Cass. pen., sez. VII, ordinanza 02/03/2018, n. 09612

la seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: A M nato il 01/03/1958 a FORLI' avverso la sentenza del 19/01/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNAdato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere A C;
Proc. 32373/2017

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso di M A contro la sentenza n. 651/2017 della Corte di appello di Bologna è manifestamente infondato. A differenza di quanto dedotto nel primo motivo di ricorso, nella sentenza impugnata viene adeguatamente argomentata (pag. 1) la sussistenza del reato ex art. 337 cod. pen. evidenziando che l'imputato usò l'espressione minatoria richiamata nel capo di imputazione prima che gli agenti della Polizia avessero completato la redazione del loro verbale. La recidiva reiterata, essendo una circostanza aggravante ad effetto speciale, rileva ai fini della determinazione del termine di prescrizione, anche qualora nel giudizio di comparazione con le circostanze attenuanti sia stata considerata equivalente o anche subvalente (Sez. 4, n. 8079 del 22/11/2016, dep. 2017, Rv. 269129;
Sez. 6, n. 39849 del 16/09/2015, Rv. 264483). Ne deriva che il reato, commesso il 13/07/2007, non è prescritto perché la sentenza della Corte di appello è stata emessa il 19/01/2017, per cui anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato Pertanto, il ricorso risulta inammissibile e dalla sua inammissibilità deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.