Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/06/2010, n. 14292

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Affinché la diffida ad adempiere, intimata alla parte inadempiente da un soggetto diverso dall'altro contraente, possa produrre gli effetti di cui all'art. 1454 cod. civ., è necessario che quel soggetto sia munito di procura scritta del creditore, indipendentemente dal carattere eventualmente solenne della forma del contratto destinato a risolversi, atteso che, come si desume anche dagli artt. 1324 e 1392 cod. civ., la diffida medesima, quale manifestazione di volontà che si sostanzia in un potere unilaterale incidente sulla sorte del rapporto contrattuale tanto da determinare la risoluzione "ipso jure" del vincolo sinallagmatico, ha natura negoziale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/06/2010, n. 14292
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14292
Data del deposito : 15 giugno 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. D L M - Presidente di Sezione -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. B E - rel. Consigliere -
Dott. T S - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. S M B - Consigliere -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 2363/2005 proposto da:
A R, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPENNINI 46, presso lo studio dell'avvocato F M, che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro
BENETTI AMELIA (BNTMLA43E64B091M), FORESTI MARTELLA, elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZALE CLODIO 1, presso lo studio dell'avvocato R S, che le rappresenta e difende unitamente all'avvocato C R e, per la sola F M, anche dall'avvocato F A, per deleghe in atti;

- controricorrenti -

e contro
MAZZINI MARIA ANTONIETTA, AMADEI ELISABETTA;

- intimate -
avverso la sentenza n. 2826/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 15/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/04/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito l'Avvocato Marcella FALCETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia è insorta tra le parti con riferimento a una vicenda che in sede di merito è stata ricostruita essenzialmente in questi termini: il 2 ottobre 1996 A A notificò a sua sorella R A, a norma dell'art. 732 c.c., l'intenzione di vendere a terzi la propria quota ideale dell'eredità paterna "per un controvalore di L. 150.000.000 al netto di qualsivoglia onere passato, presente e futuro gravante sulla quota stessa";
con raccomandata del 21 novembre 1996 R A comunicò "la propria accettazione ad acquistare la quota ereditaria come sopra specificata per la somma di L. 150.000.000";
con lettera del 27 novembre 1996 l'avv. Luigi Marceli, nell'interesse di Amadei
Aurelio, invitò R A a indicare il notaio incaricato del rogito;
rispose con lettera del 22 dicembre 1996 l'avv. Marcella Falcetta, precisando che dal prezzo della vendita doveva essere defalcata la somma di L. 80.877.240, corrispondente all'importo delle spese straordinarie sostenute da R A a vantaggio del fratello;
per conto di quest'ultimo, con lettera del 13 gennaio 1997, l'avv. L M, ai sensi dell'art. 1454 c.c., intimò a R A di indicare entro 15 giorni il notaio per la stipula, con contestuale pagamento del prezzo come concordato, avvertendo che altrimenti "dovrà intendersi risolto e priva di efficacia la proposta di acquisto con conseguente libera e piena facoltà del Dott. Amadei di alienare la quota stessa ad altri";
la diffida rimase senza esito.
Ciò stante, con atto notificato il 25 luglio 1997 A R citò davanti al Tribunale di Roma A A, chiedendo che fosse accertato il proprio diritto di prelazione e che le fosse trasferita la quota in contestazione previo pagamento della somma di L. 69.122.7 60 o di altra da accertare, detratto quanto da lei già anticipato per imposta di successione e altri oneri e spese. Il convenuto si costituì in giudizio concludendo per il rigetto della domanda, in quanto l'attrice era decaduta dal suo vantato diritto, pretendendo modificazioni della proposta che aveva accettato e non adempiendo nel termine assegnatole con la diffida, con conseguente risoluzione del contratto;
contestò le singole voci di credito esposte nella citazione e chiese, in via riconvenzionale, la condanna dell'attrice al. pagamento di L. 11.537.834, pari alla differenza tra la somma di L. 15.000.000 da lei dovuta per il godimento esclusivo da parte sua di un bene ereditario e quella di L.

3.462.155 costituente l'effettivo ammontare del debito dei convenuto.
Essendo stata dichiarata l'interruzione del processo, in seguito alla morte di A A, la causa fu riassunta nei confronti delle sue eredi M A M ed E A, che rimasero contumaci.
Intervennero invece nel processo, facendo proprie le richieste formulate dal convenuto, M F e A B, alla quali A A con un rogito del 4 dicembre 1997, aveva venduto la propria quota ereditaria.
All'esito dell'istruzione della causa, con sentenza del 15 maggio 2001 il Tribunale, dichiarò legittimo l'intervento di F M e A B, qualificandolo come adesivo dipendente;
respinse la domanda proposta dall'attrice, ritenendo che con la sua inequivoca accettazione l'accordo contrattuale tra le parti era stato concluso, ma si era però risolto in seguito all'inutile decorso del termine assegnato a R A con l'intimazione ad adempiere Inviatale dall'avv. L M;
non provvide su la domanda riconvenzionale, da reputarsi abbandonata in quanto non era stata riproposta dalle eredi del convenuto rimaste contumaci, ne' ora ammissibile da parte delle intervenute nel processo.
Impugnata da R A, la decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Roma, che con sentenza del 15 giugno 2004 ha rigettato il gravame, che era stato contrastato da F M e A B, mentre non si erano costituite Martini

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