Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/06/2005, n. 11717

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Massime1

In tema di illecito disciplinare dei magistrati, la richiesta, da parte di un magistrato, dell'intervento della forza pubblica affinchè venga constatata la violazione, da parte del coniuge separato o divorziato, del diritto di visita ad esso magistrato riconosciuto da sentenza di separazione personale o di divorzio, non è di per sè sola sufficiente ad integrare un illecito disciplinarmente rilevante allorquando detta richiesta venga formulata senza alcun riferimento alla propria qualità professionale, dovendosi riconoscere al magistrato, al pari di ogni altro cittadino, la legittimazione a richiedere l'intervento delle forze dell'ordine ai fini suindicati e potendosi configurare una responsabilità disciplinare solo se la richiesta, per le modalità della sua formulazione, comporti abuso delle funzioni e si riveli diretta, esplicitamente o implicitamente, ad ottenere un trattamento di privilegio correlato alla qualifica rivestita e alle funzioni esercitate (nella specie, le S.U. hanno cassato la sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con la quale era stata comminata la sanzione dell'ammonimento ad un magistrato che, svolgendo le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica ed essendo di turno esterno, aveva richiesto e ottenuto l'intervento delle forze dell'ordine presso l'abitazione del coniuge dal quale egli era separato, per far constatare l'inosservanza del provvedimento giudiziale concernente l'affidamento dei figli, pur essendo incontroverso che il magistrato non aveva speso la propria qualità e che la telefonata era stata effettuata dal telefono cellulare privato. La S.C. ha quindi ritenuto irrilevante e non addebitabile al magistrato la circostanza che l'operatore del 112, addetto al centralino, aveva riconosciuto e identificato il magistrato come il sostituto procuratore di turno nel giorno).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/06/2005, n. 11717
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11717
Data del deposito : 6 giugno 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORONA Rafaele - Primo Presidente f.f. -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco - Pres. di sezione -
Dott. PAOLINI Giovanni - rel. Consigliere -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. ALTIERI Enrico - Consigliere -
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OM, elettivamente domiciliato in LOCALITA1
presso lo studio dell'avvocato NOME2,
rappresentato e difeso dall'avvocato NOME3, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 118/03 del Consiglio superiore magistratura, depositata il 05/10/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/04/05 dal Consigliere Dott. Giovanni PAOLINI;

udito l'Avvocato NOME3;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DELLI PRISCOLI Mario che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo e il terzo motivo, in subordine il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, con sentenza del 20 novembre 2003 - 5 ottobre 2004, ha inflitto al Dr. OM, magistrato in servizio, con funzioni di sostituto procuratore, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di LOCALITA2, la sanzione dell'ammonimento nella di lui ritenuta responsabilità in ordine alla seguente incolpazione. "Violazione dell'art. 18 r.d.l. 31 maggio 1946 n. 511, per aver gravemente mancato ai propri doveri di correttezza e di soggezione alla legge, rendendosi immeritevole della fiducia e considerazione di cui il magistrato deve godere e compromettendo, in tal modo, il prestigio delle funzioni giudiziarie esercitate.
In particolare il Dr. OM, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di LOCALITA2 reperibile di turno presso la Procura della Repubblica di LOCALITA2, richiedeva ed otteneva l'intervento di una pattuglia dei C.C. presso l'abitazione della Dr.ssa NO, coniuge separato, al fine di far constatare l'inosservanza, da parte della predetta, del provvedimento giudiziale disciplinante l'affidamento dei figli minori. Il tutto tacendo ai militari operanti che l'intervento aveva carattere personale (così modificata l'incolpazione originaria).
In LOCALITA2 in data 1^ marzo 2002.
Il giudice disciplinare ha correlato la sua pronuncia alla motivazione di seguito, testualmente, riportata.
"1) - Dall'ampia istruttoria documentale e testimoniale emerge la prova della responsabilità disciplinare dell'incolpato. I fatti per i quali si procede, nel loro nucleo essenziale e per quanto rileva in questa sede (...), sono sostanzialmente pacifici. Tra i coniugi OM-NO, separatisi nel maggio del 2000, era insorto nei primi mesi del 2002 contrasto in ordine al rientro scolastico pomeridiano del figlio NOME5, in coincidenza con il giorno e le ore (il venerdì dalle 15,30 alle 18) in cui il padre, non affidatario, lo avrebbe potuto tenere con sè. Il Dott. OM riteneva che le attività da svolgere il giorno del rientro non fossero obbligatorie e comunque chiedeva di poter compensare la mancata utilizzazione della facoltà di visita, anticipando l'incontro con il figlio all'uscita dalla scuola, come era già avvenuto, su accordo con la madre, il 15 febbraio 2002. La Dott.ssa NO riteneva invece che le attività pomeridiane fossero obbligatorie e, comunque, essendo seguite da tutti gli altri alunni, fossero necessarie per la socializzazione del figlio;
era anche convinta che la compensazione potesse essere operata solo in via eccezionale, essendo necessario garantire ai figli minori una vita regolare e stabile e che tale esigenza contrastava con la pretesa del Dr. OM di gestire gli incontri con i figli con criteri di elasticità.
Il giorno 1^ marzo 2002 il Dott. OM, pur sapendo che il figlio NOME5 era a scuola (...), si recava alle ore 16 presso
l'abitazione della NO chiedendo di averlo con sè, ma, avuta conferma del fatto che il bambino non e 'era, si allontanava e chiamava dal suo telefono cellulare privato il 112, senza qualificarsi come sostituto procuratore della Repubblica ma solo come OM, ovvero Dott. OM, secondo le due diverse versioni, rispettivamente, fornite dall'incolpato e dall'appuntato dei carabinieri NOME6, che aveva risposto al telefono. In ordine a tale diversita' di versione deve tuttavia rilevarsi che in sede di indagini difensive (...) l'appuntato NOME6 dichiarava di non ricordare se l'interlocutore si qualificò come Dr. OM o come OM.
Nella telefonata l'incolpato chiedeva di mandare una pattuglia all'indirizzo della abitazione della Dott.ssa NO in merito ad una ordinanza di affidamento di minori. L'appuntato NOME6 riconosceva immediatamente il Dott. OM come il sostituto procuratore con il quale aveva avuto numerosi colloqui telefonici, e verificava, anche controllando il numero di telefono cellulare che compariva nella comunicazione dei turni esterni avuta dalla Procura, che lo stesso era di turno proprio quel giorno;
chiedeva quindi l'intervento di una pattuglia alla quale specificava che si trattava di una richiesta del sostituto Dr. OM. Arrivati sul posto i carabinieri (...) chiedevano alla Dott.ssa NO di poterle parlare all'interno dell'abitazione, per sottrarsi alla curiosità dei numerosi vicini che si erano affacciati. Avuta conferma che il figlio NOME5 era impegnato a scuola, i militari si allontanavano, il Dott. OM rientrava in casa della Dott.ssa NO per stare insieme alla figlia NOME7, ammalata, e alte ore diciotto si recava a scuola a prelevare il figlio NOME5.
2) - Due sono sostanzialmente i profili problematici che si pongono nella specie. Il primo attiene al diritto del Dott. OM di chiedere l'intervento dei carabinieri. Secondo una diversa, ma sostanzialmente coincidente prospettazione, della quale pure si è trattato nel presente procedimento, si tratta di valutare se la richiesta del Dott. OM abbia distolto i militari dai loro compiti istituzionali o non.
Il secondo riguarda invece le motivazioni e le modalità con le quali il diritto, vantato dall'incolpato, è stato esercitato. In ordine al primo profilo, l'incolpato sostiene che nel comportamento della Dott.ssa NO era configuratile il delitto di cui all'art. 388, 2^ comma c.p. e che, quindi, egli, come privato cittadino, aveva il diritto di chiedere l'intervento della polizia giudiziaria per far accertare i fatti rilevanti penalmente. Ora è indubbio che chi ragionevolmente ritenga che determinati fatti possono configurare ipotesi di reato può richiedere l'intervento della polizia giudiziaria al fine di accertare i fatti stessi, assicurare le fonti di prova e impedire che i reati siano portati ad ulteriori conseguenze (art. 55 c.p.p.), ne' tale richiesta di intervento esige che il reato ipotizzato sia effettivamente giuridicamente configurabile. Tuttavia può osservarsi che l'ordinario dovere di prudenza al quale deve essere ispirata la condotta di ogni cittadino può assumere connotati diversi in relazione alle particolari qualità professionali o al ruolo istituzionale rivestito, nel senso che ciò che può ritenersi ragionevole per il comune cittadino potrebbe non esserlo per un magistrato, il quale sa o deve sapere, se nella fattispecie concreta, neppure in astratto, sia configurabile un illecito penale. Alla stregua di tale rilievo potrebbe allora dubitarsi che il comportamento del Dott. OM possa essere immune da ogni censura, perché egli, anche per le specifiche funzioni di sostituto procuratore, doveva sapere che per l'astratta configurabilità del delitto di cui all'art. 388, 2 comma, c.p. è necessario che sia tenuto un comportamento elusivo del provvedimento giurisdizionale relativo all'affidamento dei minori, e che tale comportamento richiede un quid pluris rispetto alla mera inosservanza dell'obbligo imposto con il provvedimento del giudice. Il Dott. OM sapeva o doveva sapere, inoltre, che, in applicazione della regola generale dettata dall'art. 51 c.p., l'eventuale violazione formale del provvedimento del giudice è scriminata dalla esigenza, realizzata o anche solo perseguita, di proteggere l'interesse del minore a una crescita sana e equilibrata alla cui tutela il provvedimento giurisdizionale è diretto (...). D'altra parte, come è pacifico, il Dott. OM non ha sporto querela per il delitto di cui all'art. 388, 2 comma, c.p., e tale decisione, oltre che dall'apprezzabile
intento di non esasperare le tensioni con la Dott.ssa NO, potrebbe essere stato giustificato proprio dalla consapevolezza della mancanza nel comportamento dalla stessa tenuto degli estremi di tale delitto.
Il dubbio sopra prospettato, tuttavia, deve essere superato sulla base del rilievo che con l'incolpazione disciplinare non è stata contestata una violazione del dovere di prudenza e che, comunque, la richiesta di intervento dei carabinieri è giustificata anche soltanto dalla sollecitazione dei poteri conciliativi previsti dall'art. 1, 2^ comma, del t.u.l.p.s.. Rilievo, peraltro opportunamente evidenziato dalla testimonianza del vicebrigabiere NOME8 il quale ha dichiarato: ho 18 anni di esperienza nell'Arma e
ho avuto altri casi di intervento per questioni riguardanti l'affidamento di minori. Normalmente il nostro intervento è diretto a chiarire la situazione e a mettere pace in rapporti spesso molto conflittuali.
3) - Il profilo

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