riconosceva legittimo il decreto di revoca (qualificato, al di là del nomen iuris, come provvedimento di decadenza) concedendo alla EL il solo beneficio della rateizzazione. I convenuti in primo grado, costituendosi, affermavano che il loro dante causa aveva richiesto il contributo per ricostruire il fabbricato rurale nel comune di Melito Irpino, cioè in comune diverso da quello cui l'istanza era rivolta e che, a seguito di parere favorevole della Commissione di cui all'art. 14 della L.219/81, il Sindaco di Bonito aveva ugualmente disposto l'erogazione del contributo, che doveva quindi ritenersi concesso proprio per la costruzione in Melito Irpino, per la quale nel frattempo era stata ottenuta concessione edilizia in base alla stessa normativa del postterremoto ed era stato redatto verbale di inizio lavori in presenza di un funzionario dell'Ufficio Tecnico comunale di Bonito, con atto vistato anche dal Sindaco, che aveva poi corrisposto il dovuto come prescritto per legge nel corso dei lavori;
solo dopo che era stato stabilito anche il pagamento del saldo dovuto ed era stata volturata la pratica in favore degli eredi dell'originario beneficiario del contributo, era stato emesso improvvisamente il decreto di revoca di quest'ultimo e la richiesta di restituzione delle somme erogate.
Eccepivano poi comunque il difetto di legittimazione attiva del Sindaco, dovendo ritenersi viceversa legittimato lo Stato per avere il primo nella specie agito quale ufficiale di governo. Deducevano ancora l'assoluta carenza di potere del sindaco nella revoca del contributo e domandavano la disapplicazione di tale provvedimento, non inquadrabile tra quelli discrezionali della P.A., in quanto incidente su un diritto soggettivo dei cittadini, quale quello al contributo, riconoscibile anche in caso di ricostruzione in altro comune, previo rilascio della concessione edilizia per la stessa legge 219/81, dovendosi ritenere che, con la revoca, il comune di Bonito avesse introdotto una decadenza dal diritto al contributo non prevista dalla legge e connessa alla costruzione in comune diverso da quello ove era l'edificio danneggiato. In punto di esegesi della normativa in applicazione, sostenevano infine che, essendo prevista dall'art. 10 del T.U. n.76 del 1990 la possibilità di realizzare la ricostruzione in altra area e anche, per le seconde case, in altro comune con un contributo del 30%, doveva implicitamente ritenersi consentita anche la ricostruzione della prima casa in altro comune, dovendosi ritenere altrimenti la norma incostituzionale, perché ingiustificata era la disparità di trattamento tra i proprietari di prima casa