Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/03/2021, n. 08500
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Nel caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall'errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti invece il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell'amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex art. 43 D.P.R. n. 600/1973, in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente reddituale è indicato, non già in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio. Infatti, la definitività, in conseguenza del mancato accertamento, della dichiarazione di prima emersione del componente pluriennale non porta in sé il diverso effetto della preclusività di sindacato per un periodo di imposta successivo; anzi, non produce alcun effetto di accertamento, il quale può derivare solo dalla positiva rispondenza alla realtà di quanto dichiarato.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
In ragione della periodicità annuale dell'imposta sul reddito e della relativa dichiarazione, anche l'accertamento (da notificare, ex art. 43, D.P.R. n. 600/1973, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione) presenta una autonoma decorrenza. Infatti, il termine di accertamento si rinnova di anno in anno, nel senso che il suo oggetto è il controllo del reddito di ciascuna singola annualità presa in esame, e siccome il reddito verificato costituisce un dato complessivo unitario costituente l'esito dell'interdipendenza di una molteplicità di voci rilevanti, la sua verifica neppure si presta ad essere limitata a taluni componenti soltanto, con la salvezza di altri (quelli pluriennali) che, in ipotesi, non siano stati sottoposti a verifica negli anni precedenti; altrimenti, si verrebbe ad introdurre un limite di accertabilità, non solo temporale ma anche contenutistico, di cui non vi è riscontro nella legge. Da ciò consegue che l'accertamento deve essere possibile, su ogni annualità, anche con riguardo al fatto costitutivo dell'elemento pluriennale dedotto e non soltanto alla correttezza della singola quota annuale di deduzione. Pertanto, l'Amministrazione finanziaria non ha alcun obbligo, presieduto da decadenza o preclusione, di contestare il componente pluriennale fin dalla sua prima dichiarazione, trattandosi di una mera facoltà in capo all'Ente Pubblico che così può procedere al fine rettificare comportamenti e scelte del contribuente ritenute non corrette.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
In caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale non per l'errato computo del singolo rateo dedotto, ma a causa del fatto generatore e del presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell'amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, e non già del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio.
Sul provvedimento
Testo completo
N° 850 0-21 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: REDDITI ANGELO SPIRITO - Primo Presidente f.f. - ACCERTAMENTO CARLO DE CHIARA - Presidente di Sezione - -Ud. 26/01/2021 - GIACOMO MARIA STALLA - Rel. Consigliere - U.P.c.a.m. R.G.N. 21851/2013 LUIGI ALESSANDRO SCARANO - Consigliere - 60.8500 Rep. FABRIZIA GRI - Consigliere - M D M - Consigliere - ALBERTO G - Consigliere - R M - Consigliere - M F - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 21851-2013 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso I'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
ricorrente -
contro
RABOBANK NEDERLAND COOPERATIEVE CENTRALE RAIFFEISEN BOERENLEENBANK B.A., MILAN BRANCH, in persona del legale 1 Sezioni Unite Civili Ric.n.21851/13 rg. Ud. 26.1.2021 Il Cons. Est. 27 य rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell'avvocato C L, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIA SONIA VULCANO e GEPPE ZIZZO;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 74/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, depositata il 16/05/2013. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/01/2021 dal Consigliere GIACOMO MARIA STALLA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale GEPPE LOCATELLI, il quale chiede la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione. Fatti rilevanti e ragioni della decisione. § 1.1 L'agenzia delle entrate ha proposto due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 74/5 del 16 maggio 2013, notificata il 12 giugno 2013, con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l'avviso di accertamento notificato nel novembre 2009 - per Ires ed Irap 2004 alla Rabobank Nederland Cooperatieve Centrale Raiffeisen-Boerenleenbank B.A., Milan Branch, in qualità di stabile organizzazione in Italia della società-madre Nederland Cooperatieve Centrale Raiffeisen-Boerenleenbank B.A. con sede in Amsterdam. Sul presupposto della riconoscibilità alla stabile organizzazione in Italia di una soggettività tributaria a se stante rispetto alla società-madre olandese (ex art.7 Convenzione tra la Repubblica Italiana ed i Paesi Bassi contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e patrimoniali, firmata a l'Aja l'8 maggio 1990 e ratificata con I. 305/93), con l'avviso di accertamento in questione l'amministrazione finanziaria ha inteso disconoscere (per quanto qui ancora interessa) la componente negativa di reddito data dalla svalutazione in bilancio del credito maturato dalla branch per finanziamenti erogati a Parmalat spa (posta in amministrazione straordinaria nel 2003) e ad altra società da quest'ultima controllata.
2 -Sezioni Unite Civili Ric.n.21851/13 rg.-Ud. 26.1.2021 Il Cons. Est. Il disconoscimento ha avuto ad oggetto, segnatamente, la quota di un nono dell'eccedenza rispetto al limite dello 0,60 % del valore dei crediti risultanti in bilancio, secondo quanto previsto dall'art. 106, co.3^, TUIR nella formulazione all'epoca vigente: "3. Per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attivita' ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,60 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,60 per cento e' deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi (...)". Si affermava nell'avviso di accertamento opposto, conseguente a verifica fiscale, che: "per determinare la quota deducibile in capo alla società è stata (...) calcolata la percentuale del finanziamento ad essa attribuibile rispetto al totale finanziato (dettaglio alla pagina n. 7 del PVC). Operata la svalutazione, i verificatori hanno constatato che la società ha superato il limite massimo sancito dall'articolo 106 TUIR 917/86 e pertanto hanno quantificato in euro 2.831.723,00 pari alla maggiore svalutazione operata nell'esercizio precedente, l'importo da riprendere a tassazione, relativamente all'anno d'imposta 2004, per violazione del combinato disposto di cui agli articoli 7 Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Paesi Bassi e 23, comma primo, lett. e) Tuir 917/86. Detto importo di euro 2.831.723,00 viene dunque ripreso a tassazione dall'Ufficio, trattandosi di una indebita deduzione di componenti negativi, operando una rettifica di pari importo nelle variazioni in diminuzione accertate". Secondo l'impostazione dell'Ufficio, la quota di svalutazione in oggetto non poteva trovare riconoscimento perché il finanziamento erogato al gruppo Parmalat non derivava da risorse proprie della stabile organizzazione - priva di idonea patrimonializzazione e di adeguato fondo di dotazione secondo quanto prescritto sia dalla Circ. Banca d'Italia n.229/09, sia dal Commentario 3 Sezioni Unite Civili Ric.n.21851/13 rg. -Ud. 26.1.2021 Il Cons Est. -Ocse all'art.7 Mod. Convenzione, § 18.3 bensì da finanziamenti ad essa procurati dalla società-madre olandese. Il che comportava sia la sottrazione di utili della stabile organizzazione alla tassazione in Italia, in quanto girati alla società-madre sotto forma di interessi passivi a questa dovuti sui finanziamenti in questione;
sia l'imputazione alla stabile organizzazione di poste passive (svalutazione) afferenti a crediti di finanziamento a questa ascrivibili solo nei limiti della quota (figurativa) del patrimonio di vigilanza. Nella sentenza impugnata la commissione tributaria regionale ha, sul punto, rilevato che: - l'agenzia delle entrate era decaduta dalla potestà di ripresa fiscale perché non aveva rettificato, nei termini di legge, i redditi della stabile organizzazione per il periodo d'imposta 2003 (nel quale era stata per la prima volta effettuata la svalutazione del credito nei confronti del gruppo Parmalat), con la conseguenza che i presupposti di tale svalutazione non potevano da essa più venire rimessi in discussione e disconosciuti nel merito per il periodo d'imposta 2004;
annualità, quest'ultima, con riguardo alla quale l'amministrazione finanziaria era ammessa unicamente a verificare che la quota di svalutazione dedotta non eccedesse il rateo costante consentito (un nono);
infondata era comunque la tesi della non imputabilità alla stabile organizzazione delle perdite su crediti, in quanto non legittimata né dalla Convenzione bilaterale conclusa su conforme modello OCSE, né dalla disciplina della concentrazione dei rischi e del fondo di dotazione delle banche (c.d. 'Basilea 2'), dalla quale le stabili organizzazioni bancarie erano specificamente esonerate. - ex§ 1.2 Con il primo motivo di ricorso l'agenzia delle entrate lamenta art.360, 1^ co., n. 3 cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli articoli 43 d.P.R. 600/73 e 7 d.P.R. 917/86. Per avere la commissione tributaria regionale (con la prima ratio decidendi su riportata) erroneamente ritenuto decaduta l'amministrazione finanziaria per effetto della mancata rettifica, nei termini, della iniziale appostazione della svalutazione pluriennale nel bilancio 2003 della stabile organizzazione, nonostante che:
4 -Ud. 26.1.2021 Il Cons. Est.Ah Sezioni Unite Civili Ric.n.21851/13 rg. questa rettifica (come già affermato da Cass.n. 15178/10) costituisse una mera 'facoltà' dell'ufficio e non un 'onere la cui mancata osservanza precludesse al Fisco il recupero d'imposta per le annualità successive, ciascuna connotata, ex articolo 7 cit., da autonoma rilevanza;
l'asserita intangibilità della svalutazione operata nel 2003 dipendesse appunto dalla mancata rettifica, da parte dell'ufficio, della dichiarazione dei redditi relativa a quell'annualità e non da un giudicato attestante la legittimità nel merito di tale svalutazione. -Con il secondo motivo di ricorso l'agenzia delle entrate deduce ex art.360, 1^ co., n. 3 cod.proc.civ. violazione e falsa applicazione degli articoli 106 d.P.R. 917/86 e 7, co.2^, della citata Convenzione Italia-Paesi Bassi contro le doppie imposizioni. Per avere la Commissione Tributaria Regionale (con la seconda ratio decidendi su riportata) erroneamente ritenuto illegittimo il disconoscimento della svalutazione dei crediti verso Parmalat, nonostante che: in base all'articolo 7 della menzionata Convenzione, la stabile - organizzazione domestica avesse l'obbligo, sul piano fiscale, di comportarsi come soggetto economico indipendente, così da risultare adeguatamente patrimonializzata mediante costituzione di un fondo di dotazione tale da permetterle di erogare credito, al pari di ogni altro operatore bancario, con le proprie risorse e non con provvista proveniente dalla società-madre;
l'erogazione della provvista da parte della società-madre in contesto di 1 sottocapitalizzazione della branch comportasse un effetto distorsivo sia della autonoma soggettività tributaria di quest'ultima, sia della necessaria correlazione costi-ricavi sia, ancora, dei principi di libera concorrenza, in quanto ingenerante, nei confronti della casa-madre, componenti negative deducibili (interessi passivi) in grado di ridurre il reddito tassabile in Italia (in tal senso l'amministrazione finanziaria si era già pronunciata, su interpello, con la Risoluzione n. 44/06);
l'esonero della stabile organizzazione dalla costituzione di un adeguato - fondo di dotazione e dall'osservanza delle